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Etichettatura alimentare, 6 informazioni che il consumatore spesso non sa comprendere

Di Redazione - 8 Ottobre 2015

Woman shopping in grocery store

Quando si parla di etichettatura alimentare, per nostra fortuna, non viene lasciato molto spazio alle interpretazioni. Al fine di tutelare il consumatore, permettendogli di fare scelte alimentari che siano frutto dell’informazione, Il Regolamento (UE) 1169/2011 descrive le modalità di etichettatura alle quali ogni produttore alimentare deve attenersi.

Ma cos’è un etichetta? L’articolo 1 del Regolamento in questione ci viene in contro è definisce con chiarezza di cosa stiamo parlando:

È qualunque marchio commerciale o di fabbrica, segno, immagine o altra rappresentazione grafica scritto, stampato, stampigliato, marchiato, impresso in rilievo o a impronta sull’imballaggio o sul contenitore di un alimento o che accompagna tale imballaggio o contenitore.

Fatta questa doverosa premessa possiamo continuare illustrando cosa devono necessariamente riportare queste etichette e soprattutto come leggerle. Non è infatti scontato essere in grado di capire le preziosissime informazioni che ci vengono fornite.

Ecco i principali elementi che DEVONO essere indicati su un’etichetta alimentare:

  • La denominazione dell’alimento
  • L’elenco degli ingredienti
  • La durabilità del prodotto
  • Condizioni d’uso e di conservazione
  • Paese e luogo di provenienza
  • Indicazioni nutrizionali

etichetta-alimentare

Di seguito cercheremo di descrivere ogni punto, senza entrare volutamente nei dettagli per i quali si rimanda direttamente al Regolamento, in questo modo sarà possibile leggere di persona ogni punto evitando di mal interpretare alcuni aspetti. Lo scopo di questo articolo vuole essere semplicemente quello di informare il lettore circa l’esistenza di una prescrizione che riguarda l’etichettatura alimentare e di illustrarne i contenuti salienti.

1) Denominazione dell’alimento

etichette_olio

La denominazione dell’alimento è ovviamente un elemento obbligatorio. Serve per capire di cosa stiamo parlando. Quando al supermercato mi trovo tra le mani un prodotto alimentare, devo poter essere in grado di sapere che cosa potrei consumare.

Può essere il nome del prodotto stesso, ma anche il nome che comunemente viene utilizzato per descrivere quel determinato alimento. Ecco alcuni esempi di denominazione di vendita:

  1. Pasta all’uovo fresca
  2. Ragù di carne
  3. Tonno in scatola al naturale
  4. Biscotti con gocce di cioccolato

Gli esempi potrebbero essere infiniti ma penso che il concetto possa essere chiaro per chiunque.

Non dimentichiamo che oltre alla denominazione deve SEMPRE essere esplicitato lo stato fisico del prodotto (congelato, in polvere, liofilizzato, ecc.).

2) Elenco degli ingredienti

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Inutile sottolinearlo, è ormai noto a chiunque che sulle etichette devono essere riportati TUTTI gli ingredienti che costituiscono l’alimento in questione.

Non traiamo subito conclusioni affrettate, esistono delle eccezioni, degli alimenti per i quali non vige questo obbligo. In particolare:

  • Vino, birra e distillati
  • Alimenti per i quali la denominazione di vendita coincide con l’unico ingrediente del prodotto stesso ( latte, uova di gallina, ecc.).
  • Frutta e verdura fresca che non sia stata sottoposta a nessun tipo di lavorazione ( una mela è una mela e non serve riportare nessun tipo di ingrediente, almeno che questa, ad esempio, non venga sbucciata, fatta seccare o caramellata).
  • L’acqua gassata alla quale viene aggiunta, ad esempio, anidride carbonica.
  • Gli aceti derivati da una sola materia prima.
  • Latticini ai quali non è stato aggiunto nessun altro ingrediente (es. burro)

In quasi tutti i casi appena elencati, i motivi di questa esenzione appaiono ovvi, in altri (come per la birra) un po’ meno. Sarebbe interessante approfondire questo aspetto e capire i motivi per i quali non debbano essere noti gli ingredienti utilizzati per produrre una birra.

