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Dien Chan: dal Vietnam, una tecnica di riflessologia facciale per guarire e guarirsi

Di Redazione - 22 Febbraio 2016

Sono molte le tecniche di guarigione fra cui è possibile scegliere ogni giorno per recuperare il proprio benessere e la consapevolezza di sé, attraverso l’uso di strumenti in apparenza semplici: il tocco di una mano, il colore di un cristallo, una asana di yoga che fa tornare il nostro corpo a respirare dopo una giornata di chiusura. L’approccio olistico alla guarigione è sempre più diffuso. Vi è sempre una maggior consapevolezza della necessità di andare oltre il sintomo, riconoscendolo come la manifestazione di un disagio, di un disequilibrio, per risolvere in profondità dinamiche spesso legate al mondo affettivo ed emozionale.

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Una tecnica molto valida, importata recentemente nel nostro Paese ma non ancora molto conosciuta, è quella del Dien Chan, che permette di ottenere risultati praticamente immediati e soprattutto evidenti. E’ un tipo di riflessologia facciale che non si propone solo come trattamento verso l’altro, ma promuove un ideale importante di autoguarigione; è ben risaputo, infatti, che siamo in prima persona i migliori medici di noi stessi, se impariamo ad ascoltarci e se impariamo come muoverci.

Il Dien Chan nasce, come tutte le soluzioni realmente efficaci, in risposta ad un’esigenza. In questo caso, la necessità era quella di un medico vietnamita di alleviare le pene dei cosiddetti “malati di serie C”, negli anni in cui si combatteva la guerra in Vietnam, gli ultimi decenni del 1900. Questi malati “declassati” non erano solamente i più anziani, ma tutti gli individui considerati ormai senza speranze o aspettative di miglioramento, a cui non era riservato il privilegio di poter assumere farmaci o medicinali. Ricercando un approccio alternativo di supporto al malato, che non prevedesse questo tipo di soluzioni tradizionali, il Professor Bui Quoc Chau e la sua equipe ebbero l’intuizione di considerare la superficie del volto come una vera e propria mappa del corpo, sfruttando l’input e gli strumenti di base della millenaria tecnica orientale dell’agopuntura. Il medico ed il suo team arrivarono ad individuare 600 punti riflessi degli organi, dei meridiani e delle loro interazioni che rappresentano il corpo nella sua totalità. Attualmente questi punti sono stati ridotti a qualche decina per facilitarne il riconoscimento e dunque l’utilizzo.

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Attraverso la stimolazione di questi punti specifici del volto, con l’aiuto di strumenti tanto semplici quanto precisi come un cerca punti (che potrebbe essere sostituito con qualsiasi strumento casalingo dotato di una punta sottile e arrotondata), l’operatore di Dien Chan è in grado di sbloccare tensioni nel corpo fisico ed emozionale che causano insofferenza, fastidio o dolore.

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Esistono procedure quotidiane di prevenzione e auto-coscienza per l’auto trattamento e sequenze di stimolazione definite da replicare per alleviare il dolore causato dai più svariati tipi di problematica fisica ed emozionale. Non solo mal di testa, mal di stomaco, mal di schiena, ansia e stress; può essere usato come soluzione complementare a tecniche tradizionali in casi più gravi di ambito traumatologico (dopo incidenti, trombosi, ictus etc) o patologie degenerative, per velocizzare la guarigione e donare sollievo alla persona che si sottopone al trattamento.

Il Dien Chan, risponde quindi al medesimo approccio di altri tipi di riflessologia, come quella plantare per esempio, rivelandosi altrettanto efficace. In Italia esistono due tipologie di accademie, quella di Brescia che rispetta fedelmente il metodo tradizionale condiviso da Bui Quoc Chau nella sua integrità, e quella di Milano, che ha reinterpretato la tecnica attraverso una stimolazione del viso che avviene combinando gli strumenti di lavoro con un più elaborato massaggio regalato dalle mani dell’operatore.

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Uno dei principi fondamentali sostenuti dal fondatore della tecnica è la possibilità che in ogni famiglia, vista come una piccola comunità, si possa radicare la presenza di un operatore Dien Chan, perché chiunque può esserlo. Fornire supporto a se stessi e agli altri è un viaggio alla scoperta di una nuova percezione e di una rinnovata sensibilità nell’analizzare gli stimoli che il nostro corpo ci invia nell’unico modo che ha per richiamare la nostra attenzione, cioè scatenando un dolore. Distraendoci dalle faccende quotidiane, scuote la mente sempre troppo concentrata a guardare all’esterno, ai problemi che ci circondano, obbligandoci a volgere lo sguardo dentro di noi per osservare oltre il dolore fisico ed accoglierne il suo significato più profondo.

Il Dien Chan, dunque, sostiene l’importanza di divulgare una maggior consapevolezza del benessere come dimensione individuale e individuabile per mezzo di un semplice quanto spesso sottovalutato “prendersi cura di sé”.

Di Chiara Pasin





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