Educazione

La fiaba nella scuola steineriana: uno dei più validi strumenti educativi

Di Valeria Montuori - 2 Maggio 2024

“L’insegnamento non è solo un freddo passaggio di informazioni, ma è una relazione tra due esseri umani, in cui uno è assetato di conoscenza e l’altro è votato a trasmettere tutto il proprio sapere, umano ed intellettuale.”

Rudolf Steiner

Nelle scuole steineriane la fiaba è considerata uno dei più validi strumenti educativi e, nelle classi elementari, insegnanti e genitori ne fanno abbondante uso.

Nella convinzione che l’età più adatta per raccontare una fiaba vada dai quattro ai nove anni si fa ricorso ad un numero sempre maggiore di racconti tratti sia dalla propria cultura d’origine che da quella di altri popoli. Inizialmente vengono proposte fiabe che descrivono un destino semplice come Cappuccetto Rosso, Rosaspina, Biancaneve, I sette caprettini; dopo i cinque anni si aggiungono racconti con uno sviluppo più complesso che rivela i primi tentativi di lotta tra le potenze buone e quelle cattive per il dominio dell’animo umano. Sono consigliate le fiabe classiche, come quelle dei Fratelli Grimm, poiché attingono da una cultura antica che riesce ancora a far arrivare nei bambini messaggi di vita importanti. Libri con poche o nessuna immagine in modo da far attivare l’immaginazione stessa dei bambini.

mamma che legge un libro ad una bambina

Credit foto ©Pexels

Importante è tenere presente l’età dei bambini nella scelta del racconto da presentare loro in quanto devono essere in grado di seguire l’intreccio e, più sono piccoli, più é bene ripetere loro, parola per parola, la stessa fiaba.

Fondamentale risulta anche la preparazione dell’ambiente per la lettura o recitazione (alcune maestre imparano a memoria le fiabe classiche per introiettarle al meglio e permettere al bambino di entrare completamente nel racconto). Le luci soffuse, il silenzio e l’accensione della candela comunicano già ai bambini che è l’ora della fiaba e loro si preparano fisicamente e mentalmente a riceverla.

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Si pensa che a casa il momento migliore per proporre la fiaba sia verso la fine della giornata perché la mattina si è pronti per essere attivi mentre si ritiene che le fiabe rappresentino un’attività crepuscolare, quando si è verso uno stato sognante. Non a caso la fiaba, in passato, veniva raccontata di sera, durante il crepuscolo, quando la famiglia dopo una giornata di lavoro, si riuniva davanti al focolare per ascoltare una storia che uno dei più anziani raccontava agli altri membri, ricordando quanto avesse ascoltato da bambino.

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Perchè le fiabe sono considerate così importanti nelle scuole Waldorf?

Le fiabe popolari hanno a che fare con esperienze comuni raccontate per generazioni; le situazioni descritte in essa, rappresentando il percorso di sviluppo che va dall’infanzia all’età adulta, sono riconoscibili per persone di tutte le età. Ciò che é giusto e ciò che è sbagliato è evidente dagli eventi nella storia.

Nella fiaba streghe e Troll sono personaggi furbi, adulatori, cinici e dall’indole avida e animalesca, caratteristiche presenti anche nelle persone della vita reale. La fiaba è un valido strumento di mediazione che consente di vivere anche l’aspetto più crudo della realtà – il male – e di acquisire una conoscenza dell’umanità altrimenti inaccessibile, facendo nascere nei bambini il senso di giustizia e dell’ingiustizia.

Attraverso le fiabe i bambini vivono i loro sentimenti e le loro paure, nella speranza che il lieto fine giungerà anche per loro, proprio come accade nei racconti: alla fine, dopo tante peripezie, il bene vince sul male. L’eroe conquista il suo tesoro, solo dopo aver affrontato il drago.

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Dunque, si può affermare che attraverso la fiaba i bambini si preparano ad affrontare la vita e questo assunto fa sì che la pedagogia steineriana la ritenga un’importante materia di studio.

donna che legge a due bambine

Credit foto ©Pexels

Rudolf Steiner, infatti, ha insistito spesso sulla necessità di andare incontro al bisogno di immagini dei bambini. Di seguito le sue parole:

<<il bambino ha in sé delle forze che se non vengono recuperate in rappresentazioni immaginative, possono essere dirompenti. E che cosa ne consegue? Sono forze che non vanno perdute, ma anzi tendono ad espandersi, ad assumere un’esistenza propria, a penetrare nel pensiero, nel sentimento, negli impulsi volitivi. Che uomini ne vengono fuori? Dei ribelli, dei rivoluzionari, persone insoddisfatte, che non sanno quello che vogliono, perchè vogliono qualcosa che non si può sapere>>.

Questo assunto fa sì che la fiaba e, in generale, racconti e immagini vengano utilizzate dal maestro Waldorf come strumenti per affrontare da un lato aspetti della vita quotidiana e dall’altro per rendere più accessibili materie di studio quale, ad esempio, la scrittura. La fiaba diviene così il pretesto per insegnare l’alfabeto e dare un significato a lettere che di per sé non hanno senso. Si cerca, dunque, un elemento che richiama nella forma e nel suono iniziale la forma della lettera, quindi per la A potrebbe essere un Angelo, la b un bambino, la c una culla e così via. Questo approccio dà un significato profondo alle lettere perché saranno collegate ad una storia che assume nella vita del bambino un’importanza tale da radicarsi nella sua memoria.

Anche nell’insegnare la matematica i numeri e calcoli vengono introdotti attraverso immagini. La Storia viene proposta prima attraverso le fiabe e i racconti di animali e poi piano piano si passerà alle storie dell’Antico Testamento, ai brani della mitologia nordica e solo in quinta elementare verranno presentate le civiltà Greche e Romane fino ad arrivare alla storia dei giorni nostri.

Da quanto suddetto si può concludere che il piano di studi proposto nelle scuole steineriane è totalmente diverso da quello vigente nelle scuole tradizionali ed il motivo è da ricercare nella volontà di mettersi in relazione con la fase di sviluppo del bambino. Proprio per non costringere gli alunni ad accettare vuote astrazioni convenzionali, appartenenti al mondo degli adulti, la pedagogia Waldorf introduce ogni argomento con l’ausilio di storie.

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Valeria Montuori

Articolo aggiornato il 02/05/2024





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