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"Donne che corrono coi lupi": un vero libro iniziatico

Di Sandra Saporito - 12 Febbraio 2018

“Andate nel bosco. Se non andate nel bosco, nulla mai accadrà e la vostra vita non avrà mai inizio.”
— Clarissa P. Estés.

Chi non ha ancora letto “Donne che corrono coi lupi”? Questo libro così terribile e meraviglioso nello stesso tempo, libro che bisogna vivere e non semplicemente leggere? L’opera di Clarissa Pinkola Estés, cantadora, scrittrice e psicoanalista di origine messicana, è una pietra miliare nel risveglio del potere femminile. Grazie al potere delle sue storie, Clarissa P. Estés ha risvegliato in migliaia di donne l’urlo della Donna Selvaggia, della donna libera e consapevole, risvegliata alla sua essenza, al suo potere; lo ha fatto grazie ad uno degli strumenti più antichi dell’umanità: richiamando il potere degli archetipi e dei simboli per portarci nel cuore del bosco, nella nostra interiorità più profonda, dove abbiamo troppo spesso paura di andare perché abbiamo paura del lupo.

“Siamo pervase dalla nostalgia per l’antica natura selvaggia. Pochi sono gli antidoti autorizzati a questo struggimento. Ci hanno insegnato a vergognarci di un simile desiderio. Ci siamo lasciate crescere i capelli e li abbiamo usati per nascondere i sentimenti. Ma l’ombra della Donna Selvaggia ancora si appiatta dentro di noi, nei nostri giorni, nelle nostre notti. Ovunque e sempre, l’ombra che ci trotterella dietro va indubbiamente a quattro zampe.”
— Clarissa P. Estés

Chi sono le Donne che corrono coi lupi

Perché il lupo è così importante? Ce lo spiega l’autrice: “La donna sana assomiglia molto al lupo: robusta, piena di energia, di grande forza vitale, capace di dare la vita, pronta a difendere il territorio, inventiva, leale, errante. Eppure la separazione dalla natura selvaggia fa sì che la personalità della donna diventi povera, sottile, pallida, spettrale”. Il Lupo è il re della foresta, una guida nell’oscurità, è selvaggio e leale, forte e protettivo, non teme la solitudine ma vive in branco. C’è una cosa che non si può togliere ad un lupo senza ucciderlo: la sua libertà.

Ed eccoci qui, noi, donne del mondo, incatenate dalle credenze religiose, dagli obblighi morali verso una società dove la figura femminile è cancellata di fronte all’uomo, dove la sua voce viene repressa, soffocata e sepolta nel suo profondo fino a farla scomparire, dove la donna diventa ombra di se stessa e non si riconosce più. Ma basta una scintilla per farla riemergere, per farla risalire, per rievocare dal cuore delle sue ossa La Loba, La Que sabe ‒ Colei che sa ‒ , l’archetipo della Donna Selvaggia e Saggia, colei che con il suo potere riesce a riportare in vita ciò che è morto, a far rinascere il Lupo di cui erano rimaste ormai solo le ossa, a ridestare l’istinto dal suo stesso scheletro.

La Loba

Le storie sono medicine

In “Donne che corrono coi lupi”, le storie sono ordinate in modo significativo, in modo che non sia solo un libro da leggere con la mente, ma un vero viaggio iniziatico che ogni donna può ‒ e dovrebbe ‒ compiere. Grazie alla sua opera, Clarissa P. Estés mette a disposizione di tutte le donne ciò che faceva parte del nostro bagaglio ancestrale, delle iniziazioni che permettevano alle donne di conoscere se stesse e il loro potere, di crescere in modo consapevole.

Inutile dirlo, quel bagaglio è andato perso molto, molto tempo fa, ma ciò che sfida la notte dei tempi, sono quelle storie che fanno crescere, che portano lezioni profonde, che si imprimono in noi come tatuaggi nell’anima, storie che ci portano in quel bosco dove abbiamo paura di avventurarci perché è troppo buio, troppo pericoloso, fino al momento in cui risvegliamo la nostra Loba.

lupo

Allora la vista si fa più acuta, il fiuto è più fine, riconosciamo ciò che è nostro a fior di pelle, sentiamo l’odore del pericolo, fino a che moriamo come donne e nasciamo come Donne-Lupo, Donne Selvagge, regine del bosco.

La prima iniziazione

Hai presente quel timore reverenziale che si può provare di fronte a ciò che ha un grande potere? È ciò che ho provato con questo libro: sentivo che un giorno o l’altro, avrei dovuto sprofondare dentro ma un strano timore faceva allontanare le mie mani da quel volume di oltre 500 pagine che qualcosa in me reclamava a gran voce; ma qualche anno fa, dopo un percorso tumultuoso, sentivo di essere finalmente pronta ad affrontarlo e lo lessi.

