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Salute

Glutine: disturbi correlati e rimedi alimentari

Di Marco Grilli - 13 Maggio 2016

Oggi che l’alimentazione e i vari tipi di dieta sono oggetto di larga attenzione e frequenti dibattiti, si parla molto anche di glutine, celiachia e del cosiddetto movimento “gluten-free”. Cerchiamo di capirne di più, per sapere come comportarsi e quali provvedimenti adottare.

Per glutine si intende il complesso proteico presente in alcuni cereali, quali frumento, segale, orzo, avena, farro, spelta, kamut, triticale. Oltre a trovarsi naturalmente in tali cibi, da tempo è largamente utilizzato dall’industria alimentare come legante per gli ingredienti, al fine anche di rendere più elastici, soffici e compatti buona parte dei prodotti da forno. Se dunque il glutine ha permesso di differenziare e variare la nostra dieta, d’altro canto in tempi piuttosto recenti sono state scoperte le forme di intolleranza a questa proteina collante dei cereali, che possiamo distinguere in celiachia, allergia al grano e sensibilità al glutine non celiaca.

La normativa italiana sull’etichettatura dei prodotti alimentari per gli allergeni prevede anche l’indicazione del glutine e degli ingredienti contenenti glutine. Per evitare la contaminazione da parte di questo complesso proteico bisogna infatti prestare attenzione anche al processo di lavorazione e cottura degli alimenti. Dal 2005 quelli che non contengono glutine devono essere contrassegnati con il simbolo della spiga di grano sbarrata, che assicura agli intolleranti la certezza di consumare un prodotto sicuro. L’uso del sigillo è soggetto a severi regolamenti e può essere utilizzato solo per quegli alimenti il cui contenuto di glutine è di massimo 20 milligrammi per chilogrammo. Come avrete potuto facilmente appurare, per fortuna oggi i cibi privi di glutine sono largamente diffusi in supermercati, farmacie e negozi di prodotti dietetici, per un assortimento ampio e di alta qualità. Si possono così ritrovare pasta, pane e prodotti da forno adatti anche ai celiaci, seppur purtroppo a prezzi più alti.

Per venire incontro alle esigenze degli intolleranti, il Servizio sanitario nazionale dà la possibilità ai celiaci di ottenere gratuitamente alimenti privi di glutine con vari tetti di spesa mensili, che variano da 45 a 150 euro a seconda del sesso e dell’età dei pazienti. Sono poi le Regioni a stabilire le modalità del ritiro dei prodotti, ossia se solo in farmacia o anche in altri esercizi commerciali. La questione è sempre più sentita e perfino i ristoratori si stanno attivando per accogliere nelle loro sale gli intolleranti a questo complesso proteico, tanto che nei menù compaiono sempre più frequentemente i piatti privi di glutine.

Il gruppo Dr. Schär, leader europeo nell’alimentazione senza glutine, impegnato da tempo nella creazione di una catena di ristoranti e pizzerie specializzati in cibi privi di glutine nel Bel Paese, offre anche un servizio speciale con il claim “Glutenfree Roads” (www.glutenfreeroads.com), ovvero un elenco internazionale di ristoranti e negozi che offrono prodotti e piatti privi di glutine. Nuove opportunità per chi soffre di intolleranze alimentari come la celiachia e si trova fuori casa o all’estero.

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Vediamo ora più nel dettaglio le tre categorie in cui si distinguono i disturbi correlati al glutine. Partiamo con quello più grave, la celiachia, che si configura come intolleranza permanente del sistema immunitario a questa sostanza proteica collante, tipica di alcuni cereali. In Italia ne soffre una persona su 100, ma oltre ai 165mila soggetti diagnosticati si stima un numero sommerso di 44mila individui circa. La frazione proteica responsabile dell’effetto tossico per il celiaco è la prolamina. Negli individui geneticamente predisposti, l’assunzione di alimenti contenenti glutine (o sue tracce) induce una reazione immunitaria anomala dell’intestino tenue. Ne consegue un’infiammazione cronica e la regressione dei villi intestinali (atrofia), con l’impossibilità parziale o totale di assorbire dagli alimenti le sostanze nutritive essenziali.

