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Cina: donna obbligata con la forza ad abortire al nono mese

Di Giordana - 12 Gennaio 2014


Probabilmente avrete già letto questa notizia che arriva dalla stampa internazionale asiatica, una donna appartenente alla comunità mussulmana cinese è stata costretta ad abortire in un ospedale della provincia di Xinjiang quando era ormai entrata nel nono mese di gravidanza. La comunità cinese mussulmana degli uighuri non è vincolata al limite del figlio unico, il governo cinese gli ha concesso di poter avere fino a tre figli, se vivono nelle campagne (situazione verosimile per la maggior parte dei membri della comunità che di rado si spostano nelle città) ed un massimo di due figli se vivono in città.
La coppia in questione aveva già tre figli, questo sarebbe stato il quarto, un fratellino, sapendo di essere dei “fuori legge” si erano nascosti nell’abitazione dei genitori di lui, ma sono stati comunque rintracciati dalla polizia e lei è stata portata in ospedale e costretta ad abortire, obbligata a far sì che si compisse a discapito suo e del bambino che portava in sè, quello che potremmo chiamare un vero e proprio infanticidio, perché al nono mese di questo si tratta, che è stato praticato a forza sul corpo di una madre, per la quale non riesco ad immaginare dolore più grande.

Il corpo delle donne durante i mesi di gravidanza sembra essere considerato qualcosa di estraneo alla madre stessa, alla donna, mero contenitore intorno al quale un potere fallocratico si aggira per stabilire il da farsi, come se il feto/bambino potesse essere estrapolato dal corpo della madre, messo su un tavolo intorno al quale poteri maschili e governi si radunano per decidere cosa sia meglio, per il governo, per la società, per lo stato, per la crescita economica, in paesi dove infanticidio e feticidio non sono ammessi ne socialmente giustificati, ci si sofferma per stabilire un piano di attenta medicalizzazione, per decidere quando e come e fino a quando sia possibile abortire, chi debba decidere per una madre adolescente e/o per una madre ritenuta incapace di intendere e di volere, si decide in quali casi si possa cambiare idea e in quali no, ma tutto questo, in “assenza” della madre.
Le notizie dei recenti fatti di cronaca cinese si sconvolgono giustamente, ma l’abilità con cui i media li sottopongono alla nostra attenzione è interessante. La “notizia” è diventata per certi versi un secondo oppio dei popoli, una parte dell’informazione è strumentalizzata in modo tale da far concentrare tutta l’attenzione su situazioni geograficamente ed ideologicamente lontane dal nostro contesto socio-culturale in modo da distrarci da quello che nel frattempo realmente accade intorno a noi e nel nostro paese ottenendo come risultato un incredibile aumento di intolleranza e di episodi di razzismo.
Cerchiamo di apprendere invece di giudicare, di informarci e valutare, considerando ciò che è sbagliato come un male comune al nostro mondo, a tutti noi non solo il “difetto”, l’errore”, “l’orrore” di chi è altro da noi.





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