Psicologia

Sindrome da burnout: quando si supera il limite

Di Cristina Rubano - 14 Giugno 2022

La sindrome da burnout è una condizione di esaurimento psico-fisico che può riguardare diverse tipologie di professionisti. Ne sono più colpiti soprattutto coloro che a vario titolo sono impegnati in professioni di aiuto o assistenza alle persone.

Sebbene il burnout comprenda una serie di sintomi rilevabili sull’individuo, si tratta di un fenomeno sistemico, che ha le sue radici nel contesto lavorativo e non solo nel singolo.

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La sindrome da burnout non è un normale stress lavorativo

La sindrome da burnout deve il nome dalla terminologia inglese. Letteralmente significa “bruciato”, come un fiammifero che brucia e si esaurisce rapidamente… Ed infatti sta ad indicare una condizione di eccessivo stress a carico del lavoratore che si ritrova in breve tempo a “bruciare”, consumare rapidamente le proprie energie fisiche e mentali fino a sentirsi sopraffatto dalle mansioni lavorative svolte.

Sebbene sia una condizione da tempo riconosciuta nelle scienze psicologiche, è solo da Gennaio 2022 che l’OMS l’ha annessa a pieno titolo entro la categoria dei “disturbi associati all’occupazione o alla disoccupazione”. Viene così ufficializzato che la sindrome da burnout non è un normale stress lavorativo, ma un disagio lavorativo che deve essere prevenuto, riconosciuto e trattato. Sia a livello individuale che sistemico.

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Le professioni più a rischio

Il personale di soccorso della protezione civile o dei vigili del fuoco è regolarmente addestrato a monitorare e gestire le proprie reazioni psicofisiche a situazioni di catastrofe. In alcune realtà sanitarie e ospedaliere è prevista una rotazione dei turni di lavoro per evitare che siano sempre gli stessi operatori ad essere esposti a situazioni di cronicità e di morte. In contesti ad alto rischio è previsto un regolare monitoraggio e supervisione degli operatori… Queste e altre pratiche ci evidenziano come lavorare con zelo e dedizione non basti. Anzi, proprio coloro che più “sposano la causa” e si spendono in nome di professioni di aiuto logoranti possono incorrere il rischio di esaurimento da burnout. E questo è un rischio che andrebbe il più possibile calcolato e prevenuto.

La sindrome da burnout è tipicamente associata ad una condizione di distress professionale (Maslach, Schaufeli, Leiter, & Goldberg, 2003). Ad esso possono essere soggetti lavoratori eterogenei: dagli infermieri, ai professionisti della Salute Mentale, a coloro che lavorano nelle unità di cure palliative, ai poliziotti penitenziari e altri ancora. Si tratta di persone che svolgono mansioni di grande responsabilità e di cura alla persona. Esposte spesso a relazioni interpersonali intense e coinvolgenti. E ad elementi di sofferenza, cronicità o morte dei propri assistiti.

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I sintomi della sindrome da burnout

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Ci sono alcune categorie stomatologiche che differenziano il burnout come sindrome da esaurimento psico-fisico da un normale stress lavorativo, vediamole insieme.

Sul piano emotivo, la persona vive un progressivo esaurimento. Questo può portarla prima a dedicarsi fin anche con troppo coinvolgimento al proprio lavoro. Per poi pian piano esaurirsi sperimentando sensazioni di distacco, indifferenza, anestesia emotiva.

A livello cognitivo si percepisce un disequilibrio fra le richieste dell’utenza e le proprie possibilità di farvi fronte. Questo genera pessimismo, rassegnazione e demotivazione.

Dal punto di vista comportamentale diventano frequenti le assenze, quasi che la persona cercasse con ogni mezzo di fuggire dall’ambiente lavorativo.

Tutti questi fattori alimentano, da un lato svalutazione e disistima di sé e del proprio ruolo lavorativo. Dall’altro compromettono le relazioni sia con i colleghi che con gli utenti. Questo perché la condizione di forte esaurimento provoca un massiccio distacco e disinvestimento dal proprio ruolo lavorativo.

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Fattori di rischio della sindrome da burnout

Esistono alcuni specifici fattori di rischio (Maslach e Leiter, 2017) della sindrome da burnout che superiori e lavoratori dovrebbero costantemente monitorare.

  • Il carico di lavoro. Questo non dovrebbe essere né sottodimensionato né eccedente le capacità di svolgimento della persona. Un carico eccessivamente modesto o ripetitivo può alimentare demotivazione e senso di inutilità. Ma anche un carico eccessivo può danneggiare la salute e la produttività del lavoratore. Attenzione dunque a non sobbarcarsi di eccessive richieste e a non lasciare che le necessità lavorative erodano gli spazi della vita privata e personale. Questi ultimi sono indispensabili anche per ricaricare le energie specie se si svolge una professione stressante.
  • Il controllo percepito. Il rischio di un esaurimento è minore in coloro che svolgono il proprio lavoro mantenendo la percezione di avere un certo controllo su quello che fanno. Di poter gestire autonomamente il proprio lavoro.
  • La gratificazione. E non parliamo solo di ricompensa economica, che dovrebbe ovviamente essere commisurata al carico di lavoro. Ma anche di livelli di gratificazione più intangibili come: la qualità della relazione con i colleghi, il senso positivo di appartenenza al contesto, la percezione di una cooperazione piuttosto che di una competizione. E, ancora, la possibilità di percepire adeguati riconoscimenti sociali e istituzionali per il lavoro svolto.
  • L’equità delle decisioni sul luogo di lavoro.
  • I valori. Il rischio di esaurimento e disinvestimento lavorativo aumenta se la persona percepisce un conflitto fra i propri valori personali e quelli a cui si ispira l’organizzazione in cui lavora.

Prevenire e riconoscere i rischi

Come fare dunque a riconoscere per tempo i segnali di allarme e prevenire il burnout? Ecco alcuni spunti.

  • Monitorare i fattori di rischio.
  • Evitare eccessivi carichi di lavoro.
  • Bilanciare adeguatamente vita professionale e vita privata. Coloro che svolgono professioni di aiuto hanno una precisa responsabilità. Quella di non lavorare in condizioni in cui non siano mentalmente al meglio. Non annullarsi per il proprio lavoro e rispettare i propri spazi di vita personale e di riposo fa parte di questa responsabilità. Anche rispettando questo ci si sta prendendo cura dell’utenza.

Cercare e utilizzare, dove possibile, sostegno sociale sia fra colleghi che al di fuori dell’ambito lavorativo.

“Ricordati di prenderti cura di te stesso. Non puoi versare da una tazza vuota”. (Sconosciuto)

Bibliografia

Leiter, M. P. (2012). Analyzing and theorizing the dynamics of the workplace incivility crisis. New York, NY: Springer.

Maslach C, Schaufeli WB, Leiter MP, Goldberg J. Job burnout: new directions in research and intervention. Curr Dir Psychol Sci 2003;12:189-192.

Maslach, C., & Leiter, M. P. (2017). Understanding burnout: New models. In C. L. Cooper & J. C. Quick (Eds.), The handbook of stress and health: A guide to research and practice (pp. 36–56).





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