Psicologia

Viviamo in una società che vuole mettere a tacere l’istinto materno

Di Educatrice Manuela Griso - 10 Maggio 2023

Il bambino chiama la mamma e domanda: “Da dove sono venuto? Dove mi hai raccolto?”.
La mamma ascolta, piange e sorride mentre stringe al petto il suo bambino: “Eri un desiderio dentro al cuore.
(Rabindranath Tagore)

Ai tempi di mia nonna, la nascita di un figlio veniva vissuta con l’appoggio dell’intera comunità femminile. Ci si raccoglieva nella casa dove era avvenuta la nascita, si preparavano pasti, si puliva, si permetteva alla neomamma di riposare dalle cure del neonato, si portava la propria compagnia, si donava sostegno. In una parola: ci si prendeva “CURA”. Della mamma, del bambino, della casa, del marito e degli altri figli se già c’erano. Tutto era incentrato sulla cura della famiglia, al fine di permettere un Ben-Essere di cui tutti potessero beneficiare.

Oggi si è già fortunati se si hanno la mamma e la suocera che offrono aiuto e comprensione. La verità è che le mamme di oggi soffrono di solitudine. Sono perennemente giudicate, messe sotto processo, investite di angosce, aspettative, ansie da chiunque possieda l’uso della parola. Non c’è coscienza, pensiero antecedente, vengono solamente ubriacate di insegnamenti e consigli non richiesti. L’istinto materno, quello secondo cui ogni mamma sa cos’è meglio per il proprio bambino, viene completamente sommerso da idee altrui, messo in discussione e fatto tacere. Di conseguenza le mamme si ritrovano a dubitare del loro istinto, ad affidarsi agli altri, senza trovare un sostegno adeguato e soprattutto senza supporto nel portare avanti la decisione presa.

“Quante ore trascorse con un bimbo tra le braccia.
Cullando, nutrendo, proteggendo il suo riposo.
Agli occhi del mondo sei ferma, a riposo, improduttiva.
E invece no.
Invece stai facendo tanto, tantissimo. Tutto il necessario.
Perché sei la mamma di un bambino piccolo che ha bisogno di quel contatto, che ha bisogno di abbracci e vicinanza per sopravvivere, per crescere, per essere felice.
Ci sono tante cose da fare?
Sì, è vero.
Ma quella che stai facendo tu adesso con il tuo bimbo tra le braccia è la più urgente, la più fondamentale.
La nostra società ha coltivato per anni lo stereotipo della mamma efficiente che tiene ordinata la casa, prepara buoni pranzetti e si preoccupa del suo aspetto. Anche se ha un bambino piccolo.
E quando questo non accade (ovvero nella maggior dei casi) arrivano i commenti o addirittura le critiche :
Eh ma tu sei a casa!
Ma cosa fai tutto il giorno?
Frasi pronunciate così per dire che possono fare molto male. Che possono alimentare dubbi o sensi di inadeguatezza.
Ma attenzione, è tutto sbagliato. Chi parla così non sa o non ricorda cosa significa accudire un bambino piccolo.
Cosa faccio tutto il giorno?
Mi prendo cura del mio bambino, giorno e notte, praticamente senza sosta.
Accolgo i suoi bisogni fisici ed emotivi, garantisco il suo benessere (prima ancora la sua sopravvivenza), favorisco la sua crescita e il suo sviluppo psico-fisico.
Ci metto tutto il mio impegno, le mie risorse, le mie energie.
Non c’è lavoro che richiede altrettanta dedizione, né responsabilità altrettanto grande, importante, totalizzante.
Mi prendo cura del mio bambino. E ho detto tutto.”
Dal libro “Scusate ma la mamma sono io” di Giorgia Cozza

Quando una donna diventa madre

Quando si diventa mamme si dovrebbe entrare in un tempo sacro, fatto di conoscenza con il proprio bambino, già attraverso la pancia; un tempo fatto di suoni, di movimenti, di colori, di gesti che contraddistinguono il “nostro” essere mamme. Si resta invece intrappolate in una società giudicante che, comunque fai, sbagli. Si viene catapultati in un mondo pesante, che schiaccia i genitori e soprattutto la neomamma.

