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Vino Vegano: ecco perchè preferirlo a quello tradizionale!

Di Stefania Rossini - 30 Marzo 2015

In Italia sempre più persone sono sensibili a ciò che introducono nel loro organismo, a dove provengono gli alimenti e all’etica vegan.
Lo sapevate però che il vino tradizionale spesso contiene colla di pesce e albumina?
Ne parliamo con Michela Muratori produttrice di vino vegano presso l’Arcipelago Muratori.

1) Ciao Michela, ci spieghi cos’è l'”Arcipelago”?

Arcipelago è la nostra idea di viticoltura, per noi il vino è paesaggio liquido quando rispetta anche l’ambiente ed il territorio. Nasciamo nel 1999, quando mio papà e i suoi fratelli conoscono Francesco Iacono allora ricercatore all’Istituto di San Michele all’Adige a Trento. Francesco immaginava i suoli prima e il vino di conseguenza, da questo pensiero nasce l’idea di quattro cantine diverse in quattro zone differenti d’Italia. Ciascuna tenuta possiede vigneti di proprietà ed è per noi è “un’isola” diversa pensata per produrre una sola tipologia di vino, quella in grado di rappresentare meglio quello specifico territorio. Siamo in Franciacorta, dove abbiamo le nostre origini famigliari dove nasce la Tenuta Villa Crespia destinata a produrre solo Franciacorta, quello che è oggi lo spumante metodo classico italiano più riconosciuto. La seconda “isola” è pensata per produrre solo vini rossi ed è in Maremma Toscana a Suvereto: la Tenuta Rubbia al Colle. Poi siamo in Campania nel Sannio beneventano con la Tenuta Oppida Aminea dove produciamo solo “vini gialli” come ci piace chiamare i nostri bianchi da uve native campane, Fiano, Greco, Falanghina e Coda di Volpe. Infine siamo con una tenuta di 4 ettari sull’Isola d’Ischia dove produciamo il nostro Passito Secco da Uve Surmature, la Tenuta ed il vino si chiamano entrambi Giardini Arimei, Ischia è effettivamente l’unica vera isola dell’Arcipelago!

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2) Il vostro vino è Vegano? Gli altri vini quindi hanno degli ingredienti di origine animali all’interno?

Sì in effetti il vino può contenere ingredienti di origine animale derivanti da pratiche enologiche che ne fanno uso. Partiamo dall’inizio, una volta raccolte le uve arrivano in cantina dove avviene la fermentazione alcolica. La fermentazione alcolica consiste nella trasformazione degli zuccheri presenti naturalmente nell’uva in alcol e anidride carbonica, tramite l’aggiunta di lieviti selezionati o indigeni, nasce così il vino. Dopo la fermentazione però seguono una serie di pratiche enologiche di cantina che servono a rendere il vino limpido e senza depositi. La chiarifica è una di queste pratiche, tra l’altro tra le più anticamente utilizzate nella produzione del vino. La chiarifica può impiegare composti di origine animale.

3) Ci spieghi in cosa consiste la chiarifica?

Questa operazione consiste nell’aggiunta di una sostanza chiarificante che causa nel vino la formazione di minutissimi flocculi che via via ingrandiscono e precipitano sul fondo del contenitore. La parte del liquido sopra il deposito precipitato risulta perfettamente limpida e viene separata dal torbido per semplice travaso. Le sostanze chiarificanti possono essere di origine minerale o organica. L’aspetto non-vegano di questa pratica enologica riguarda appunto l’utilizzo di sostanze organiche quali albumina d’uovo, gelatina, sieroalbumina, caseina ecc. L’albumina d’uovo, ad esempio, è un ottimo chiarificante per i vini rossi, mentre per i bianchi si usa la caseina, ricavata dal latte.

chiarificazione-vino

4) Come riuscite a non effettuare l’operazione di chiarifica?

Ci riusciamo grazie alla sanità delle nostre uve!

