Le parole di Ginella Vocca, Fondatrice, Presidente e Direttrice del MedFilm Festival

“I film di questa edizione domandano a chi guarda di credere ancora una volta (Speranza) nella tradizione e nel potere di un cinema che riesce a farci immaginare mondi diversi e pieni di possibilità”.
Per noi il Mediterraneo non è una scoperta, ma una certezza, la nostra casa, la nostra radice. Non possiamo girarci dall’altra parte perché ci circonda, è tutto intorno, con la sua straordinaria bellezza, la sua oggettiva complessità e le sue drammatiche contraddizioni. È negli occhi grandi che, dalle statue egizie, ritroviamo nei volti dei bambini di Gaza e in quelli dei nostri figli.
Il Mediterraneo è attualità, vita, storie, expertise e creatività, energie naturali e natura riparatrice.
Il Cinema, per noi del MedFilm Festival, è una inesauribile fonte di conoscenza dell’altro e di Speranza che è il tema di quest’anno. Provare a procedere più consapevoli verso la Pace, facendo del Cinema uno strumento privilegiato per avvicinare le persone e istruire prospettive di salvezza. Ecco perché continuiamo a gettare ponti di dialogo, a individuare punti di contatto e a sperimentare linguaggi condivisi, focalizzandoci sui comparti produttivi, laddove economia e creatività si fondono per generare la magia del Cinema. Comparti industriali che si muovono grazie a idee innovative, a cui la piattaforma dei Med Meetings da ospitalità, nutrimento e propulsione verso il mondo.

Profondamente necessario, indispensabile, insopprimibile, è il desiderio di esprimersi artisticamente decodificare la realtà attraverso i simboli, attraverso il mistero dell’immaginazione. L’occhio osserva e trova soluzioni diverse; è eticamente importante fare cinema, dare spazio alle culture degli altri poiché è importante e salvifico avere la consapevolezza che il mondo non comincia e finisce con noi, che sono tante le possibili soluzioni. Per noi abitanti del vecchio continente, non più così forti delle nostre certezze, è importante avere altre prospettive, credere e confidare nella forza degli altri, non sentirci soli con addosso il peso di quello che non va per il verso giusto, ma sapere invece che insieme possiamo farcela, che il mondo è molteplice e multiforme e che il cinema ci offre la possibilità di conoscere di vedere la vita degli altri, di vederla proprio da vicino.
Il manifesto di quest’anno racconta che unire le forze è un atto di Speranza intesa come energia vitale e propulsiva. L’obiettivo del MedFilm nella scelta di film è ricevere, e restituire al pubblico, informazioni di prima mano, non mediate, che arrivano grazie alla tessitura paziente di 31 anni di attività, mostrare film in lingua originale (con sottotitoli in italiano) per conoscere i suoni, porre attenzione, avere curiosità per gli altri. Il cinema, quando è sincero, è uno strumento di contatto e condivisione di assoluta efficacia.
L’Arte rifugge le polarizzazioni, propone visioni alte e altre sulle cose che invece politichese e media tendono a semplificare a polarizzare. La chiave della Speranza la dobbiamo soprattutto ai giovani. Sono loro che hanno bisogno di testimonianze quanto più limpide possibile. Un’idea messa in campo, un progetto costruito a più mani, può gettare una luce, fare chiarezza sui fatti, essere testimonianza documentale per costruire una memoria storica indispensabile per proiettarsi consapevolmente nel futuro.
Vedere film ambientati in città ormai distrutte come Gaza, è veramente doloroso, ma ora più che mai necessario, poiché la cancellazione di un popolo, passa anche attraverso la distruzione della sua eredità architettonica, delle sue case, dei luoghi di cultura come le università, i musei, i cinema, le scuole, i teatri, i luoghi di culto. La distruzione delle sue pietre, è un processo di cancellazione, dunque di genocidio. Noi siamo la nostra casa, per quanto piccola, per quanto grande possa essere; la casa è il luogo del riposo, il rifugio dove un bimbo trova riparo.