Esistono tre differenti forme di celiachia (tipica, atipica e silenze), tutte associate ad un danneggiamento della mucosa intestinale. Chi ne soffre giunge in generale a uno stato di malnutrizione e carenze nutrizionali, mentre i sintomi più diffusi sono: dolori addominali, diarrea, mal di testa, dolori articolari, perdita di peso, stanchezza, mancanza di appetito e vomito. Quale patologia autoimmune complessa causata da fattori ereditari e ambientali, vi gioca un ruolo notevole la componente ereditaria, come dimostrato dalla ricorrenza familiare di questo disturbo, circa dieci volte più comune nei parenti di primo grado rispetto alla popolazione generale. La celiachia si manifesta spesso dopo lo svezzamento ma può colpire a tutte le età: nel caso non fosse diagnosticata, potrebbe causare problemi alla crescita e allo sviluppo. Per quanto riguarda la diagnosi, in prima battuta sono necessari gli esami del sangue, a cui seguirà una biopsia dell’intestino tenue (prelievo del tessuto) per la conferma definitiva. L’unica cura consiste in una dieta priva di glutine, rigorosa e a vita, prescritta dal gastroenterologo. Nessun farmaco dunque, perché questo tipo di alimentazione porta spesso a un rapido miglioramento, con la mucosa intestinale che inizia a rigenerarsi.

Un altro disturbo è l’allergia al grano, definita come una reazione avversa su base immunologica alle proteine del frumento. In Italia ne è affetta una persona su mille, mentre i sintomi interessano soprattutto la pelle e le vie respiratorie. Negli adulti si manifesta più raramente, poiché l’allergia tende in genere a regredire con la pubertà. Per diagnosticarla sono efficaci dei test allergologici specifici: in ogni caso l’agente scatenante, l’allergene, deve essere eliminato dalla dieta.

Vi è infine una terza problematica, definita come sensibilità al glutine non celiaca, che pare essere transitoria. Si tratta di una condizione di reazione all’introduzione di glutine nella dieta, non ascrivibile né all’allergia al grano né alla celiachia. Sembra addirittura che sia più diffusa di quest’ultima, presentandosi con sintomi quali: dolori addominali, articolari e muscolari, gonfiore, diarrea, vomito, mal di testa, stanchezza, difficoltà di concentrazione, formicolio delle articolazioni. In attesa di un marker diagnostico, la diagnosi si basa sull’esclusione della altre patologie glutine-correlate (celiachia e allergia al grano). Il sospetto può ottenere una conferma quando l’adozione di una dieta priva di glutine comporta l’attenuazione del disturbo. Anche in questo caso l’alimentazione gluten-free costituisce la vera e unica cura.

Se tali restrizioni alimentari risultano utili per chi è affetto dalle patologie glutine-correlate, il resto della popolazione non ha nessun motivo scientificamente valido per privarsi di questo complesso proteico tanto diffuso. Certo è che consumarlo in modo eccessivo ogni giorno non fa bene e quindi vi consigliamo di variare spesso i cereali in modo da sceglierne senza e con glutine, possibilmente biologici e integrali. Sono tantissimi i cereali che possiamo introdurre nella nostra alimentazione (quinoa, amaranto, grano saraceno e via dicendo) e per una sana e bilanciata dieta, settimanalmente bisognerebbe mangiarli tutti.

Meglio comunque non improvvisare e affidarsi ad esperti di alimentazione che ci possono consigliare e supportare.

In conclusione, segnaliamo che nel mese di maggio l’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi) terrà consulenze personalizzate e gratuite sul tema del glutine in 400 farmacie in tutta Italia. Un’occasione da non perdere per saperne di più.

Marco Grilli





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