La lista degli ingredienti deve rispettare determinate regole (ad esempio l’elenco deve essere in ordine ponderale crescente), ma per evitare di diventare noiosi evitiamo di entrare nei dettagli e, come peraltro già consigliato, suggeriamo di leggere il Regolamento a tutti colori che risultano particolarmente interessati all’argomento.

È opportuno precisare che in molti casi potrebbero essere stati utilizzati degli ingredienti composti. Ad esempio per produrre alcuni biscotti potrebbero aver impiegato delle gocce di cioccolato. In questo caso “l’ingrediente” gocce di cioccolato deve essere indicato e in aggiunta devono essere riportati gli ingredienti che compongono le gocce stesse.

Le sostanze volatili non sono considerati ingredienti, pertanto possono non essere menzionate nell’elenco.

Una nota speciale la meritano sicuramente gli ALLERGENI. Quest’ultimi devono essere riportati con un carattere differente rispetto agli altri ingredienti in modo da poter risaltare agli occhi del consumatore.

Con l’entrata in vigore del regolamento che stiamo descrivendo inoltre, non é più possibile indicare in modo generico “grasso o olio vegetale” ma è diventato obbligatorio specificare la natura del grasso in questione (es. olio di palma, olio di colza, ecc.).

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3) Durabilità del prodotto

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La durabilità é la proprietà di un materiale di mantenere nel tempo le sue caratteristiche fisiche e chimiche.

Con un po’ di fantasia possiamo adattare questa definizione anche agli alimenti.

E’ cosa nota infatti che questi non possono durare in eterno (almeno non dovrebbero, ma questo è un altro discorso) ed è proprio per questo motivo che sulle nostre etichette deve essere indicata la data dopo la quale “l’integrità” del prodotto non è più garantita.

Per maggiore precisione occorre fare una distinzione. Sulle confezioni possiamo infatti trovare due date:

  • LA DATA DI SCADENZA

oppure

  • IL TERMINE MINIMO DI CONSERVAZIONE

Nel primo caso verrà riportata la dicitura “Da consumare entro il:” ciò vuol dire che il prodotto NON DEVE essere consumato dopo tale limite temporale, questa dicitura è molto comune negli alimenti molto deperibili.

Nel secondo caso ci imbatteremo nella frase “Da consumare preferibilmente entro il:” e questo indica che il prodotto sarà ancora commestibile dopo tale data ma non potrà più essere garantito che il sapore, l’odoro o la consistenza dell’alimento siano rimasti inalterati.

Conoscere questa sottile differenza può essere molto utile per provare a ridurre gli sprechi di cibo che sono ormai parte integrante delle nostre abitudini alimentari.

4) Condizioni d’uso e di conservazione

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Le condizioni d’uso risultano molto importanti in quanto non tutti gli alimenti possono essere consumati “immediatamente”, ma necessitano di una preparazione preliminare.

Un prodotto che contiene ad esempio carni macinate deve riportare sulla propria etichetta che questo richiede una cottura prima di poter essere consumato.

Anche per un alimento congelato o liofilizzato risulta moto utile conoscere le condizioni d’uso e le modalità di preparazione dello stesso.

Per ricollegarci al tema degli sprechi alimentari, ma non solo, sarebbe buona norma seguire le modalità di conservazione indicate sulle confezioni dei nostri alimenti. Queste ci suggeriscono le tecniche di conservazione più efficaci che ci permettono di conservare il prodotto nel modo migliore dopo che la confezione è stata aperta.

Mettiamo da parte la pigrizia, diamo una lettura ed evitiamo di buttare un alimento usato per metà semplicemente perchè non sapevamo che andava conservato nel frigorifero.

5) Paese d’origine e luogo di provenienza

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Andando a trattare questo aspetto si va inevitabilmente a toccare un nervo scoperto sul tema etichettatura alimentare, e non solo.

Secondo alcune statistiche, quasi il 50% degli italiani dichiara che preferirebbe consumare prodotti nostrani. Pertanto riterrebbe molto utile poter conoscere il paese d’origine di un prodotto alimentare e il luogo di provenienza degli ingredienti che lo compongono.

