Psicologia

Teniamoci lontano dalla sindrome dell' "Era meglio prima”

Di Cristina Rubano - 17 Settembre 2021

“Si stava meglio quando si stava peggio”? Davvero “non ci sono più le cose di una volta”?…

Vivere nei ricordi di tempi passati, essere nostalgici di ciò che è stato e non è più può costituire una posizione psichica ed esistenziale in cui una persona si ritrova bloccata, incapace di abituarsi ai cambiamenti e procedere verso il futuro. Combattere la nostalgia per abbracciare il cambiamento non significa rinnegare il passato, ma prenderne le giuste distanze con onestà e realismo traendone ispirazione o insegnamento per procedere in avanti.

“La nostalgia è la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare.”

(Milan Kundera)

Il significato di nostalgia in psicologia

La nostalgia è un sentimento dolce-amaro nel quale si riporta alla memoria l’emotività positiva di un momento passato, ma al tempo stesso si prova una struggente tristezza per non poterlo più rivivere nel presente. È un sentimento diverso dalla tristezza del lutto perché, a differenza di questa, consente di apprezzare e gioire degli aspetti positivi del passato. Può riguardare una persona effettivamente scomparsa dalla propria vita, ma anche un episodio specifico o un’epoca della propria esistenza. Sembra che la nostalgia si impadronisca più facilmente delle persone in là con gli anni, ma esistono anche persone relativamente giovani, magari all’inizio della propria vita adulta, che non esitano a rimpiangere la spensieratezza dei tempi dell’adolescenza o dell’infanzia.

A volta la nostalgia può sorprenderci nei momenti più impensati quando un dettaglio della nostra esperienza sensoriale ci fa rivivere certi ricordi lontani, come avviene nel celebre brano delle madeleine di Proust:

“… appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicessitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della madeleine. Ma lo superava infinitamente (…) Depongo la tazza e mi volgo al mio spirito (…) e sento in me il trasalimento di qualcosa che si sposta, che vorrebbe salire, che si è disormeggiato da una grande profondità; non so cosa sia, ma sale, lentamente; avverto la resistenza e odo il rumore degli spazi percorsi…All’improvviso il ricordo è davanti a me.”

(Marcel Proust, Dalla parte di Swann – Alla ricerca del tempo perduto, Einaudi)

Altre volte invece, la nostalgia può essere una modalità affettiva con la quale una persona tende a vivere il presente, presa più dal rimpianto di ciò che è stato che dalla motivazione a il vivere presente. In questi casi la nostalgia può rivelarsi una trappola: si tende a idealizzare un passato lontano a confronto del quale il presente non risulterà mai all’altezza. Questo rischia di demotivare ulteriormente. Ma è davvero così?

Il “mito dell’età dell’oro” è presente in molte culture umane fin dalla notte dei tempi, lo ritroviamo dell’antica Grecia (si pensi a Esiodo) o narrato da Virgilio nell’antica Roma o, ancora, raccontato nella Genesi del Vecchio Testamento. In tutti i casi si fa riferimento a un’epoca ancestrale e mitica nella quale gli esseri umani erano privi degli affanni della mortalità, delle malattie e della necessità di lavorare; vivevano in armonia con la natura e con gli dei (o con Dio, privi del cosiddetto “peccato originale”).

A un accadimento drammatico, di “rottura” si fa risalire in genera l’origine di tutti i mali “terreni” di uomini e donne: l’apertura del vaso di Pandora oppure l’assaggio della mela da parte di Eva (da notare che spesso il sottofondo di questi miti ha un carattere spiccatamente misogino).

Sembrerebbe parte della natura umana dunque “fuggire” dai problemi e dalle limitazioni attuali per rivangare un passato “mitico”. È ciò che accade sia al livello sovrapersonale, come negli esempi citati, sia a livello individuale ogni qual volta una persona non riesce a trovare energie o motivazioni per adattarsi a un cambiamento e si rifugia nel passato. Quest’ultimo può venire facilmente idealizzato ed edulcorato dai meccanismi della nostra memoria.

