Scompariranno nel giro di venti anni le ultime tigri siberiane in Cina. La denuncia arriva dal Wwf cinese che in uno studio sottolinea come negli ultimi 70 anni il numero di questi felini sia crollato da 300 a un numero tra 18 a 22.

Secondo Zhu Chunquan direttore della conservazione della biodiversità dell’ufficio pechinese del Wwf, se il governo cinese non prenderà provvedimenti, la scomparsa del grande felino è certa. I bracconieri sono il maggiore rischio per le tigri siberiane, non solo coloro che sparano alle tigri, ma anche coloro che cacciano gli animali selvatici che i felini mangiano, facendo così mancare loro il cibo.
Nel 1996, la Cina prese finalmente concreti provvedimenti per arginare il disastro ecologico provocato dall’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali che aveva decimato la fauna della provincia dello Jilin e minacciava di provocare l’estinzione delle minuscole popolazioni locali di tigre e leopardo dell’Amur costrette nelle aree boschive più isolate delle contee cinesi dell’Hunchun settentrionale, del Wangqing e dell’Antu

Due anni dopo, la popolazione di felidi non si era ancora ripresa. Un monitoraggio del WCS condotto dall’equipe di Dale Miquelle tra il febbraio e il marzo del 1998 stimava la presenza di una popolazione totale di sole 4 o 6 tigri e 4 o 7 leopardi. Nonostante la presenza di cacciatori di frodo, l’ostacolo principale rilevato era costituito dall’eccessiva pressione venatoria sugli ungulati (circa 3.000 animali uccisi all’anno) così elevata da rendere difficoltoso il procacciamento del cibo da parte dei predatori.

Nel 2006, il governo locale ha annunciato un controverso piano di reintroduzione di alcune tigri allevate in cattività allo scopo di consolidare l’esigua popolazione selvatica.
Al 2007, la popolazione cinese della tigre dell’Amur si attestava sui 18-22 esemplari.