Significati Simbolici

L’ibisco, fiore sacro e messaggero d’amore

Di Sandra Saporito - 6 Settembre 2023

Conoscere il linguaggio dei fiori può essere un piacevole passatempo ma se ci addentriamo nella simbologia delle piante che abbelliscono i nostri giardini, potremmo avere l’occasione di fare un’interessante viaggio alla scoperta dei frammenti di memoria di un passato lontano racchiusi tra i loro petali. Così è per l’ibisco, pianta perenne appartenente alla famiglia delle Malvaceae originaria dell’Africa e in Asia, che ha destato la curiosità di diversi studiosi sia nel campo medicinale che antropologico.

Sin dall’antichità, l’ibisco fu considerato sacro, non solo per la delicatezza ed eleganza dei suoi calici ma anche per il ruolo che rivestiva nella farmacopea e nella mitologia di paesi come Egitto, India, Grecia e Cina oltre che per i significati simbolici ed esoterici ad esso collegati.

Ora ripercorreremo assieme i significati più importanti di questo fiore meraviglioso.

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La leggenda della nascita dell’ibisco

Fiore d'ibisco con raggio di sole
Credit foto ©Pexels

Nelle Filippine, si racconta la leggenda della nascita del fiore d’ibisco. Molto tempo fa, un uomo di nome Gumeng si innamorò di una Diwata, una ninfa della foresta, di nome Mula.

L’amore tra un uomo mortale e una Diwata era proibito dagli dei quindi questi mandarono uno dei loro demoni per uccidere Gumeng. Il demone trovò l’uomo e gli conficcò un pugnale nella schiena, uccidendolo senza che quest’ultimo possa difendersi. Quando Mula trovò il suo amato accasciato a terra, fu devastata. A nulla servirono i suoi tentativi di salvarlo con la sua magia. Folle di dolore, Mula prese il pugnale che aveva strappato la vita al suo amato e si colpì al cuore. Il sangue del corpo della ninfa si mescolò a quello del suo amato inondando la terra, che si aprì in un ultimo dolce abbraccio per accogliere i corpi di Gumeng e Mula.

Non rimase nulla di loro, nemmeno una goccia di sangue, tranne un germoglio che spuntò dalla terra nel luogo dove prima si trovavano gli innamorati. Il germogliò crebbe fino a diventare un bellissimo cespuglio di fiori di ibisco che la gente del posto chiamò Gumamela in onore dei due amanti.

Da allora, l’ibisco divenne un simbolo d’amore e di passione.

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In Europa, l’ibisco è messaggero d’amore

In Europa l’ibisco rappresenta sin dall’età vittoriana la bellezza fugace e delicata legata alla brevissima vita del fiore. Il tempo caldo e soleggiato necessario alla sua fioritura ne fece col tempo il fiore simbolo dell’estate, dei piaceri della bella stagione e quindi lo collegò alla femminilità, alla seduzione, alla fecondità. Per questo motivo era usato dalle fanciulle del ‘800 per segnalare ai possibili pretendenti la loro disponibilità al matrimonio ponendolo romanticamente tra i capelli oppure indossandolo.

Altri significati derivano dai colori del fiore e della persona alla quale viene offerto: regalarne uno alla propria amata significa “tu sei bella”; l’ibisco a calice bianco simboleggia la lealtà; il rosa, la pazienza del corteggiatore; il rosso sangue, un desiderio ardente o un cuore ferito; i colori gialli-arancioni rimandano invece ai significati di positività, gioia, buona fortuna e prosperità.

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Il fiore della Polinesia

fiore d'ibisco, emblema di stato
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Nelle isole Hawaii, l’ ibisco è dichiarato come fiore di Stato dal 1923 e offerto in allegre ghirlande colorate, o Lei, per dare il benvenuto ai turisti che visitano le isole come simbolo della filosofia locale del vivere a pieno il presente, invitandoli a cogliere le opportunità.

Nelle isole, l’ibisco è simbolo di bellezza, femminilità, gioia, passione e per questo motivo è indossato da uomini e donne per indicare il loro stato sentimentale: se il fiore è indossato dietro l’orecchio sinistro significa che la persona è fidanzata o sposata, ma se il fiore è posto a destra allora è disponibile al corteggiamento e ai giochi d’amore.

L’ibisco è anche l’emblema della Malesia, dov’è chiamato bunga raya ovvero “fiore della celebrazione”. Per i malesi, i diversi petali dell’ibisco simboleggiano il rispetto della diversità e l’amore per il paese.