Dopo la fermentazione alcolica, in cantina non facciamo praticamente nulla ai nostri vini se non eseguirne il controllo termico. Non aggiungiamo lieviti selezionati, non usiamo solforosa, escludiamo l’uso di ogni allergene, non chiarifichiamo e non filtriamo.

Questo è possibile solo perché l’uva viene da un tipo di viticoltura (che noi chiamiamo Simbiotica) che arricchisce i grappoli di polifenoli che rendono le viti più resistenti alle malattie: in vigna portiamo variabilità su terreno e foglie tramite la distribuzione di consorzi microbiologici chiamati micorrize, altri tipi di funghi, batteri, lieviti ecc. Questo ci consente di ridurre progressivamente l’uso di ogni sostanza di sintesi in vigna. La micorrizzazione dei nostri vigneti parte già nel 1999 quando abbiamo impiantato le vigne. Tutti suoli delle nostre vigne godono di questa nuovo tipo di agronomia ma su solo 40 di essi (il 30% circa) distribuiamo alcuni consorzi microbiologici anche sulle foglie (6 in Franciacorta, 28 a Suvereto e 6 nel Sannio). La Viticoltura Simbiotica nasce dalla collaborazione con il Centro Nazionale Ricerche di Pisa che certifica ogni anno la percentuale maggiore di polifenoli naturalmente presenti nelle foglie e nelle uve delle nostre vigne oltre che nei vini.

viticoltura-simbiotica

5) Che ruolo ha il suolo nelle vostre vigne?

Il suolo è tutto, “Simbiotico” vuol dire ribaltare il ragionamento: spostare l’attenzione da fusto e foglie e pensare che il “cervello della pianta” siano le sue radici, da qui l’importanza fondamentale del suolo.

Parliamo oggi di suoli “doppati” dalla viticoltura intensiva degli ultimi anni, quando l’agronomia era rivolta quasi esclusivamente alla produttività delle colture e non alla fertilità della terra. Il suolo era considerato una risorsa inesauribile ma oggi ci stiamo accorgendo che molti dei fenomeni di degrado che constatiamo sono il risultato di poca lungimiranza. La terra oltre a parlarci direttamente ci parla anche attraverso le nostre coltivazione e nel nostro caso le vigne: su suoli ricchi di fertilità naturale esse crescono sane e rigogliose, sempre più immuni e resistenti alle malattie. Avendo cura del suolo, in definitiva, ci siamo accorti che avviamo un circolo virtuoso che porta alla sostenibilità e alla salubrità.

La viticoltura simbiotica parte dal concetto di bosco, un bosco è vivo, c’è biodiversità, si autosostenta ed alimenta in maniera autonoma senza necessità di interventi chimici. Il nostro tentativo è quello di riportare i suoli ad uno stadio “pre-antropico”, pre-trattamento intensivo. I consorzi microbiologici, composti da una grande varietà di funghi, batteri e lieviti, iniziano ad essere utilizzati in agricoltura in genere e non solo nella coltivazione dell’uva. Insieme a noi anche qualche produttore di pomodori, insalata, frumento e mais li ha iniziati a usare. Se distribuiti sulle radici della pianta sono in grado di svilupparne l’apparato radicale anche di 400-700 volte. Di conseguenza le radici sviluppano un network di relazioni in simbiosi con tutto cioè che sta loro attorno: radici di altre piante, microorganismi del suolo, insetti, lombrichi. Si sviluppa quindi un universo di relazione in grado di arricchire enormemente il suolo e le piante, rendendoli entrambi più forte e resistente ad ogni tipo di attacco.

vigne

6) La biodiversità del suolo: parlaci di questo bellissimo mondo!

