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La danzaterapia: curarsi danzando con l’interiorità

Di Laura Cusmà Piccione - 10 Ottobre 2022

La danzaterapia vuole recuperare il significato originario della danza, quello che aveva in epoche lontane. La danza, infatti, è un potente e antichissimo canale di espressione che attraverso la sua lunghissima storia ha perso in alcuni periodi, la sua funzione. Rimane però sempre fortemente catartica e comunicativa, come il balletto classico, per poi ritrovarla nella danza moderna e nei primi approcci alla danzaterapia: essa fa parte della vita dell’uomo e come quella è colma di potenzialità e di contraddizioni.

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Sono state danzatrici e artiste a sperimentare su se stesse il valore terapeutico della danza, senza avvalersi di modelli psicologici e senza operare attraverso l’interpretazione perché non era di loro competenza. Nei decenni successivi a fianco di questo tipo di esperienze si sono poi sviluppate delle scuole degli orientamenti a opera di danzatori psicologi che hanno cercato di conferire alla danzaterapia dei presupposti scientifici per utilizzarla come terapia alternativa di sostegno con la tradizionale. Attualmente la danzaterapia presenta più orientamenti con differenti metodi e finalità, conducendo verso nuovi orizzonti di ricerca che richiamano questioni tuttora aperte. La danzaterapia è una danza interiore che non richiede assolutamente una pregressa formazione nel ballo.

C’è un momento in cui bisogna saper danzare anche senza la musica. Tu danza e scoprirai che musica sei sempre stata tu.
(Gio Evan)

Nella danzacreativa, alla fine della danzaterapia, i danzatori mettono in una creazione artistica quanto hanno danzato.
Questo perché l’arte come modalità terapeutica ha assunto negli ultimi 10 anni un’importanza sempre più rilevante: lavorano in équipe ospedaliere, in istituti, centri assistenziali, associazioni o a livello privato.
Da sempre, l’attività artistica ha permesso di canalizzare forti emozioni di rabbia, aggressività, malinconia e depressione perché, basandosi su un carattere liberatorio dell’arte, riconosciuto da molti artisti di questo secolo. Secondo la psicanalisi, l’attività creativa permette la sublimazione, cioè lo spostamento di impulsi sessuali su attività socialmente riconosciute, tra cui appunto l’arte. Partendo da questi presupposti, gli psichiatri Tondo e Silvetti suggeriscono la possibilità di ripercorrere il cammino in senso inverso, vale a dire utilizzare la espressione creativa per “entrare in comunicazione con vissuti profondi che sarebbero altrimenti inesplorabili”.

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Scopriamo questo tipo di danza terapeutica secondo due dei principali metodi in cui la danzaterapia si declina con Antonella Mazza, educatrice d’infanzia e danzaterapeuta diplomata secondo il metodo Trasmuda®, che oggi aggiorna con seminari del metodo di Maria Fux, precorritrice della danzaterapia. Il metodo Trasmuda® prevede l’uso dei mudra e dell’arte con la danzaterapia.

Cos’è la danzaterapia

“La danzaterapia – spiega Antonella Mazza – è una forma d’espressività corporea libera che proviene da un impulso, una sollecitazione data dalla musica all’ascolto di sé che fa muovere il corpo libero nello spazio. Ha la funzione di curare, insieme con le terapie mediche, entrando in contatto con il proprio corpo in un modo creativo e diverso, sciogliendo le rigidità che uno porta con sé per timidezza, inibizione, problematiche non soltanto fisiche, ma anche blocchi psicologici e mentali. È, dunque, la possibilità di esprimere il corpo in libertà con i suoi limiti e con le sue possibilità, e scoprire nei limiti nuove potenzialità.
Può svolgerla chiunque dal bambino all’anziano e con qualsiasi corporeità, perché la danzaterapia non richiede competenze o abilità tant’è vero che la danzaterapia si propone anche in ambiti dove ci sono delle disabilità, come, per esempio, nelle rsa si propone agli anziani; nei centri diurni dove ci sono disabili fisici o psichici e nelle scuole, negli asili, anche con bambini piccoli. Io ho svolto dei progetti con bambini di due anni e mezzo e di cinque, adattandoli ovviamente ai bambini, che hanno risposto molto bene”.