Vedere opere filmiche che ci restituiscono l’identità culturale di un popolo la sua gioia, le sue preoccupazioni, l’andare in un locale a ballare, l’andare all’università, l’essere bocciati, l’essere promossi, l’Amore, la Speranza, ci aiutano a non dimenticare, ma soprattutto sono salvifiche per le anime, poiché ci rassicurano sulla possibilità dell’essere umano di risorgere, in qualunque condizione, anche attraverso l’Arte.
“I film di questa edizione domandano a chi guarda di credere ancora una volta (Speranza) nella tradizione e nel potere di un cinema che riesce a farci immaginare mondi diversi e pieni di possibilità.”

In questa direzione vanno i due Premi speciali che il festival conferisce a personalità dell’arte e più in generale della cultura: Premio Koinè a Aya Ashour “Per aver difeso, con la forza della verità e della parola, il diritto all’informazione e all’istruzione, raccontando al mondo cosa significa vivere oggi a Gaza.
In una Striscia chiusa alla stampa internazionale da oltre due anni, Aya Ashour ha narrato con lucidità e profonda dignità gli orrori della guerra e la resilienza del suo popolo, continuando a testimoniare anche sotto le bombe la realtà della sua famiglia e dei civili intrappolati nel conflitto. Operatrice umanitaria con Save the Children e Médecins du Monde – Svizzera, giornalista per Il Fatto Quotidiano e oggi, ricercatrice presso l’Università per Stranieri di Siena, con l’intervento del Ministero degli Esteri italiano, Aya incarna il coraggio di chi trasforma il dolore in conoscenza e la testimonianza in impegno civile. Simbolo di verità, dignità e resistenza, la sua voce continua a ricordarci il valore universale della giustizia e della vita. Premio alla Carriera a Tony Gatliff con la seguente motivazione:
“Per aver celebrato con il suo cinema umanista e rivoluzionario, vibrante ed autentico, il potere dell’arte come linguaggio universale. Ruotando intorno alle sue doppie origini algerine e gitane che hanno ispirato la maggior parte dei suoi lavori, il suo universo è popolato di personaggi senza tempo, geografia e movimento, nel cui viaggio personale e storico si riflette ogni ritorno alle origini. La mescolanza culturale, la combinazione di mondi, l’esplorazione dei margini e delle identità nomadi sono alcuni dei temi ricorrenti che contribuiscono a fare di Tony Gatlif uno dei cineasti più audaci e stimolanti di sempre, un instancabile poeta del viaggio e della libertà”.
Appendice:
I FILM IN CONCORSO
Sono otto i titoli del Concorso Ufficiale, selezione curata da Martina Zigiotti (responsabile del programma dei lungometraggi), assieme al comitato di selezione composto da Veronica Flora, Paola Cassano, Massimo Causo e Giuseppe Gariazzo. Tra finzione e documentario, sono film che interrogano il rapporto tra personale e politico, intimo e collettivo, a partire da due film di cari amici del festival che mettono al centro i desideri e i corpi. Calle Málaga di Maryam Touzani, candidato marocchino agli Oscar 2026, la storia di riscoperta sentimentale e sessuale di Maria, settantanovenne spagnola che vive a Tangeri, interpretata da una straordinaria Carmen Maura (e distribuito da Movies Inspired) e A Sad and Beautiful World di Cyril Aris, candidato libanese agli
Oscar 2026, la storia d’amore tra Nino e Yasmina e la storia della città di Beirut, tra passioni, dolori e speranze. I temi della collettività sono al cuore anche di Promis le ciel della regista tunisina Erige Sehiri, una storia intensa, corale e femminile ambientata nella comunità subsahariana di Tunisi, che verrà proiettato in anteprima italiana in collaborazione con il FESCAAAL – Milano e di Ciudad sin sueño di Guillermo Galoe, coming of age pieno di poesia ambientato nella comunità rom che vive alla Cañada Real di Madrid, ex Works in Progress, la sezione industry del festival, nel 2024. Anche i film di “genere”; del festival intrecciano storie personali e interrogativi politici: Les Tempêtes di Dania Reymond-Boughenou è un horror che scava nelle ferite del Decennio Nero, mettendo al centro una storia d’amore e fantasmi; Tarik Saleh chiude la sua avvincente trilogia del Cairo con Le aquile della Repubblica, a metà tra thriller e noir (distribuito da Movies Inspired) e Una donna e un bambino di Saeed Roustaee, ritratto di una donna ostinata e della sua lotta contro le rigide strutture patriarcali (distribuito da Movies Inspired). E poi c’è With Hasan in Gaza di Kamal Aljafari, l’ultimo film di un immenso autore libanese, ritratto di una Gaza che non c’è più. La maggior parte dei film saranno accompagnati dai loro registi.

