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Camminare fa meditare ed entrare dentro noi stessi

Di Laura Cusmà Piccione - 12 Dicembre 2022

Camminare lungo un sentiero, un borgo, una città è anche viaggiare dentro se stessi sulle tracce dell’Uomo e della sua Storia, la nostra personale storia e vita. Camminare, specialmente immersi nella natura e nei suoi suoni, comporta immergersi nella bellezza del creato da Dio e dall’Uomo, per questo camminare induce suggestioni che sollecitano il nostro pensiero e camminare diventa facilmente occasione per riflettere e persino per meditare.

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I Cammini rappresentano, infatti, una delle ultime tendenze di viaggio, basti pensare che nell’aprile 2022 – ossia a pandemia finita, coloro che hanno intrapreso il Cammino di Santiago, padre di tutti i Cammini, numericamente hanno già raggiunto i dati dei camminatori prepandemici.

Il turismo slow sa che è più importante andare in cerca del proprio cielo, per far pace con la luce del mattino, della natura e del mondo.

Una delle meditazioni più contemporanee è addirittura la cosiddetta meditazione camminata, spesso adottata da uomini d’affari e persone di successo che, anche solo nei ritagli di tempo della routine lavorativa, riescono a disciplinare la propria mente attraverso brevi precorsi, come dalla scrivania alla sala riunioni.

E camminatore, le tue impronte sono la via, e nient’altro;
camminatore, non c’è modo, la strada è fatta camminando.
Camminare fa strada e guardarsi indietro
vedi il sentiero che non percorrerai mai più.
Walker, non c’è modo, ma stele nel mare.
(Antonio Machado, “Caminante, no hay camino”)

La meditazione dinamica

In realtà, la meditazione in cammino ha radici antiche, come ci spiega Daniele Guainazzi, counselor, insegnante di bioenergetica e yoga, che conduce meditazioni dinamiche in chiave bioenergetica e che svolge anche counseling camminando.

La meditazione dinamica di Osho è, per esempio, la più essenziale e più conosciuta del mistico indiano. Si compone di cinque stadi. I primi tre devono essere praticati con totalità, in modo che nel corpo non resti alcuna energia statica; in questo modo la mente non ha più alcun alimento per creare pensieri, sogni e immaginazioni. Esaurendo l’energia nell’estroversione, all’improvviso ci si ritrova dentro di sé. Il quarto stadio è un’osservazione silenziosa, un essere testimoni. Nel quinto si celebra e si danza.

Hu! Hu! Hu!” e stai attento a ricadere a terra sull’intera pianta del piede. Espira mentre emetti il suono, in modo tale che tutto il tuo respiro fuoriesca. Usa tutta la tua energia, esaurisciti totalmente. Questo mantra, urlato, colpisce in profondità il centro sessuale dall’interno, e quando questo centro è colpito dall’interno, l’energia inizia a fluire verso l’alto; in questo modo, ogni cellula diventa più cosciente: non puoi più restare inconsapevole. (Osho, mantra del terzo stadio della meditazione dinamica)

Daniele Guainazzi spiega la meditazione dinamica: “In realtà, per avere un ascolto profondo di noi non dovremmo essere distratti da un impegno che ci porta a fare e a disperdere energie, come avviene con qualsiasi movimento. Per questo tutte le meditazioni solitamente sono poco movimentate o completamente statiche, per permetterci di elevarci di più”. E poi indica l’obiettivo della meditazione: “arrivare a quello stato meditativo”.

Siamo soliti immaginare i meditabondi in posizioni rilassanti come nella posizione yoga del fiore di loto o sdraiati, invece anche in alcune antiche pratiche vediche è prevista mobilità, come sostiene Guainazzi: “Dando uno sguardo nei secoli ci sono state più tecniche per accingere alla meditazione, ma più o meno erano quelle statiche, cioè, il tuo maestro ti diceva di incrociare le gambe sotto l’albero del loto per trovare le risposte e ti chiedeva tanti anni di meditazione. Poi nel ventesimo secolo con l’impennata dello sviluppo tecnologico, i grandi maestri del mondo vedico hanno constatato un distacco tra corpo e mente.