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La precorritrice della danzaterapia è Maria Fux, danzatrice e scrittrice argentina, che in Argentina è riconosciuta come fondatrice nel 1942 di un proprio metodo di danzaterapia, oggi diffuso in tutto il mondo. Ha stabilito proprie scuole di danza in Argentina e in Europa, dove ha istruito fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, insegnanti di danza e ginnastica, psicoterapisti e psicologi. Il suo metodo è stato ispirato dal movimento di una foglia d’autunno, come la ballerina, che nel 2022 ha compiuto 100 anni, racconta nel suo film Dancing with Maria, presentato per la settimana della critica alla 71ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Nel suo film Dancing with Maria, Fux spesso introduce il rapporto danza-natura. Perché è così importante per lei? Potremmo dire che con la danzaterapia danziamo la nostra natura?
Maria Fux – spiega Antonella Mazza – dopo essere diventata ballerina e coreografa di danza classica, ha scoperto che questo tipo di danza la portava a un eccesso di rigidità, quindi ha iniziato a osservare le leggi della natura come possibili elementi cui ispirarsi: ha osservato una foglia e ha iniziato a muoversi come essa, rendendosi conto che se lei voleva poteva entrare in contatto con il corpo e con la natura in modo naturale.
Anche per me è importante osservare la natura e il suo movimento: il movimento delle foglie, delle piante, dell’acqua perché la natura è in stretto contatto con il corpo se vogliamo. Potremmo dire che con la danzaterapia danziamo la nostra natura”.

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Vortica e danza il fumo della palude…
ma sul tappeto di tenebra cantante
di animalità indicibile
sono imbevuti i tuoi colli.
(Sergej Aleksandrovič Esenin)

Infatti la danzaterapia come la insegnano non ha bisogno di conoscere passi di danza e coreografie, anzi.
Continua la danzaterapeuta: “I passi di danza sono estremamente limitanti perché seguono uno schema, mentre la danzaterapia serve a persone che non vogliono seguire degli schemi, ma desiderano sentirsi libere, quindi, non possono essere confinate in passi di danza. Nella danzaterapia il corpo deve sentirsi libero”.

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Al punto che sembra di danzare con spinte e movimenti interiori “Perché è un lavoro che agisce sull’interiorità: è un lavoro che mette insieme gli aspetti emotivi e interiori con gli aspetti del movimento esteriore: ci si muove come ci si sente e non come la musica detta, non come il ritmo detta. La danzaterapia ti chiede di trovare il tuo ritmo interno facendo perno su un ritmo esterno, ma soprattutto mettendo in connessione la propria interiorità con il proprio corpo”.
Insomma, piuttosto che una danza a corpo libero, danzaterapia è una danza ad anima libera.
“Assolutamente sì – risponde Mazza – perché una persona che fa danzaterapia deve avere l’animo libero perché non è giudicata, è una danza senza giudizio: nessuno è lì per dirti se fai bene o male”.

Così ho cercato il ritmo all’interno per trovare la possibilità di trovare la possibilità di muovere il mio corpo, e danzare la mia danza
(Maria Fux, “Dancing with Maria”)

E proprio perché si deve danzare secondo il proprio ritmo interiore, i movimenti sono accompagnati da musiche non cantabili, come afferma la danzaterapeuta: “La scelta della musica è molto importante: deve essere una musica poco nota e possibilmente non in italiano perché altrimenti la persona che conosce la canzone va nel cognitivo, per esempio, la canta e perde di vista il contatto con la propria interiorità e se ne va nella mente; quindi quello che si richiede – pian piano, perché non è immediato – è di restare in suoni e musica sconosciuti, altrimenti si va in un porto sicuro che in qualche maniera ti condiziona e ti confina chiudendoti dentro a un aspetto cognitivo”.

C’è tanta religiosità spirituale nella danzaterapia che si balla a piedi nudi.

In attesa a piedi scalzi e ricoperto il capo. Canterò il vespro la sera
(Giovanni Lindo Ferretti, “Depressione Caspica”)

Mazza chiarisce che “il motivo per cui si danza a piedi nudi è il contatto con la terra e la capacità di sentirsi radicati al suolo, ma anche di staccarsi dal suolo quando è il momento: se uno ha voglia di saltare, tenendo sempre presente che ritoccherà la terra.

E Radio Tirana trasmette
Musiche balcaniche mentre
Danzatori bulgari
A piedi nudi sui bracieri ardenti
(Franco Battiato / Giusto Pio, Voglio vederti danzare)

La storia della musica e della danza suggeriscono una funzione comunicativa e catartica, che si ha anche in danzaterapia – come spiega la danzaterapeuta: “sempre per la questione che permette di entrare in contatto con il proprio io interiore. È proprio questo contatto che fa diventare terapia questa danza”.