Fin dai titoli, nulla è ordinario nei diciotto cortometraggi che compongono il Concorso internazionale del MedFilm 2025, curato da Alessandro Zoppo. Nella nostra epoca segnata da condizioni di vita difficili e spesso drammatiche e scandita da consumi frammentati e compulsivi, le opere brevi in gara sono legate dalla voglia di resistere al conformismo del presente e richiedono dedizione al pubblico perché oggetti filmici fuori dai radar del cinema contemporaneo. All’interno del Concorso di quest’anno, i cortometraggi spaziano dalla sperimentazione e la video-
arte al documentario, dal dramma alla commedia e al coming-of-age, con tecniche, riferimenti e suggestioni diverse, tutti accomunati da elementi trasformativi, liberatori e purificatori. È per questo motivo che i diciotto corti in competizione richiedono uno sforzo personale e collettivo: domandano a chi guarda di credere ancora una volta nella tradizione e nel potere di un cinema che riesce farci immaginare mondi diversi e pieni di possibilità.
Questi i titoli: On the Edge di Sahar El Echi, Abdellah di Inès Lehaire, Bimo di Oumnia Hanader, Common Pear di Gregor Božič, Control Anatomy di Mahmoud Alhaj, Dreamy, Uncertain & Dying Everyday di Hossam Waleed, Collar di Pouyan Ramezanpour, Upon Sunrise di Stefan Ivančić, Deadlock di Lucien Beucher, Mahdi Boucif, The Devil and the Bicycle di Sharon Hakim, Melanochaita di Niko Avgoustidi, Hi Mom, It’s Me, Lou Lou di Atakan Yılmaz, The Sorceress Echo di Marc Camardons, Remains di Fabio Bobbio, SOS di Anita Morina, A Good Day di Tiago Rosa-Rosso, What If They Bomb Here Tonight? di Samir Syriani, Walud di Daood Alabdulaa, Louise Zenker.
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ATLANTE
La famiglia è il fil rouge che lega i tre film di Atlante, sezione fuori concorso del Festival, che, tra autori esordienti e maestri affermati, propone un viaggio in alcuni dei film più interessanti della stagione. La famiglia è quella che racconta Jihan K, regista libica alla sua opera prima, nel documentario My Father and Gheddafi, straordinario lavoro d’archivio sulla storia di suo padre, dissidente politico del regime di Gheddafi. E di legami familiari, seppur in ben altro tono, parla anche Tony Gatlif nel suo ultimo film Ange, il viaggio intenso e musicale di un padre e una figlia tra
le strade della Francia e i sentieri della memoria. Il maestro del cinema sarà ospite a Roma per presentare il film in anteprima italiana, ricevere il Premio alla Carriera e tenere una masterclass all’Università La Sapienza. Si parla invece della “famiglia allargata del cinema”; nella brillante commedia politica di Ali Asgari, Divine Comedy (distribuito da Teodora). Il regista iraniano pluripremiato nel 2022 con La bambina segreta (Ta farda) attraverso un prisma particolare, ovvero il racconto sulla difficoltà di distribuzione di un film a causa delle rigide regole di censura
del regime, ci parla, con humour e intelligenza, di censura e libertà, di autorità e disobbedienza.