Secondo quanto riportato in un opuscolo informativo distribuito dal Ministero della Salute

Questa indicazione, già obbligatoria per alcuni prodotti (carni bovine, pesce, frutta e verdura, miele, olio extravergine d’oliva), viene estesa anche a carni fresche e congelate delle specie suina, ovina, caprina e avicola.”

Pertanto appare evidente che, fatta eccezione per gli elementi espressamente indicati, non risulta nessun obbligo in tal senso. Ciò non esclude che su base volontaria ogni produttore può decidere di riportare questo tipo di informazione fornendo un servizio aggiuntivo ai sui clienti.

In alcuni casi viene indicato anche lo stabilimento produttivo da cui è uscito l’alimento.

Penso che ognuno abbia il diritto di fare le sue valutazioni in tal senso. Dal punto di vista puramente personale e cercando di ragionare in maniera razionale, non trovo un motivo per il quale dovrei preferire un “prodotto italiano” a un qualsiasi altro prodotto che non abbia origini nostrane. Anche se ovviamente, ritengo più che comprensibili le preferenze espresse dall’altra metà degli italiani.

Sempre in ambito personale, ritengo che sia più importante conoscere la provenienza di ciò che mangiamo, non tanto per farne una questione patriottica, bensì per poter esprimere una preferenza che sia frutto dell’informazione e della consapevolezza.

6) Indicazioni nutrizionali

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Sotto questa categoria sono indicate tutte quelle informazioni che descrivono le caratteristiche nutritive e caloriche dell’alimento.

È obbligatorio che vengano riportati:

  • valore energetico
  • grassi
  • acidi grassi saturi
  • carboidrati
  • zuccheri
  • proteine
  • sale

Il valore energetico deve essere riferito a 100 gr o 100 ml di prodotto e in molti casi viene indicato anche l’apporto calorico riferito ad una singola porzione.

Spesso troviamo indicato anche l’apporto calorico percentuale rispetto a quello giornaliero che solitamente è stimato in 2000 kCal.

Non smetterò mai di sottolinearlo, ma quando parliamo di apporto calorico l’unità di riferimento è la kCal (chilo caloria) e non la caloria. Potrà sembrare banale ma tra kCal e cal c’è la stessa differenza che abbiamo tra grammo e chilogrammo.

Ho fatto questa breve precisazione perchè spesso mi è capitato di leggere su parecchie confezioni la classica frase ”In sole XX Cal!!!!”, se non ci credi prova a fare un giro tra gli scaffali del supermercato per verificare quello che ti sto dicendo.

Se per te non fa differenza possedere 1€ invece che 1000€ fai finta di non aver letto queste ultime righe ma non lamentarti se quando andrai a comprare la frutta, il tuo rivenditore di fiducia metterà nel tuo sacchetto 1 gr di mele invece del chilo che avevi richiesto (ammesso che sia possibile farlo).

Etichette-come-leggerle

In merito alle indicazioni nutrizionali si potrebbe scrivere davvero un trattato. Sono molte infatti le note aggiuntive e le diciture che possiamo e/o dobbiamo trovare sulle etichette alimentari.

In questo caso però ritengo sia più opportuno focalizzare l’attenzione sull’importanza di poter capire questo tipo di informazioni.

Consultando infatti questa parte della confezione molto spesso possiamo imbatterci in termini dei quali ignoriamo completamente il significato. In altri casi possiamo semplicemente non conoscere le proprietà o l’utilità di una componente elencata sull’etichetta.

Quindi il grosso consiglio che posso dare è il seguente:

leggi le etichette ma non farlo in modo PASSIVO. Se ti capita di incontrare un termine del quale non conosci il significato trova la voglia di approfondire la questione e colma questo vuoto.

Abbiamo la fortuna di vivere in un’epoca in cui le informazioni sono facilmente reperibili, non abbiamo più scuse, dobbiamo soltanto avere voglia di sfruttare i mezzi che abbiamo a nostra disposizione.

Davide Leta di www.cuorecucina.it





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