Ogni volta che mi trovo di fronte a una persona con difficoltà ad esprimersi, mi chiedo cosa farei io al suo posto, come farei a cercare quel linguaggio nel mio corpo. Tutto il mio cammino è un mare di domande, di incontri e di nuove domande. L’inizio dello sviluppo stesso è intimamente legato alla forza e al desiderio di migliorare e aiutare gli altri”.
(Maria Fux, “Dancing with Maria”)

L’arteterapia è ormai ampiamente accettata e impiegata anche in importanti istituti come trattamento di cura. Per esempio, che arte e cultura siano terapeutici ha trovato riscontro a Montreal, in Canada, dove i medici possono prescrivere visite gratis al museo nazionale come forma di terapia senza effetti collaterali.

Alla fine della seduta di Antonella Mazza, i danzatori mettono in una creazione artistica quanto hanno danzato. Quale significato assume questa esperienza creativa? Risponde la danzaterapeuta: “L’esperienza creativa serve a tirar fuori da dentro qualcosa che può rimanere su un materiale e rappresenta la chiusura di un percorso che può portare la persona a vedere nella creazione artistica il proprio vissuto corporeo: funge da specchio ed è una sorta di arteterapia, che insegnano nella scuola Trasmuda®, dove fanno diverse lezioni sull’arteterapia, basate sull’uso del colore e delle diverse tecniche artistiche, dietro le quali, così come dietro ogni strumento creativo c’è un significato. Per esempio, quando danziamo il secondo chakra, che rappresenta la fluidità del grembo, usiamo l’acquerello”.

Per gentile concessione di Antonella Mazza

Perché l’arteterapia come l’attività artistica, permette di canalizzare forti emozioni. Capacità propria anche della danzaterapia. Mazza spiega come ci riescano: “Perché l’arte da sempre fa esprimere le emozioni perché tutti gli artisti, o chi si cimenta in una produzione artistica qualunque (potrebbe essere anche la scrittura), per affrontare determinate problematiche, creare qualcosa per sé svolge una forte funzione terapeutica. Perché è una funzione liberatoria: tutto ciò che è espressivo ci libera e ci alleggerisce. Poi, ovviamente, questo non sostituisce eventuali terapie psicologiche, però aiuta tantissimo nell’espressione di sé”.

La bellezza salverà il mondo
(Fëdor Dostoevskij)

Il valore teraputico della danzacreativa è riferibile sia al corpo che all’anima. Ci sono studi che dimostrano la capacità di questa disciplina di guarire corpo e anima. Chiarisce la danzaterapeuta: “c’è della letteratura.
Deve essere chiaro che non possiamo parlare di guarigione perché rispetto a determinate problematiche che vanno trattate dal punto di vista psicoterapeutico, psichiatrico e soprattutto nelle forti disabilità psichiche, chiaramente la danzaterapia aiuta, è uno strumento che lo psicoterapeuta e lo specialista può impiegare per avvicinarsi alla persona in un modo diverso, come la danza, il movimento, la meditazione, l’arte. Non si tratta di guarire ma di curare. Quando ho fatto danzaterapia in un centro di disagi psichici, dove la situazione era molto difficile, per cui la danzaterapia che conducevo, per loro era soltanto un momento di svago, nel quale trovavano del benessere nel muoversi in modo liberatorio, però quello che serve a loro sono psichiatri e farmaci. In questi casi, la danzaterapia può essere considerata uno spazio di benessere e di supporto alle cure mediche”.

DEAN BROOKS – Dr. John Spivey: Lei pensa che la sua mente abbia qualcosa che non va?
JACK NICHOLSON – Randle Patrick McMurphy: No signore, è una meravigliosa stupenda macchina della scienza.
(Milos Forman, Qualcuno volò sul nido del cuculo)

Spesso nelle sedute sono inseriti momenti di meditazione. Spiega la danzaterapeuta che in quei momenti conduce la meditazione: “Sì, sono momenti molto importanti, perché in tanti momenti la danza può far emergere emozioni forti che hanno bisogno di sedimentare. La meditazione svolge proprio la funzione di lasciar sedimentare queste emozioni, di farle fluire nel corpo e di farle evaporare, permettendo alla persona di lasciar andare queste emozioni attraverso la meditazione, la respirazione e anche percorsi che io conduco a voce, dove andiamo nello spazio, nella terra, nel grembo. È un modo per chiudere il percorso e per far evaporare tutte le emozioni che sono emerse nella danza.

