Psicologia

Colleghi di lavoro: l’importanza di avere buoni rapporti in ufficio

Di Cristina Rubano - 12 Maggio 2022

Le persone trascorrono la maggior parte della giornata nell’ambiente di lavoro che va ad occupare una grossa “fetta” del tempo della propria esistenza. Alcuni lavorano da soli, altri in contesti variabili o con persone sempre diverse. Per molti però il contesto lavorativo e i colleghi sono sempre gli stessi. Questo può rendere il posto di lavoro una “seconda casa” o, al contrario, una vera e propria prigione.

Sul benessere lavorativo, infatti, influiscono non solo la mansione che si va a svolgere, ma anche il clima relazionale che si riesce a costruire o a mantenere nel tempo. Criticità e insoddisfazioni nei rapporti con i colleghi di lavoro possono danneggiare il benessere lavorativo al pari o più di una mansione insoddisfacente.

Non siamo isole…

C’è forse un fraintendimento piuttosto comune nel guardare ai rapporti con i colleghi di lavoro. E cioè quello di considerare queste relazioni come “monadi” isolate avulse dal clima organizzativo in cui sono situate. Molto spesso infatti ci si sente giudicati, apprezzati, sfruttati o infastiditi da un collega ma si è portati a ricondurre tutto questo solo alle sue caratteristiche individuali. Questo può essere un vertice di osservazione forse sufficiente nella relazione con un amico, ma riduttivo se parliamo di colleghi di lavoro.

Ci sono molti aspetti del contesto lavorativo che influenzano i modi in cui le persone possono rapportarsi le une alle altre. Questi aspetti contestuali si sommano alle dimensioni individuali. Ognuno, al netto delle proprie caratteristiche personali, nel rapportarsi ai colleghi sarà implicitamente influenzato anche dall’ambiente lavorativo.

Vediamo alcune di queste dimensioni.

“Nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso. Ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto” (John Donne)

Elementi che influenzano i rapporti fra colleghi di lavoro

colleghi di lavoro che discutono intorno ad un tavolo
Credit foto © Pexels

La cultura aziendale

Ogni organizzazione ha una “storia” è un modo di percepire e narrare sé stessa e la propria identità. Ci sono organizzazioni “no profit”, ad esempio, dove può creare malumori pretendere riconoscimenti economici adeguati. Altre realtà fondano la propria efficienza sul dire sempre “sì” a qualunque pretesa del cliente pretendo altrettanta abnegazione dai propri dipendenti. Chi mettesse dei confini diversi verrebbe forse mal giudicato o guardato con diffidenza dai colleghi.

Il tipo di leadership

Esistono stili più autoritari e altri più autorevoli che sanno valorizzare le opinioni di tutti. Naturalmente questo influenzerà la difficoltà o la facilità con la quale si potranno esprimere le proprie opinioni anche quando difformi o in disaccordo dalla linea comune.

Competitività/cooperazione

Ci sono contesti organizzativi basati sulla competitività dove vige il “mors tua vita mea” in cui sarà possibile farsi tutt’al più un collega “alleato” con cui supportarsi a vicenda. Altri che danno più valore alla collaborazione dove sarà necessario scontrarsi e valorizzare le differenze reciproche. Altri ancora dove “spendersi” troppo potrà destare sospetto perché metterà implicitamente in discussione un modo di fare lassista o semplicemente arrugginito negli anni.

Formalità/familiarità

Alcuni contesti lavorativi, spesso i più grandi, funzionano secondo modalità formali ben definite. In altre c’è spazio per rapporti più distesi, come le piccole realtà o quella a conduzione familiare. Ma attenzione: alle volte l’informalità è vera solo in apparenza.

Che obiettivi abbiamo con i colleghi di lavoro?

Gli aspetti citati precedentemente dovrebbero essere oggetto di un’attenta valutazione nel momento in cui si entra per la prima volta in un contesto di lavoro. Essere gli “ultimi arrivati” pone in un’irripetibile condizione di privilegio. Quella di poter osservare con un occhio “esterno” quella realtà organizzativa e poter cogliere aspetti del suo funzionamento ormai dati per scontati dai colleghi più anziani.

Prendersi un periodo di osservazione di queste dinamiche aiuta non solo a conoscere qualcosa in più di quel contesto ma anche a “prendere le misure” nei rapporti con superiori e colleghi di lavoro.

Se siamo in una realtà giovane e dinamica una nostra osservazione “controcorrente” sarà probabilmente ben accetta. In una realtà più tradizionale e statica sarà forse meglio tenere per noi molte delle nostre opinioni e muoverci con maggiore cautela.

Quando entriamo in un contesto abbiamo la possibilità, se siamo consapevoli del suo funzionamento, di dirigere strategicamente il costruirsi della nostra reputazione e dei confini che mettiamo nel rapporto con gli altri e con il lavoro. Dopo sarà sicuramente più difficile (non impossibile) mettere in discussione tutto questo.

Non si tratta di essere in autentici o fraudolenti. Ma al contrario, gestire i rapporti e l’idea che gli altri di fanno di noi sulla base dei nostri obiettivi lavorativi. Non si tratta di subire o esercitare un potere su altri, ma di valorizzare la spendibilità e il riconoscimento delle nostre competenze.

Se saremo più interessati agli obiettivi lavorativi che ai pettegolezzi; più motivati dalla competenza che dai giochi di potere; più curiosi di ciò che non conosciamo che inclini a subire o agire un giudizio il nostro intervento non potrà che essere costruttivo. E anche le relazioni ne beneficeranno.

“Ritrovarsi insieme è un inizio, restare insieme è un progresso, ma riuscire a lavorare insieme è un successo” (Henry Ford)

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