Se ci mettiamo a gambe incrociate a fare vuoto mentale, che è la condizione principale per meditare, succede che siamo preda dei pensieri ciclici, si insinuano pensieri che ci portano via dal presente, ci distrae; magari in alcuni casi più rari, riusciamo a raggiungere un vuoto mentale, ma dal punto di vista energetico pulsatorio abbiamo energie bassissime e, quindi, sono nate le meditazioni dinamiche con Osho, Krishnamurti, Gandhi, che aveva però altri impegni, i quali fondamentalmente dovettero introdurre tecniche nuove per il mondo spirituale al fine di rimettere in contatto l’uomo con il corpo: da qui sono nate le meditazioni dinamiche. Un movimento che sia fatto per far perdere il controllo della mente su di noi, aumentare l’energia vitale, vista in termini di aumento della respirazione, e armonia dei movimenti, mobilità”.

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Camminare è il primo dei movimenti armonici. Guainazzi ci spiega come ci spinge allo sviluppo di pensieri, alla riflessione fino alla meditazione: “Camminare è un atto di movimento che ci mette in contatto con le gambe – le fa andare, che con il bacino sono la parte del corpo che noi abbiamo dovuto svezzare, addomesticare, bloccarle per fermarci. Nella camminata, riprendiamo a muoverle, senza fare movimenti da palestra o più meccanici”.

“Camminare all’aria aperta giova ai nostri occhi: ci consente infatti di esercitare la vista da lontano, ma anche quella interiore, perché chi cammina è portato a riflettere, quasi a meditare, perché permette di distrarsi dagli impegni della giornata e di concentrarsi su noi stessi e sui nostri pensieri.
Assaporate l’arte e fate della natura e del silenzio la vostra terapia. Io quando sono triste, quando sono giù di morale, lascio che l’arte e la natura mi cullino e mi consolino. Mi siedo sotto un albero e ascolto. E mi serve a ricordare che nel mondo non c’è soltanto male, cattiveria, dolore, ma anche tante cose belle. La bellezza è nell’occhio di chi guarda.
Fate vostra questa bellezza e ricordatevi di esseri felici”.
(G. Middei)

La meditazione dinamica non si svolge soltanto introducendo il camminare, ma anche nelle pratiche dinamiche: “Ci sono tante tecniche e protocolli – continua Guainazzi – però la differenza la fa il conduttore e il gruppo che viene condotto: il fattore umano. Quindi il come è nel sentire l’atmosfera del gruppo, senza giudicarlo, cercando di condurre i movimenti che facilitano il respiro, che lo approfondiscono e che migliorano il senso di radicamento, di grounding, che è un concetto fondamentale che noi andiamo a perdere come qualità nel nostro stare sulla terra e che la camminata e il grounding energetico iniziano a migliorare, grazie ai piedi per terra e a sentire quanto sono collegati al respiro. E da qui sviluppare movimenti che ci portano sempre più verso l’alto e, quindi, un altro fattore fondamentale è liberare la voce, un altro canale che abbiamo dovuto bloccare, perché si fa addomesticare”.

Oggi mi sento più preparato in materia vocale. Non vedo solo l’aspetto creativo della cosa e lo studio delle nuove possibilità, mi interessa sapere che cosa è la voce, conoscere da dove nasce.
(Demetrio Stratos)

Il cammino come viaggio interiore

È l’immergersi nella natura a suggestionare pensieri e situazioni, basti pensare a tutte le favole che “Cammina cammina” portano Pollicino in una grande foresta, Cappuccetto Rosso nel bosco “diventato più fitto”, la Biancaneve di Giobbe Covatta invece raggiunge in una radura dove la bella ragazza in fuga dalla cattiveria vede una casetta. Entrambe le donne incontreranno un lupo lungo il loro cammino.
Meta altrettanto spaventosa aspetta “o vicchiariello sotta a luna” che canta Pino Daniele e che raggiunge il porto della morte:

E cammina, cammina vicino o’ puorto
E chiagnenn pens a’ morte
(Pino Daniele, “Cammina cammina”)