Si danzano degli argomenti che Mazza sceglie “sulla base di quello che viene fuori da me, in maniera spontanea, o dietro suggerimento del gruppo di danzatori che potrebbe far emergere determinati temi ai quali io mi aggancio per costruire l’incontro, oppure in base alla mia fantasia o a un particolare periodo che sto vivendo, ma spesso si tratta di temi che nascono in maniera spontanea, magari ispirati dalla natura, dalla stagione”.

Sandro Botticelli, La Primavera. Credit foto
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La danza è talmente emozionante che è spesso stata protagonista principale delle arti visive. La prima opera che viene in mente è La danza di Matisse dove i cinque morbidi danzatori resi con campiture di colore piatto rosa o rosso si lasciano travolgere in un cerchio danzante tra cielo azzurro e verde terra.
Anche Lucas Cranach il Vecchio ingrassa le sue danzatrici per farle muovere in cerchio in una danza primigenia e alienante.

Perché non volteggiano in sinuosi e lievi passi di danza le tre Grazie velate della Primavera di Sandro Botticelli, in cerchio nel giardino delle Esperidi? C’è poi la danza dei putti ai piedi di Tersicore sulla pedana circolare dove Cosmé Tura fa sedere in trono la musa della danza.

Cosmé Tura, Tersicore. Credit foto
©Wikipedia

S’alzano sotto cieli spenti i canti
Di chi è nato alla terra ora di
Volontà focose speranze
E da energie costretto e si muove alla danza, danza, danza, danza
Danza, danza, danza
(Csi, Fuochi nella notte)


In tutte queste opere i danzatori si muovono in cerchio, allo stesso modo ogni seduta di danzaterapia inizia e si chiude nel cerchio dei danzatori. Chiediamo a Mazza cosa simboleggia il cerchio: “L’unione, l’uguaglianza – perché nel cerchio siamo tutti in uno – e la condivisione. I danzatori si mettono in cerchio all’inizio, quando c’è un momento di respirazione guidata, come in uno scambio di respiri tra le persone, una sorta di centratura che ci permette di lasciare fuori dalla porta il pensiero e di restare qui ed ora. E la stesso cerchio è formato alla fine perché è il momento della condivisione, dove possiamo ritrovarci dopo la danza, durante la quale ognuno è per sé, a parte pochi rari momenti. Invece poi quando ci si ritrova si è tutti insieme come all’inizio”.

Questo ingresso nel cerchio ci permette di introdurci in una delle sedute di danzaterapia tra le più emozionanti che Mazza propone. Si intitola L’incontro con la vita ed è quella già sopracitata sul secondo chakra e sul grembo materno: “Dal cerchio, dentro il quale siamo tutti uguali, ognuno danza per sé fino a ritrovarsi a un certo punto sotto un grande lenzuolo, sotto il quale resterà per l’intera durata di un brano, la cui musica ci spinge a guardarci dentro e la mia voce suggerisce ai danzatori di immaginare di trovarsi dentro il grembo materno, immersi nel liquido amniotico, quindi propongo di restare prima fermi, poi in posizione fetale, e di muoversi pian piano all’interno del grembo materno dove a un certo punto crescono gli arti, le dita, la testa e tutto il corpo e tutti gli organi interni, finché si ha il desiderio di uscire dal lenzuolo per nascere e festeggiare la vita. Per ognuno è un’esperienza unica e la prima volta che io l’ho vissuta da utente ho sofferto moltissimo perché mi sono totalmente identificata in quel feto che ha molto sofferto a nascere, perché stava molto bene dentro e uscendo ha fatto molta fatica e ha sofferto anche a ritrovarsi con gli altri la prima volta, perché è un’esperienza molto forte che, se vissuta appieno, ti fa proprio sentire il momento della nascita”.

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Nonostante i danzatori di rado danzino in coppia, la condivisione dell’esperienza danzaterapia unisce stretti coloro che partecipano “perché nella danzaterapia, durante la quale non si deve parlare anche nel momento creativo, si creano tuttavia delle connessioni così forti senza dover parlare. È l’esperienza del movimento condiviso, per quanto singolarmente vissuto, unisce perché nel momento in cui ci si ritrova nel cerchio, si riuniscono tutte le singole esperienze e senza dirsi niente l’intimità e il legame passa, per questo motivo ci si comprende anche quando non si parla. Si dice poco di sé, si dice tanto nel movimento”.


Ciò che sento mi aiuta a muovermi
è il suono della musica
è un suono che arriva dall’aria
e si avvicina lentamente al corpo
e lo muove
(Maria Fux, “Dancing with Maria”)





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