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Psicologia

Quando muoiono i genitori un pezzo in più di te è dall'altra parte del filo

Di Educatrice Manuela Griso - 3 Ottobre 2017

Una delle più grandi paure comune agli esseri umani è la morte. Se si tratta poi della morte dei propri genitori è addirittura devastante. Coloro che sono per noi amore, protezione, donatori di fiducia illimitata, vengono a mancare e il nostro mondo interiore crolla in un istante. Se vissuto nell’infanzia, un dolore del genere è in grado di modificarci addirittura geneticamente, pensate alla potenza distruttiva che può avere. E’ un vuoto che si insinua nell’inconscio e ci porta a pensieri di solitudine profonda, di colpa, di inadeguatezza.

“La mancanza di attenzione spinge il bambino a credere di non essere importante nè per i suoi genitori nè per nessun altro. La consapevolezza del valore della sua persona invece è un nucleo vitale, che dà forza al bambino. E’ infatti un impulso da cui dipende in modo imprescindibile lo sviluppo dell’intelligenza e a cui è legata quella gioia fanciullesca che sembra appartenere a tutti i bambini.
Noi tutti abbiamo bisogno di qualcuno che creda in noi, che sia pronto a difenderci e sostenere la nostra causa. Il primo, principale sostegno della vita umana è la fiducia. Per un bambino la madre è la persona più bella che esista al mondo. E’ come Dio in persona. Lei ha fiducia in lui. Lei rappresenta la sua sicurezza e la sua protezione.
[…] I genitori vivono per il loro bambino, si riempiono di gioia quando lui è felice e lo consolano quando soffre. Lui è il vero centro delle loro attenzioni . Il bambino sente che queste due persone lo difendono,guardano tutto quello che fa e lo apprezzano. Sente che qualsiasi cosa i genitori gli dicano, lo fanno con amore e ciò che dicono è sempre vero. Sa di avere in loro degli amici che ripongono in lui la più totale fiducia.Pensa che loro siano fieri di lui.
Se tale centro di attenzioni è venuto a mancare nell’infanzia,l’anima umana cresce distorta,come nel caso delle persone ciniche, che mancano delle cose che gli altri considerano sacre. E’ come se qualcosa non avesse avuto possibilità di svilupparsi nelle loro anime.Da ciò possono derivare molti problemi. Non solo problemi “meccanici” quanto funzionali.
…Ciò che avviene nell’infanzia resta stampato nell’anima umana.”
Elena Balsamo “Libertà e amore”

In queste parole riconosciamo l’importanza imprescindibile della presenza attenta dei genitori durante i primi anni di vita. Se un bambino ha genitori disinteressati, egli cresce con una percezione distorta di sé e la sua autostima sarà un castello di carte. Ma qui parliamo ancora di genitori viventi. Quando un genitore viene a mancare invece, il vuoto che sprigiona dentro all’animo bambino diventa incolmabile. Ci si domanda continuamente “Perchè?”, si pensa di non essere stati abbastanza per quel padre o quella madre che “si è lasciato morire”. Sì, perchè nella mente di un bambino mamma e papà sono dei supereroi invincibili e immortali. E invece no. Non è così. E la scoperta porta rabbia verso il genitore morto, verso la vita che appare ingiusta, verso chi un padre o una madre ce l’ha. E si incolpa Dio, o chi per lui, per averci privato di ciò che è per noi un bisogno esistenziale. Quasi aria per i polmoni.

donna anziana

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© Pexels

E ci sono giorni in cui ti senti soffocare da tanto dolore e nella vita farai scelte dettate dal desiderio di colmare quel vuoto che però rimarrà lì, perché è una parte di te.

Non aver conosciuto o aver perso in tenera età un genitore porta l’inevitabile conseguenza di non avere ricordi, di non sapere chi sei nemmeno tu in modo davvero profondo, perché quella parte di geni che derivano da quel genitore tu non la conosci.

Non puoi aggrapparti ad ancore di salvezza quali possono essere i ricordi perché non ne possiedi e questo, credetemi, ti porta ancora più giù nell’abisso delle domande. E allora ti sforzi di non pensare, a volte quasi ti sembra che quella parte non sia mai esistita, altre ti aggrappi ai ricordi delle persone tentando di ricostruire qualcosa, ma alle volte invece pensi che sia meglio lasciar perdere e sentire solo quello che quel vuoto ti dice.

Riconnettersi al proprio corpo, alle proprie viscere per capire il senso della propria esistenza è un modo per non lasciarsi sopraffare e per non dare risposte di altri a domande che sono solo nostre.