Credit foto© Pixabay

Non soltanto la letteratura popolare, ma anche quella classica antica usa il cammino come topos del viaggio interiore, sia che esso avvenga tra mostruose paure che in luoghi ameni (a dir la verità molto pochi). Chi non ne fosse convinto può rileggere il viaggio di Renzo verso Bergamo nei Promessi Sposi. Anche Dante smarrita la diritta via si ritrova per una selva scura e quello della Divina Commedia è un viaggio ultraterreno che è ancora più evidentemente un percorso alla scoperta non soltanto di se stesso, ma dell’Uomo di ogni tempo, con le sue debolezze, i suoi drammi, le sue aspirazioni. E le tre fiere che incontra sono i tre lupi che il Sommo Poeta deve affrontare per ritrovarsi.

A poco a poco, si trovò tra macchie più alte, di pruni, di quercioli, di marruche. Seguitando a andare avanti, e allungando il passo, con più impazienza che voglia, cominciò a veder tra le macchie qualche albero sparso; e andando ancora, sempre per lo stesso sentiero, s’accorse d’entrare in un bosco.
(Alessandro Manzoni, I promessi sposi)

Se subito balzano alla mente tanti esempi letterari di paesaggi che incutendo paura ci spingono a un viaggio interiore, poiché resta centrale il ruolo della paura che apre la porta alle nostre vulnerabilità, più difficile è trovare esempi di locus amoenus che suscitano suggestioni. In realtà basterebbe cercare l’elemento acqua ed è subito luogo ameno, cercare le “Chiare fresche e dolci acque” di Francesco Petrarca o il presagio salvifico che arriva a Renzo quando sente la voce dell’Adda. E tornando indietro nei secoli già in Tito Lucrezio la semplicità dei desideri, la felicità che nasce dall’equilibrio interiore del saggio è vista sullo sfondo di un quadro campestre.
L’esordio del secondo libro del Rerum naturae affronta il tema di base della filosofia epicurea del piacere. Per Lucrezio il piacere da ricercare è quello statico dato dall’assenza di dolore fisico (aponia) e di turbamenti suscitati dalle passioni e dalle paure (atarassia), che lascia ai personaggi delle favole:

Dolce è anche contemplare grandi contese di guerra/apprestate nei campi senza che tu partecipi al pericolo./
Ma nulla è più piacevole che star saldo sulle serene regioni/elevate, ben fortificate dalla dottrina dei sapienti,/donde tu possa volgere lo sguardo laggiù, verso gli altri,/ e vederli errare qua e là e cercare, andando alla ventura,/ la via della vita, gareggiare d’ingegno, rivaleggiare di nobiltà,/ adoprarsi notte e giorno con soverchiante fatica/per assurgere a somma ricchezza e impadronirsi del potere./misere menti degli uomini, o petti ciechi!/ In che tenebre di vita e tra quanto grandi pericoli.
(Lucrezio, “De rerum naturae”)

Anche per Guainazzi camminare rappresenta un viaggio interiore: “Durante la camminata possiamo sentire quanto riusciamo a lasciarci andare alla gravità, al battito eccessivo a quanto possiamo respirare naturalmente, quanto abbiamo bisogno di perdere lo sguardo a lungo, uscendo dagli schermi da cui siamo circondati e quanto abbiamo bisogno di stare con la testa sulle spalle, non caduta in avanti a guardarci i piedi verso il basso, ed è una grande pratica per trasformare la nostra vita in un cammino evolutivo”.
Poi anche il conduttore di meditazioni dinamiche si esprime a favore del camminare immersi dentro la natura per diversi motivi: “poter spaziare lo sguardo all’orizzonte è uno dei tanti, essere circondato da materia vivente pulsante che emette onde elettromagnetiche positive, essere fuori da una massa di entità umana, quindi non distratti da altri campi energetici che magari hanno le loro tensioni e i loro tribulamenti”.