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In India è un’offerta alle divinità

ibisco rosso, sacro alla dea Kali
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In India, l’ibisco è chiamato Java o Japa, dall’antico sanscrito Japa che significa “preghiera” ed è usato come offerta devozionale alla dea Kali, la personificazione del principio della natura che spinge le cose a cambiare, a mutare attraverso il tempo e la morte, per permettere ad un nuovo inizio di vedere il giorno. Per questo motivo è spesso indicata come una divinità terribile in quanto la sua energia è dirompente, selvaggia, così potente da distruggere ogni cosa, e per questo è anche considerata come madre protettrice e benefattrice, in grado di scatenare la sua ferocia contro chi osa offendere i suoi figli.

Un brano del Devi Bhagavata narra che Kali fu creata dagli dei per sconfiggere il re dei demoni Mahishasura che si proclamò sovrano dell’universo. Shiva le diede un tridente, Vishnu un potente disco e Indra, il re degli dei, le diede un fulmine identico al suo; Surya, il dio del sole, i suoi raggi emanato dal suo corpo; Varuna, dio dell’oceano, le regalò un gioiello con stemma divino, orecchini, braccialetti e una ghirlanda di fiori di loto. Così armata scese in campo ma sul cammino incontrò l’albero dell’ibisco…

L’arbusto, di fronte alla dea, le chiese con tutto il suo cuore di servirla, offrendole il rosso dei suoi delicati petali per sostenerla nella sua battaglia contro i demoni. Kali, commossa da così tanta devozione gli rispose: “Allora tu sarai il mio fiore. Da oggi sarai conosciuto con molti nomi: Jathon, Deviphool, Jaba Kusum. Chiunque mi si approccerà portando i tuoi fiori sarà da me benedetto“. Kali accolse il dono e scese in battaglia sterminando i demoni e il loro capo. Ma la ferocia s’impossessò di lei e fu così inarrestabile che minacciò di distruggere tutto il creato.

Fu per questo motivo che Shiva, dio del Tempo e suo consorte, si estese sul mondo, sotto i piedi di Kali, che, accorgendosi di calpestare il corpo del suo amato, si calmò e tirò la lingua fuori dalla bocca in segno d’imbarazzo. Nell’induismo, l’ibisco rappresenta proprio la lingua di Kali, connettendosi ai poteri dei suoni e delle lettere sacre collegate alla dea, madre del linguaggio e di tutti mantra, facendone un simbolo potente di energia divina e di preghiera. Per questo motivo, l’ibisco è usato ancora oggi come offerta alla dea nelle cerimonie rituali in suo onore.

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Un rimedio millenario: il carcadè

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L’ibisco nasce nei paesi tropicali e deve il suo nome a uno dei più famosi medici della Grecia Antica: Dioscoride. In effetti, Ibisco deriva dal greco hibiskos: “malva”, che indica la famiglia botanica dell’ibisco, le Malvacee, e conta ben 400 specie diverse ora distribuite tra Asia, Africa, Europa, America ed Africa. Tra queste specie a l’Hibiscus sabdariffa, l’Hibiscus rosa-sinensis, e l’Hibiscus syriacus rivestono un ruolo importante da un punto di vista medicinale.

Gli studiosi Lyn Tackett e McNair della University of Northern Iowa indicano nel loro studio intitolato Tracing Ancient Healing Practices Through the Hibiscus l’uso millenario dei fiori d’ibisco come infuso medicinale nelle pratiche di guarigione dell’antico Egitto, Grecia e Cina.

Il tè di petali dell’Hibiscus sabdariffa noto anche come carcadè (o karkadè) era usato come erba rinfrescante per fornire sollievo durante la stagione calda nell’Antico Egitto mentre la medicina popolare cinese consigliava il tè preparato con i calici d’ibisco della varietà rosa-sinensis per curare il fegato e l’ipertensione, nel trattamento dei problemi respiratori, disturbi dermatologici, e febbre.

L’uso del carcadè come rimedio medicinale fu talmente importante che divenne simbolo della bevanda curativa per eccellenza.

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Fonti e approfondimenti:

Hibiscus Flower and puja
Hibiscus in Hinduism
Il giardino del tempo: l’ibisco
Tracing Ancient Healing Practices Through the Hibiscus

Sandra Saporito
Autrice e operatrice in DBN
www.risorsedellanima.it





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