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Bambini cresciuti dagli animali: vi sveliamo il mondo nascosto degli Enfant Sauvage

Di Giordana - 22 Novembre 2013


Gli Enfant Sauvage o Feral Child , sono i ragazzi o bambini “selvaggi”, dove con questo termine si intendono quei neonati, bambini e ragazzi che sono stati abbandonati nella giungla o in altre situazioni di natura estrema e che sono cresciuti senza alcun contatto con l’essere umano, ma adottati da animali.
Questo mondo nascosto si snoda all’ombra di zone poco conosciute e selvagge dove troppo spesso l’essere umano e gli animali sono al centro di un conflitto che vede l’uomo come unico vincitore e racchiude un tesoro silenzioso e prezioso: il segreto dell’accudimento e della cura, la forza vitale ed il riconoscimento del cucciolo, di qualsiasi specie esso sia. E’ un mondo fatto di tenerezza segreta e di durezza al tempo stesso, di amore dato e ricevuto tra esseri così apparentemente diversi, uniti da quello che unisce tutto l’universo, il desiderio di essere amati così per quello che siamo, come è giusto che sia, come sempre dovrebbe essere in qualsiasi mondo possibile.

I casi documentati di Enfant Sauvage sono 77 (vedi: Anima e Corpo. I ragazzi selvaggi alle origini della conoscenza, Anna Ludovico) ed ognuno è uno spunto per studiare il linguaggio, verbale e non verbale, la relazione tra le specie, la sorprendente capacita di cura degli animali. Tante sono le specie animali che hanno adottato esseri umani: lupi, antica è la storia di Romolo e Remo, orsi, scimmie, gazzelle ed è conosciuto persino il caso di una femmina di leopardo. Qui voglio raccontarvi due storie, una triste, l’altra delicata e, in fondo, misteriosa.
Nel 1920, in India, furono ritrovate due bambine-lupo, alle quali fu poi dato il nome di Amala e Kamala, la più piccola aveva circa un anno e la più grande era intorno agli otto anni di età. Amala e Kamala vennero trovate in una tana di lupi e pur di catturarle uccisero l’intero branco che le difese fino alla fine a costo della vita stessa. Al momento della cattura le due bambine camminavano a quattro zampe muovendosi sulle mani aperte e sulle ginocchia piegate, vedevano benissimo al buio e usavano l’olfatto ben oltre le abituali capacità umane.
La più piccola delle due, Amala, morirà undici mesi dopo la cattura, probabilmente a causa di parassiti intestinali contratti a seguito della dieta esclusivamente carnivora a cui si era abituata durante la sua convivenza con i lupi. Kamala, invece, vivrà nove anni con il reverendo Singh e sua moglie; fu proprio lei, la signora Singh, ad occuparsi prevalentemente di Kamala, dalla cattura fino alla morte della piccola avvenuta negli ultimi mesi del 1929. Nonostante la “bambina-lupo” non abbia mai imparato a parlare, la signora Singh era riuscita, con pazienza ed affetto, ad instaurare con lei una profonda relazione fatta di cure. Kamala pronunciò la prima delle sue poche parole al rientro della signora Singh, dopo un periodo di assenza di quest’ultima, per manifestare la gioia nel rivederla.
La seconda storia è quella di un “bambino-gazzella”, scoperto ed osservato nel Sahara Spagnolo, nel 1960, dallo studioso francese Jean Claude Armen. Questo caso è diverso da tutti gli altri perché per la prima volta possiamo parlare di osservazione invece che di cattura; infatti, il ragazzo non fu tolto dal suo ambiente d’adozione, ma semplicemente osservato in libertà. Armen non sembra avere avuto difficoltà ad individuare la mamma-gazzella, descrive con chiarezza il particolare e frequente scambio di effusioni che avveniva tra il ragazzo ed una delle gazzelle più anziane. Tre anni dopo, Armen tornò nel Sahara Spagnolo e andò nuovamente in cerca del ragazzo, ritrovandolo. Era cresciuto e in buona salute; osservandolo ancora appurò che era perfettamente inserito all’interno della struttura socio-comunicativa del branco di gazzelle e perfettamente in grado sia di capire i segnali che gli sono indirizzati, sia di indirizzarli a sua volta in modo efficace.
Una sola morale per queste storie: l’amore è l’unica via.





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