Mondi lontani ma in realtà vicinissimi sono anche quelli dove ci conducono i sei cortometraggi di Atlante, alla scoperta di un Mediterraneo allargato mai così prossimo. I’m Glad You’re Dead Now di Tawfeek Barhom (presentato in collaborazione con il Pianeta Mare Film Festival di Napoli) e Still Playing di Mohamed Mesbah scardinano le narrazioni mediatiche mainstream sulla Palestina e il suo popolo. Beneath Which Rivers Flow di Ali Yahya ci porta alla scoperta di un Iraq inedito, di cui ancora una volta sappiamo troppo poco. A Reconnaissance di Stefan Kruse ci ritrascina nel cuore del Mediterraneo, stavolta per un’indagine sconvolgente sulle invisibili strutture di potere che
stanno rimodellando il nostro territorio e sul potere delle nostre immagini. Infine Elegia del nemico di Federico Lodoli e Carlo Gabriele Tribbioli, viaggio impressionante nell’Afghanistan dei Talebani attraverso le voci di nove ex combattenti mujahid.
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PERLE
Nella sezione Perle, dedicata al migliore, e spesso invisibile, cinema italiano, ci sono quattro film profondamente politici, che interrogano il nostro modo di abitare gli spazi, di vivere in comunità e di stare in mezzo agli altri. Da Portuali di Perla Sardella, la testimonianza della lotta dei portuali di Genova per un mondo migliore, a Come la notte di Liryc Dela Cruz, ritratto di una famiglia filippina in Italia tra parole e silenzi, ferite e riconciliazioni con un bianco e nero senza esotismi. Portuali, lavoratori domestici, ma anche persone detenute con il documentario Nella colonia penale di Gaetano Crivaro, Silvia Perra, Ferruccio Goia e Alberto Diana, il racconto di delle ultime colonie penali attive in Europa e pastori con Abele di Fabien Volti, che si muove tra i deserti della Palestina e quelli della Sardegna, sono i protagonisti di storie importanti e riflessioni sull’oggi. A completare la sezione, sei cortometraggi pionieri di un vero e proprio cinema di frontiera. A realizzarli sono un gruppo di registe e registi, animatori, videoartiste e videoartisti che contaminano linguaggi e pratiche generando forme filmiche vive, pulsanti e innovative. Dal riuso dei materiali d’archivio di Brigas di Lorenzo Spinelli e Le prime volte di Giulia Cosentino e Perla Sardella alle sorprendenti animazioni Terremoto di Massimiliano di Lauro e Lorenzo Latrofa e Randaghi di Enrico ed
Emanuele Motti, passando per il découpage personale e avanguardistico di Case cadute di Gianluca Abbate e le applicazioni di intelligenza artificiale generativa utilizzate da Gianmarco Serra e Simona Nobile per realizzare animazione di impegno civile Château la Belle, i corti di Perle provocano, rischiano, invadono lo spazio con nuovi significati e liberano creatività, fantasia, ribellione e desiderio di rinnovamento.