La prima storia iniziatica del libro era Barbabù, la stessa storia che lessi a 8 anni ‒ da sola ‒ e che mi provocò incubi per settimane. Le storie antiche non erano mai accompagnate da immagini e quindi ciò che si vedeva mentre si leggeva o ascoltava era frutto di del bosco oscuro del proprio inconscio; capivo meglio perché “inconsciamente” ne ero rimasta così distante: far riemergere vecchi incubi non è mai piacevole, ma è spesso necessario per evolvere.

Anche se Barbablù è una storia forte e spietata sulla figura del predatore e delle donne ingenue che diventano prede, è una storia essenziale per la crescita delle ragazze, future donne, per permettere loro di affinare il proprio fiuto e stare alla larga del pericolo, è una storia iniziatica per tutte, ma sopratutto per le più giovani che devono imparare a risvegliare la loro energia combattiva e integrare l’animus, la figura psichica maschile che le aiuterà a compiere ciò che la ragazza, ormai divenuta donna, cerca; per diventare in futuro una donna consapevole, forte e libera.

“Riparare l’istinto ferito, bandire l’ingenuità, apprendere gli aspetti più profondi della psiche e dell’anima, trattenere quel che abbiamo appreso, non volgerci altrove, proclamare a gran voce che cosa vogliamo… tutto ciò richiede una resistenza sconfinata e mistica.”
— Clarissa P. Estés

Ragazze-prede e donne-lupe

La via iniziatica non è mai facile, è fatta di sfide e ci mette di fronte alle nostre paure più sopite. È così che si cresce: guardandole e affrontandole. Per questo è importante non togliere queste storie alle nostre bambine per permettere a loro di crescere attraverso le storie vere ed autentiche, non quelle edulcorate dove “vissero tutti felici e contenti”, perché la vita non è così; e le storie, si sa, servono a crescere, non solo a sognare.

Come lo spiega benissimo C. P. Estés in “Donne che corrono coi lupi”, i lupacciotti sono spesso ingenui e quando la lupa vuole allontanarsi dalla tana per andare a caccia, provano di seguirla come se fosse un gioco; ma la mamma ringhia e li rimanda al sicuro perché il mondo non è un parco-giochi, è un posto spietato dove soccombe chi non è preparato, chi non sa riconoscere chi è predatore e chi non lo è. L’amore è anche questo: saper preparare la propria prole ad affrontare il futuro, con dolcezza ma anche con durezza quando occorre.

Imparare a seguire le orme

“I lupi sani e le donne sane hanno in comune talune caratteristiche psichiche: sensibilità acuta, spirito giocoso, e grande devozione. Lupi e donne sono affini per natura, sono curiosi di sapere e possiedono grande forza e resistenza. Sono profondamente intuitivi e si occupano intensamente dei loro piccoli, del compagno, del gruppo. Sono esperti nell’arte di adattarsi a circostanze sempre mutevoli; sono fieramente gagliardi e molto coraggiosi.”
— Clarissa P. Estés

lupo

Ecco la nostra Loba, la Donna Selvaggia che non nasconde la sfida, il pericolo e la necessità di crescere, di diventare delle donne libere che hanno affinato il loro fiuto, il loro istinto. Eccolo qui l’intuito che si nasconde nelle ossa del lupo che rinasce, nell’anima delle Donne risvegliate al loro potere e che portano l’iniziazione alle donne di domani, che tramandano le antiche storie, custodi dell’antica via dell’iniziazione.

La Loba ci parla di istinto, di ossa, di morte come rito di passaggio, come trasformazione necessaria all’evoluzione, un passaggio dall’ingenuità alla conoscenza, dalla dipendenza alla libertà. Un’iniziazione che trasforma le donne ingenue in donne che corrono coi lupi.

“Ho avuto la fortuna di crescere nella Natura. Dai fulmini seppi della subitaneità della morte e dell’evanescenza della vita. Le figliate dei topolini mostravano che la morte era raddolcita da una nuova vita. Una lupa uccise un suo cucciolo ferito a morte; insegnò la compassione dura, e la necessità di permettere alla morte di andare al morente. I bruchi pelosi che cadevano da gli alberi e faticosamente risalivano m’insegnarono la determinazione. Dal loro solletico, quando mi passeggiavano sul braccio, imparai come la pelle può risvegliarsi e sentirsi viva.”
— Clarissa P. Estés

Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice & Shamanic storyteller
www.risorsedellanima.it





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