Psicologia

L'importanza del silenzio interiore: perché il vuoto può salvarci

Di Redazione - 3 Novembre 2022

Tempo fa una donna mi disse, “arrenditi”. Ma cos’è la resa e come può renderci la vita migliore? Purtroppo nella nostra società arrendersi ha un’accezione negativa perché le persone forti, o presunte tali, tengono duro, lottano, non si fermano davanti ad alcun ostacolo. E se invece, perlomeno a volte, fosse meglio fermarsi? Smettere di fare, pensare, combattere per lasciare che le cose vadano come devono andare? Attenzione, non si tratta di rassegnarsi a una vita triste e deludente, tutt’altro. Si tratta di accettarla a 360 gradi, assecondandone la corrente anziché risalirla.

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Il problema di chi è abituato a lottare, o a pensare troppo, è proprio la tendenza a fare sempre, nella convinzione che più si fa, maggiore è la probabilità di raggiungere ciò che si desidera. Credo che questo sia relativo. Ricordo il caso di un mio conoscente che, pur non essendo interessato a tematiche spirituali o di crescita interiore, metteva in atto tutti gli atteggiamenti che vengono solitamente consigliati in questi ambiti per raggiungere più facilmente gli obiettivi. Mi riferisco alle visualizzazioni creative, al fatto di sentirsi come se l’obiettivo fosse già realizzato e via dicendo. Tutte tecniche potenzialmente utilissime a meno che l’obiettivo che ci si prefigge non sia sbagliato. Difatti se il risultato che intendiamo raggiungere non è allineato con quello che siamo davvero, come nel caso del mio conoscente, potrebbe benissimo non esaudirsi, a dispetto della nostra tenacia e bravura nel mettere in pratica le tecniche suddette. Ma cosa fare allora? In questi casi la soluzione migliore, a mio parere, è affidarsi al silenzio interiore. Ovvero fare tabula rasa, arrendersi e permettere al vuoto di ricondurci sulla strada giusta.

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Cos’è il vuoto

taccuino vuoto

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©Pixabay

Il vuoto è il silenzio, quello che raggiungiamo in meditazione, quando finalmente i pensieri si affievoliscono, quando a dispetto della paura ci arrendiamo lasciandoci andare.

Gli uomini hanno paura di abbandonare le loro menti, perché temono di precipitare nel vuoto senza potersi arrestare. Non sanno che il vuoto non è veramente vuoto, perché è il regno della Via autentica

diceva Huang-po mentre il contemporaneo Raffaele Morelli afferma:

un’energia, quella del vuoto, che il pensiero cinese diceva essere il “latte dell’anima”. Noi stiamo bene quando siamo vuoti, non quando siamo pieni di pensieri, dobbiamo impararlo, i pensieri ci fanno ammalare.

E’ paradossale pensare che, di solito, quando una persona dice di sentirsi vuota, lo fa in senso negativo, come se il vuoto fosse un nemico piuttosto che un prezioso alleato. Siamo talmente abituati a ritenerlo pericoloso, insidioso, deprimente, che ribaltarne completamente il valore risulta difficile. Crediamo che la soluzione sia riempire quel vuoto quando invece, basterebbe assecondarlo, arrendersi ad esso per trovare le risposte che cerchiamo. Purtroppo capita che ci si arriva, a quel vuoto, quando stanchi di tutto, delusi e amareggiati, finalmente ci lasciamo andare. Dico purtroppo perché potremmo connetterci con esso molto prima ma si sa, le cattive abitudini sono dure a morire. “In quel silenzio rarefatto e invisibile che abita ognuno di noi c’è la prevenzione, la cura, la soluzione dei nostri disagi.”

Persino la Kabbalah ne parla, affermando che il cosiddetto Nulla metafisico sostiene tutta l’esistenza. Arrendersi al vuoto è esattamente il contrario di quello che siamo abituati a fare, ovvero cercare soluzioni razionali, arrovellarci il cervello nel tentativo di capire dove sbagliamo, lamentarci e così via. Entrare nel vuoto è entrare in noi stessi ed è così facendo che le soluzioni iniziano ad affiorare, i problemi a svanire.

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Sull’importanza del silenzio interiore si soffermò a lungo anche Carl Gustav Jung, convinto che i pensieri fossero limitanti, solo riflessi di ciò che siamo:

Non portarti dietro i tuoi pensieri, la tua conoscenza, non portarti dietro niente di ciò che riempie il secchio, e che non è altro che acqua, perché altrimenti guarderai sempre e solo il riflesso, e nient’altro. Nella ricchezza, nei beni materiali, nella casa, nell’automobile, nel prestigio, tu non vedrai che il riflesso della luna piena nell’acqua del secchio, mentre la luna vera è li, in alto, che ti aspetta da sempre. Lascia cadere il secchio, cosi che l’acqua sfugga via, e con essa la luna. Solo questo ti permetterà di alzare lo sguardo e vedere la vera luna nel cielo; ma prima devi avere conosciuto il sapore del vuoto, devi lasciar cadere il secchio della tua mente, dei tuoi pensieri: non più acqua, né luna. Il vuoto nelle mani” (Jung – Libro Rosso).

Visto che oggi possiamo accedere a tante informazioni sulla meditazione, scegliendo le tecniche che sentiamo più nostre, approfittiamone per reimparare a lasciarci andare.

Laura De Rosa

Articolo aggiornato il 3-11-2022





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