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La mamma lavoratrice viene tacciata di non essere una buona mamma perché lascia suo figlio alle cure di altri, perciò è egoista; la mamma casalinga è considerata una mamma troppo pressante e una donna “mantenuta”; la mamma ansiosa è sbagliata; la mamma che lascia sperimentare il suo bambino viene accusata di crescere un selvaggio.

Tutte le mamme vengono costantemente incolpate, sminuite, colpite duramente, umiliate. Perché? Qual è lo scopo della gogna a cui vengono sottoposte? La società è forse migliore con questo tipo di pensiero? Sminuire loro fa salire più in alto chi le giudica? La società del giudizio, della condanna, della diffamazione pubblica. I virus da tastiera, protetti dallo schermo, si espandono a macchia d’olio infettando l’intero sistema educante. Già, perchè con l’avvento dei social network è molto più facile apporre etichette, svelare al mondo chi è l’altro, il nemico. Vedo donne e uomini scannerizzare senza timore la vita di un altro e montare il caso mediatico, invocare la gogna pubblica, per una rivalsa che lascia solo l’amaro in bocca. Le più colpite sono proprio le mamme che purtroppo non godono di nessuna immunità.

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Ma le mamme vanno protette, comprese e ascoltate. Vanno sostenute, va ri-creato quel circuito di mutuo aiuto al femminile, di COMUNITA’ che è andato perso, ma è prezioso. Prezioso non solo per le donne e i bambini, ma anche per gli uomini, i compagni, i mariti delle donne/madri, perché attraverso questo inestimabile contributo di umanità, tanti fattori di rischio di alcune patologie verrebbero meno, con beneficio dell’intera famiglia. Spesso anche il compagno più attento non può sostenere l’intero nucleo, c’è bisogno di un supporto esterno, che restituisca alla donna la sua giusta dignità, il suo giusto modo di essere mamma, che la accompagni in questo cammino di conoscenza senza giudizio, ma con compassionevole sostegno. Per non inciampare in quella solitudine nascosta, che si trasforma poi in tristezza, per diventare depressione, serve la comunità intera. Abbassiamo le armi contro coloro che ci danno la vita.

Siamo nati dall’amore; l’amore è nostra madre.
(Gialal al-Din Rumi)

Uomini e donne, indistintamente, vengono generati e amati e gli stessi poi si trasformano spesso in beffardi giudici della donna/madre, senza considerare che da loro sono stati creati. Abbiamo il dovere di guardare ogni mamma con occhi gentili, delicati, comprensivi e non giudicanti. Ci sono spesso spiegazioni, incomprensioni, memorie che non conosciamo, che condizionano comportamenti, azioni e pensieri. Poniamoci in ascolto. Restiamo in silenzio, a braccia aperte, con le mani tese, ad attendere che lei si fidi, che ci lasci un pezzetto di sé da raccogliere, rivestire di buoni pensieri e restituire. Rendiamoci presenza. Creiamo comunità. Eliminiamo il senso di colpa, l’inadeguatezza, l’incapacità di chiedere aiuto, il giudizio.

Le mamme crescono figli, fanno girare il mondo, guidano battaglie, accolgono, amano, comprendono. Si fanno piccole e grandi, a misura di bambino. Dobbiamo essere mamme per le mamme. Ma anche papà per le mamme. Donne e uomini per le mamme. Perché senza di loro, non esisteremmo nemmeno noi. Ricordarlo fa bene al cuore e alla consapevolezza, sostenendo loro stiamo contribuendo a creare un mondo migliore.

Cerchiamo allora di dare attenzione e importanza all’istinto materno che tutto sa, e non a denigrarlo, sottovalutarlo, rifiutarlo. Le mamme si sentono sole perché non possono più ascoltare e seguire la loro voce interiore, non possono più fare le mamme.

La madre è sublime perché è tutta istinto. L’istinto materno è divinamente animale. La madre non è donna, ma femmina.
(Victor Hugo)

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Educatrice Manuela Griso

Associazione Culturale A Piccoli Passi Si Cresce





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