Quante persone ho visto scendere dalla montagna in quei tempi!
Mi hanno detto che questa parte di mondo è attraversata da una guerra atroce e folle, come sono tutte le guerre. Gli umani hanno questo modo di relazionarsi fra loro in alcuni momenti che io non capisco.
In natura tutto è armonia, bellezza, equilibrio, non conosco la violenza da cui queste donne e uomini fuggono.
(Antonella Soldati, “Vecchio faggio e contalestorie”)

Camminare favorisce la meditazione perché “Quando la mente tace, il corpo medita.
La meditazione altro non è che la testa vuota, respiro pieno e la presenza del corpo. Arrivano le risposte, le idee: questo è meditare. Arriva anche la pace. Trovare delle risposte anche quando non arrivano”.
“Quando camminiamo corpo e mente – continua Guainazzi – vanno all’unisono, nessuno dei due ha il predominio sull’altro”.

Credit foto© Pixabay

“Per non stare male è necessario non perdere contatto con la natura: più stiamo lontani dalla natura, più rischiamo di stare male e di avere problemi.
Alcuni itinerari, come il Cammino di Santiago, rappresentano modalità per raggiungere la pace interiore”.
La contemplazione della meravigliosa bellezza del creato riesce a portarci oltre, non soltanto con il corpo, ma anche con la mente: “È la natura a portarci oltre perché in essa non ci sono spigoli, ma soltanto curve: è una continua ricerca dell’armonia, come fosse una danza continua, una ritmicità continua. È tutta una danza”.

Quando marciamo su un problema non calpestiamolo perché lo renderemo nostro nemico. Scivoliamo su di esso con immenso rispetto.
(Alejandro Jodorowsky)

I Cammini oggi sono diventati un tipo di vacanza slow molto in auge, forti di unire alla visita di luoghi meravigliosi, una ricerca spirituale.
Continua Guainazzi: “Alcuni Cammini oltre ad essere dei sentieri tracciati che la gente compie con già l’intento di guardarsi dentro, sono occasioni per pregare e meditare – oltretutto preghiera e meditazione sono molto simili perché con la meditazione, pensiamo ai mantra dell’Oriente e alla preghiera delle religioni occidentali, che è meditazione.
Quindi alcuni cammini sono intrisi di storia, di persone che percorrono insieme e si incontrano: è un camminare per camminare senza per forza raggiungere una meta, cosa importante per camminare meditando, non pensare che camminiamo per arrivare a un luogo, ma per camminare”.

Viaggiano i viandanti, viaggiano i perdenti più adatti ai mutamenti
Viaggia la polvere, viaggia il vento, viaggia l’acqua sorgente
Viaggiano i viandanti, viaggiano i perdenti più adatti ai mutamenti
Viaggia Sua Santità
Viaggiano ansie nuove e sempre nuove crudeltà
(Giovanni Lindo Ferretti, “In viaggio”)

I paesaggi suggestionano meditazioni perché – continua il counselor – il corpo si muove in un tutt’uno perché la camminata mette in moto tutte le parti del corpo, ma non serve pensarlo, come, per esempio, quando faccio una flessione. Con la camminata posso attivare il corpo e smettere di avere il controllo: avere il corpo in movimento e non avere il controllo su di esso porta allo stato meditativo”.

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Perdere la strada, riflettere, la pace sono insegnamenti che si possono trovare lungo il cammino? Cos’altro possiamo incontrare? Risponde Guainazzi:
“La cosa principale quando smettiamo di controllare il movimento è di uscire dalle tendenze paranoiche, da ansie e criticità dell’uomo contemporaneo, il cuore batte più forte, il fiato diventa corto, finiscono le preoccupazioni per il domani, la tristezza per il passato e rimpianto del presente.
Camminando impariamo a de-paranoizzarci perché qui siamo, qui saremo, non abbiamo controllo su quello che fa girare il mondo, con un po’ di umiltà faccio del mio, do amore a chi è intorno a me, mi occupo di qualcuno e poi tutto andrà avanti. La meditazione abbassa lo stress, migliora la vita e porta a fare cose migliori”.
Come succede alla “bella tartaruga” di Bruno Lauzi che, dopo essersi schiantata contro un muro, da siluro diventa lenta e finalmente trova la felicità nel buon cibo e in un tartarugo biondo.