Ogni qual volta rinveniamo un ricordo autobiografico nella nostra mente, infatti, non ci rappresentiamo una copia esatta ed esclusivamente “fattuale” dell’episodio o del periodo della nostra vita in questione. Accade invece di rielaborare le nostre memorie omettendo magari dettagli contraddittori, giustificando a posteriori certe scelte nostre o altrui, amplificando o sminuendo il ruolo di certi fattori e così via… Lo stato d’animo in cui ci troviamo a rievocare questi ricordi può influenzare potentemente il modo in cui li “riassembliamo” e, se siamo guidati da una fuga nella nostalgia nella nostra personale “età dell’oro”, potremo facilmente ricostruire gli eventi in modo parziale e semplificato evidenziandone solo ed esclusivamente gli aspetti postivi e minimizzando quello negativi che pure in passato potrebbero averci fatto soffrire.

mano che sfoglia fotografie

Credit foto
© Pixabay

È come se avessimo a disposizione una nostra cineteca personale che è in grado di produrre non solo film differenti, ma anche versioni diverse di una stessa storia a seconda dei “filtri” emozionali che utilizziamo per proiettarla nella nostra mente.

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Come uscire dalla nostalgia quando ci fa soffrire

Quando rimaniamo imprigionati nel film mentale della nostra personale “età dell’oro” ci ritroviamo involontariamente a vivere una cesura fra passato e presente, li avvertiamo come due mondi separati l’uno dall’altro fra cui non c’è possibilità di comunicazione. Ma dobbiamo sempre ricordarci che il regista siamo noi, siamo sempre stati noi e che quello che siamo oggi è in ogni caso il risultato di ciò che siamo stati e abbiamo vissuto in passato. Nei momenti in cui il nostro sistema mentale è attaccato dai ricordi potremmo avere difficoltà a percepirci soggetti attivi della nostra vita, potremmo sentirci più facilmente passivi rispetto sia agli eventi positivi del passato che a quelli difficili del presente.

  • Quali erano invece gli elementi di difficoltà o di preoccupazione che avevate anche nel tempo tanto idealizzato di cui oggi sentite nostalgia?
  • E quali strategie e risorse personali avete attivato per superarli?
  • Quali elementi della vostra personalità, del vostro carattere, delle vostre abilità sociali avete utilizzato allora per reagire alle difficoltà e godere della bellezza di ciò che avevate?
  • Cosa può insegnarvi il ricordo di tutto questo? Ci sono capacità personali che state tenendo “nel cassetto” e che invece anche oggi potreste utilizzare per affrontare il presente?
  • Se alcuni aspetti del passato vi suscitano nostalgia, quali obiettivi di cambiamento potrebbero ispirarvi nella vita di oggi? (Alcuni ad esempio nel rimpiangere l’infanzia dei figli potrebbero trovare gratificante occuparsi di qualcuno in azioni di volontariato sociale o di baby sitting; altri potrebbero usare le energie che un tempo spendevano nel lavoro per scoprire hobby a cui prima non avrebbero avuto modo di dedicarsi; altri ancora potrebbero coltivare attivamente il proprio bisogno di tornare all’adolescenza concedendosi qualche occasione di svago con l’intento di ricaricarsi per le responsabilità della vita adulta).

Il passato ci continua ad appartenere, sempre, e sempre può dirci qualcosa non solo su chi siamo stati, ma su chi siamo adesso, su quali risorse, sogni e desideri ci contraddistinguono e ci hanno permesso di diventare le persone che siamo. Quello che ci sembra di aver perso negli anni può essere una preziosa fonte di ispirazione per ciò che invece possiamo ricercare, in modi e tempi diversi, anche oggi adattandoci ai cambiamenti che la vita ci impone.

Il passato può essere una prigione da cui non riusciamo a vedere altri orizzonti, oppure una fonte di ispirazione per trovare nuove strade sul nostro cammino…

“Se col pensiero avete da misurare il tempo in stagioni, fate allora che ciascuna stagione cinga tutte le altre, E che il presente abbracci il passato con il ricordo e il futuro con l’ardente desiderio.”

(Kahlil Gibran, Il profeta, 1923)

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Cristina Rubano





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