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VOCI DAL CARCERE
Progetto Methexis
Voci dal carcere è la storica sezione che il MedFilm Festival realizza in collaborazione con il DAP – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, a cura di Veronica Flora. Sono 13 i cortometraggi presenti nella sezione prevista per martedì 11 novembre alle ore 16.00, dove autori e protagonisti delle opere realizzate negli Istituti penitenziari di tutta Italia si ritroveranno per raccontare al pubblico i percorsi interdisciplinari che hanno portato alla realizzazione di opere che sono soprattutto la testimonianza viva di quanto l’arte, in tutte le sue forme, sia elemento essenziale dei percorsi di riabilitazione personale e collettiva: Casa
Circondariale Roma Rebibbia Nuovo Complesso (Le sirene di Cottingley di Alessandro De Nino), Casa Circondariale di Velletri (Oltre il muro di Luca Esposito), Casa Circondariale di Chieti (Diritto alla speranza di Serenella Di Michele), Casa di Reclusione Milano Bollate (Voiceover di Leonardo Ferro), Casa Circondariale “Nerio Fischione” di Brescia (Undici giorni di Nicola Zambelli), Casa Circondariale di Frosinone (Due isole – chi va per questi mari di Alessandro Marano), Casa Circondariale di Livorno (Giulietta + Romeo – Per amore non si muore di Francesca Ricci, Lara Gallo, Marco Bruciati), Casa di Reclusione di Orvieto (Never Give Up realizzato dalla classe 5A
dell’Indirizzo Audiovisivo e Multimediale del Liceo Artistico di Orvieto, guidata dalla regista Vittoria Micillo), Casa di Reclusione & Due Palazzi di Padova, Casa circondariale di Lanciano (Sopra la barriera – Calcio, detenzione, rieducazione di Stefano Riggi), Casa Circondariale (Spazi di Massimiliano De Simone), Casa Circondariale di Potenza “Antonio Santoro” (Humana di Matteo Maffesanti), Casa Circondariale di Paola (4 zampe per rinascere e poi… realizzato dai detenuti della sezione a custodia attenuata CC di Paola), Casa Circondariale di Genova Marassi (7 minuti di Daniele Arangia).
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SGUARDI DAL FUTURO
Progetto Methexis
È la sezione curata da Giulia de Luca Gabrielli che raccoglie i lavori di diploma dei 13 studenti membri della giuria Methexis, provenienti dalle scuole di cinema italiane e internazionali, per scoprire insieme i talenti di domani: Hazem Shaheen ISAMM – Institut Supérieur des Arts Multimédia de la Manouba, Tunisia; Valentina Pischedda, Sentieri Selvaggi, Italia; Lidiya Mitiku, Addis ababa University School of Fine Arts and Design, Etiopia; Letizia Zatti CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia, Italia; Gauthier Gervaise La Fémis – École nationale supérieure des
métiers de l’image et du son, Francia; Pietro Macaione Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté, Italia; Omar Zaafaoui ISMAC – Institut Supérieur des Métiers de l’Audiovisuel et du Cinéma, Marocco; Fran Moreno Blanco & Santi Pujol Amat ESCAC – Escola Superior de Cinema i Audiovisuals de Catalunya Spagna; Carlotta Venturini RUFA – Rome University of Fine Arts, Italia; Tullio Edoardo Rocca Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté, Italia; Theodora Pagiannidou AuTh – Aristotle University of Thessaloniki – School of Film Grecia; Ayesha Salam Khan Northwestern University in Qatar.
Il Progetto Methexis prevede inoltre la costituzione di una Giuria mista e molto speciale composta dai 13 studenti internazionali presenti al festival e dai detenuti provenienti dai quattro Istituti di Roma Rebibbia, supportati nella visione dalle aree educative e dalle scuole che operano negli Istituti di pena (Casa di Reclusione Roma Rebibbia, Casa Circondariale Femminile Roma Rebibbia,
Casa Circondariale Nuovo Complesso Roma Rebibbia, III Casa Circondariale Roma Rebibbia). Come ogni anno la Giuria dei detenuti visionerà i cortometraggi della sezione ufficiale del MedFilm Festival e ne discuterà insieme ai 13 studenti delle Scuole di cinema dei Paesi del Mediterraneo presenti a Roma ospiti del Festival. La riunione plenaria si svolgerà presso la Terza Casa nella mattinata di lunedì 10 novembre per l’assegnazione dei riconoscimenti Premio Methexis per il Miglior Cortometraggio e il Premio Cervantes Roma al cortometraggio più innovativo. La finalità
del progetto è nell’offrire, alle detenute e ai detenuti, una connessione tra il mondo dentro il carcere e quello esterno, ma anche l’opportunità per gli studenti di cinema di confrontarsi con il tema della pena e del desiderio di rinnovarsi attraverso lo studio, il lavoro, la creatività artistica.