E allora rallentò/ La tartaruga/ Da allora in poi/ Lascia che a correre pensiamo solo noi/ Perché quel giorno, poco più in là /Andando piano lei trovò/La felicità/Un bosco di carote/Un mare di gelato/Che lei correndo troppo non aveva mai guardato/E un biondo tartarugo corazzato/Che ha sposato un mese fa
(Bruno Lauzi / Pippo Baudo / Pippo Giuseppe Caruso, “La bella tartaruga”)

La meditazione dinamica bioenergetica

Per gentile concessione di Daniele Guainazzi

Successivamente con Guainazzi approfondiamo nel particolare la sua specialità di meditazione: la meditazione dinamica bioenergetica, disciplina a cavallo tra medicina, biologia e psicologia teorizzata e praticata da Alexander Lowen, secondo cui il corpo e la mente funzionano in modo simile. Così, nel corso della nostra vita, scriviamo nel corpo e nella mente, le emozioni, i sentimenti e i pensieri che nascono in noi in risposta a ciò che ci succede. Tuttavia la mente riesce a difendersi da ricordi dolorosi, dimenticandoli e perfino rimuovendoli, a differenza del corpo che può rimanerne segnato.

La bioenergetica favorisce il piacere nella vita. Un piacere inteso non in senso edonistico, ma come capacità di gioire del nostro essere nel mondo
(Alexander Lowen)

Guainazzi dinamizza le sue meditazioni anche con lo yoga, come ci spiega:“Conduco anche gruppi di yoga: lo yoga è la pratica che conduco maggiormente, seguendo i principi della psicosomatica e della bioenergetica, ossia uno yoga con il grounding, cioè il recupero della parte bassa a risvegliare piedi, gambe e bacino, fino ad aprire la voce. Lavoro con le emozioni, che è fondamentale per essere davvero meditativi e non artefatti, dobbiamo rientrare in contatto con le nostre emozioni, che non sempre sono quelle di amore, pace e bontà. Per esempio, la rabbia è un motore incredibile. La rabbia non è negativa, se non la scagliamo addosso a qualcuno”. E poi mobilita le sue meditazioni con la danza perché “la danza muove movimenti fortemente liberatori, e proprio per questo è introdotta in moltissime meditazioni dinamiche”.
In particolare, la meditazione dinamica bioenergetica lavora con emozioni, energie e respirazione, con la quale rilassiamo i muscoli alleviando tensioni e dolori. Entra più specificamente nella sua materia il counselor:“È una meditazione che consente di alzare le energie e aumentare anche in maniera meccanica la respirazione, che svolge un ruolo centrale in questa meditazione: tutte le nevrosi, tutti i traumi irrisolti vengono gestiti a livello somatico con dei blocchi respiratori, che rimangono nel tempo, eppure non ce ne rendiamo conto. Quindi, utilizzando il respiro e contraendo altre parti del corpo potremmo sostenere tutto quel che non abbiamo risolto, o che tratteniamo”.

Nella pratica bioenergetica svolge un ruolo centrale il respiro, che Guainazzi definisce una vera e propria “medicina” con effetti calmanti non soltanto sul cervello. Respirare correttamente svolge un ruolo fondamentale anche nel camminare e nel meditare. Come mai il respiro riveste un ruolo così importante in tutte queste attività? Il respiro deve guidare il ritmo dei passi e del cuore, mettere tutto in armonia. Spiega Guainazzi: “La nostra salute è legata al respiro: più respiriamo, più siamo carichi di energia. Non deve essere né un respiro meccanico né un’iperventilazione. Se lavorassimo sul respiro, potremmo fare a meno di tante medicine. Il respiro è come una danza che mette tutto quello che abbiamo dentro in armonia: mette in armonia movimento, pulsazione cardiaca,maree cerebrali. Se tutto venisse promosso e non controllato, avremmo un avanzamento enorme dal punto di vista della nostra rigenerazione, guarigione, felicità e leggerezza”.