In effetti Simbiotico significa soprattutto biodiversità del suolo. I suoli “simbiotici” si arricchiscono in pochi anni di biodiversità animale e vegetale: lombrichi, ragni, insetti terricoli ma anche specie vegetali considerate un tempo malerbe diventano importanti per ricreare equilibrio ecologico. Più un suolo ed un ecosistema agricolo è ricco e variabile e più ci informa del suo stato di buona salute. Questo tipo di agricoltura, apparentemente innovativa, parte dalla tradizione agronomica più antica che vedeva nella semina di specie erbacee molto differenziate la possibilità di nona vere mai suolo nudo ma sempre coperto e ricco di sostanza organica. Questa pratica, chiamata sovescio perché prevede l’interramento della massa vegetale una volta giunta a maturazione, noi l’abbiamo riutilizzata per distribuire contemporaneamente anche i consorzi microbiologici. Specie vegetali ricche e variabili costituiscono un biota sano e durevole in vigna, i microrganismi colonizzano nuovamente i suolo creando il microbiota di cui ci eravamo completamente scordati negli anni della “chimica”.

7) Quali sono i vostri vini simbiotici?

Sono tre: un Franciacorta Brut (Chardonnay in purezza) della Tenuta Villa Crespia, un Sangiovese in purezza da Suvereto (Toscana IGT Rosso) della Tenuta Rubbia al Colle ed un Fiano in prevalenza della Tenuta beneventana Oppida Aminea (Campania IGT Bianco). Li raccontiamo sul nostro blog.

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8) Ma c’è differenza tra uva bianca ed uva rossa?

Certo, sappiamo che la polpa all’interno dell’acido è sempre bianca, è la buccia dell’uva che è colorata e che cede la struttura e le caratteristiche personali di ciascun vino.

Dal punto di vista della vinificazione, lavorare uve a bacca bianca (noi preferiamo definirla gialla) è più difficile perché sono più delicate e maggiormente soggette ad ossidazione ed è questo il motivo per cui la nostra esperienza di vini simbiotici parte in Toscana con l’uva rossa (il Sangiovese) e solo da due anni siamo in commercio il Franciacorta e il Giallo del Sannio Beneventano appunto. Nei vini simbiotici, oltre a non utilizzare coadiuvanti di origine animale non utilizziamo neanche solforosa e quella presente in bottiglia è solo quella naturalmente prodotta dal vino durante la fermentazione.

9) Il packaging? Un’occhio di riguardo anche in quello?

Assolutamente sì. Simbiotico per noi vuol dire sostenibilità a 360 gradi che si concretizza anche nell’eliminazione di tutti gli sprechi di confezionamento, cioè non applichiamo capsule (se non sul Franciacorta perché obbligatorio per legge), le etichette ed i cartoni derivano da carta riciclata ed in più l’energia utilizzata nella filiera enologica proviene dal sole. Infatti le nostre cantine si autoalimentano energeticamente tramite impianti di pannelli fotovoltaici integrati scrupolosamente nel paesaggio.

10) Avete avuto riconoscimenti per tutto il vostro lavoro?

Il più bel riconoscimento di cui andiamo orgogliosi arriva dal Texas con il nostro giallo campano Simbiotico. Abbiamo ottenuto la medaglia di bronzo al BRIT 2014, l’unico concorso al mondo dedicato alla sostenibilità della vigna nel bicchiere. Lo raccontiamo sul nostro Blog.

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11) E se qualcuno volesse assaggiare i vostri vini dove li può trovare?

Il Simbiotico rappresenta per noi un’idea, una strada da percorrere ed implementare e riguarda ancora una produzione davvero molto limitata. Il sogno un giorno è che tutti i 150 ettari delle Tenute dell’Arcipelago siano gestiti con viticoltura simbiotica. Oggi il progetto lo diremmo ancora in fase di start-up con risultati davvero soddisfacenti dal punto di vista qualitativo, ma ancora limitati nel numero di bottiglie prodotte. Per questo motivo i vini Simbiotici si possono trovare in giro per l’Italia e nel mondo ma il modo più sicuro per riceverne a casa qualche bottiglia è contattarci direttamente in cantina allo 030-7451051 oppure scrivendo a ufficio.commerciale@arcipelagomuratori.it

Stefania Rossini

natural-mente-stefy.blogspot.com



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