La morte di mio padre all’età di 5 anni, ha segnato la mia vita in modo profondo. Ha inciso sulle mie scelte, sul mio modo di essere, sulle problematiche che mi porto dietro da sempre e sulle risorse che sono riuscita a trovare per affrontare nuovi dolori. Sentire il cuore che va in mille pezzi non è una bella sensazione, ma ti permette di rimettere quei pezzi in un ordine nuovo.

Ricostruire la propria anima dopo un lutto tanto grande è come rinascere dopo il coma.

Le cicatrici ci saranno sempre, ma concedersi il diritto di averle, senza che queste risultino come un fardello che ci fa sentire poveretti o come una medaglia da mostrare per il fatto di avere avuto un dolore più grande di un altro è un qualcosa che permette di accarezzare quell’anima e dirle che è davvero in gamba!
Uno dei dolori più grandi è il pensiero di non sentire il suo calore, il suo odore, la forza del suo abbraccio.
L’anima bambina privata della possibilità di ricevere amore incondizionato dai genitori, genera personalità distorte, con un’errata percezione di sè, un sè senza valore, inadatto, privo di quelle qualità che ispirano amore. Un bambino abbandonato, avrà ancor più la sensazione che sarà spesso (per lui) certezza, di non valere nulla.

Ma la morte di un genitore non provoca ferite aperte solo nei bambini, ma anche negli adulti.
Il pensiero di non poter più toccare, accarezzare, abbracciare il corpo della mamma o del papà provoca un senso di solitudine, di abbandono che difficilmente potrà passare. Il legame che esiste tra genitore e figlio, fa sì che egli si senta solo al mondo nel momento in cui viene a mancare il contatto. E possono esserci milioni di persone intorno, ma tu vorresti solo lei /lui. Non senti più la sua voce, non puoi più vedere il suo sorriso. Perfino le arrabbiature ti mancheranno. I consigli non richiesti saranno quelli a quali penserai di più. Sembra che la tua vita abbia subito un colpo d’arresto, quasi come se fossi morto tu. In un adulto poi si sviluppano mille sensi di colpa per il famoso motivetto “Quella volta che…. ” o “se le avessi detto o se fossi andato” ecc, quel condizionale che attacca cuore e anima. La mente è la nostra arma più potente per la nostra stessa distruzione. In momenti come questi, bisognerebbe riuscire a spegnerla e a ragionare solo con il nostro sentire.

Ieri è mancata la mia nonna. Mia mamma ha 60 anni, ma l’ho vista piangere distrutta come se ne avesse avuti due. Perchè non siamo MAI pronti.Nonostante la lunga malattia, la speranza anche che smettesse di soffrire, quando arriva QUEL momento tu sai che da lì in poi la tua vita cambierà per sempre.

Un pezzo in più di te è dall’altra parte del filo e non potrà tornare indietro.

La morte mette un riflettore diverso sulla vita di chi non c’è più e ci permette di comprendere azioni, parole e atteggiamenti che prima ci sembravano incomprensibili o che addirittura scatenavano in noi la rabbia. I sensi di colpa dietro l’angolo e la certezza di non poter dare loro la giusta risposta ci portano in un limbo di disperazione dal quale possiamo uscire soltanto legittimandoci e accordandoci il perdono. Perdoniamo noi stessi per non essere infallibili e la persona cara mancata per lo stesso motivo.

Abbiamo il diritto di soffrire, di essere arrabbiati e disperati, ma abbiamo il dovere di perdonarci e perdonare per lasciar andare la persona cara in pace.

Ieri, guardando mia nonna negli occhi socchiusi e spenti, quando ho visto un guizzo di vita le ho detto: “Nonna, ti voglio bene, lasciati andare. E’ ora.” Lo ha fatto. E so che ora è in pace e lo sono anche io.
Dopo aver perso mio padre senza aver avuto la possibilità di salutarlo, di abbracciarlo un’ultima volta, ho capito invece l’importanza di poter dire “Vai in pace”.

“La natura ispira ai genitori l’amore per i piccoli, e questo amore non è qualcosa di artificiale, di alimentato dalla ragione. L’amore per il bambino è naturalmente capace di ispirare il sacrificio, la dedizione di io a un altro, la dedizione di se stessi al servizio di altri esseri. Il sacrificio a cui i genitori si sottopongono per i loro figli è un sacrificio che dà gioia, è la vita stessa. “
Maria Montessori “La mente del bambino”

E non si smette mai di essere genitori e nemmeno di essere figli… amate i vostri figli e i vostri genitori in modo da arricchire i vostri e i loro “registratori di ricordi”, in modo che l’amore arrivi dove lo sguardo non può.
Vivere Montessori vi augura capacità di perdono e ricordi felici da sfogliare.

Educatrice Manuela Griso





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