Dio creò il respiro perché servisse da sottile legame tra il corpo e l’anima. Il segreto della coscienza cosmica è intimamente legato alla padronanza del respiro.
(Paramahansa Yogananda)

Secondo la pratica bioenergetica, la mente dimentica, a differenza del corpo. Come possiamo riconnettere corpo e mente con la meditazione? Risponde Guainazzi: “Contattando quei dolori corporei che abbiamo dentro, queste contratture ataviche, che ci hanno insegnato ad accantonare, invece dovremmo rientrare in quei dolori, andare a sentire quei dolori che abbiamo al collo, alla cervicale, al trapezio: sentirli, trasformarli e in quel modo andiamo a sbloccare il respiro, essere più spontanei, significa entrare nel dolore e viverlo per poterlo trasformare”.

Il miracolo non è
camminare sull’acqua
Il miracolo è
camminare sulla terra
verde del presente,
per apprezzare la
bellezza e la pace che
è ora a nostra disposizione
(Thích Nhăt – Hąnh)

Meditare mentre si cammina è un lavoro che ha come caratteristiche il contatto con il cielo e con la terra per acquisire consapevolezza del corpo. Nella meditazione c’è il contatto con il cielo, mentre nel cammino il contatto è con il suolo. Lo stato meditativo è spesso rappresentato in immagini con l’uomo seduto sulla terra a veder la luna e le stelle, quasi fossero fonti di ispirazione. Come unire cielo e terra?

In ogni momento in cui vogliamo meditare dovrebbero esserci tutti gli elementi, soprattutto aria e terra. Non possiamo mai pensare di non essere in contatto con la terra, che può esser tradotto con il lasciarsi andare alla forza di gravità che ci attrae sia da seduti, che mentre camminiamo; il contatto con il cielo permette all’aria di entrare ed uscire dal corpo, senza ostacolarla, ma facilitandola. E c’è un altro contatto fondamentale per stare bene: il contatto con l’altro, perché se ci pacifichiamo con il pensiero che l’altro non è un nemico, allora possiamo stare bene non soltanto nel nostro porto sicuro, dal quale non appena usciamo fuori nel mondo, viene ansia, panico, malattie psicosomatiche”.

Credit foto© Pexels

Camminare e meditare possono andare di pari passo, mentre inspirazione ed espirazione si associano ai nostri passi. Infatti, meditare mentre si cammina si adatta meglio allo stile di vita contemporaneo sempre di corsa.

Non correre sempre frettolosamente, impara a camminare lentamente, in silenzio, ammira e goditi i dettagli della vita e tutto ciò che sfuggirà agli altri, sarà tuo.
(Lailly Daolio)

Esiste oggi anche la meditazione camminata, che ci aiuta a praticare la consapevolezza, a migliorare la concentrazione e a essere più presenti e ricettivi nella vita quotidiana. La camminata meditativa deve essere lenta e concentrata.

Esistenza
Ritrovarmi in quest’ovale
con un legame vitale
in solitudine a volteggiare
con l’infinito aspettare
di qualcosa .
Sognare di poter camminare
in un nuoto perpetuo
di pensieri
intravedendo una luce bianca
La fine di tutto .
Uno schiocco
un pianto
(Pier Paolo Pasolini)

Guainazzi sottolinea che non soltanto la camminata meditativa è poco nota, ma pure pochi la praticano: “Consiste nell’attenzione a ogni passo, ossia ogni volta che alziamo un piede da terra per compiere un passo è una fiducia nella caduta in avanti, nel fatto che la gamba d’appoggio ci sorreggerà, nell’avere le ginocchia leggermente flesse e non dritte, come fossimo soldatini. Quando facciamo un passo dobbiamo promuovere perché sia una camminata buona, dobbiamo affrontare la gravità con tutta la colonna vertebrale affinché rimanga impilata una vertebra sopra l’altra, promuovendo il respiro. Quindi, sollevare il piede, cadere in avanti con un’inspirazione, tallone-punta-darsi la spinta-alzare l’alluce ed espirare, ed è un respiro d’impatto che ti dà armonia”.





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