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Meditazione Vipassana: l'arte di vivere per ricercare la Verità

Di Redazione - 16 Marzo 2016

“Possano tutti liberarsi dalle loro impurità, dalla loro miseria. Possano godere della vera pace, della vera armonia, della vera felicità.” (S.N. Goenka)

L’approccio alla meditazione è sempre più diffuso. Dall’Oriente questa saggezza che trova radice nell’alba dei tempi si sta facendo spazio fra la routine, il pensiero meccanicistico, l’interesse verso la materia ed il pragmatismo che caratterizza la civiltà occidentale. Saremo il frutto della storia del luogo in cui siamo nati fisicamente, finché non riusciremo a ricongiungerci con la dimensione più alta, più profonda, che ha generato le nostre anime prima dei nostri corpi… e la meditazione è uno degli strumenti per attraversare questo ponte. In generale, sperimentata da autodidatti o seguendo le indicazioni di una specifica disciplina, meditare apporta il grande beneficio di riabituare al “qui ed ora”, conferendo chiarezza, acquietando la mente in tormento, trasmettendo positività e prospettiva nell’affrontare gli alti e bassi, le sfide della vita.

La tecnica della meditazione Vipassana è stata consegnata al mondo dall’insegnante Satya Narayan Goenka, di origine indiana, nato nel 1924 in Birmania (odierno Myanmar). La diffusione della grandezza della tecnica, che egli, a sua volta, aveva appreso dal maestro birmano Sayagyi U Ba Khin, ebbe come fulcro iniziale l’India del 1969, e si diffuse poi a macchia d’olio. Oggi, oltre 130 centri sono sorti in India, Nepal, Sri Lanka, Birmania, Thailandia, Cambogia, Taiwan, Mongolia, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Spagna, Francia, Belgio, Germania, Svizzera, Regno Unito, Canada e Stati Uniti. Anche in Italia, presso Marradi (FI) c’è un centro che ripropone questa tecnica in versione tradizionale.

Vipassana ha in sé il valore delle sue origini: si fa portavoce di una storia e di una consapevolezza antichissima che risale agli insegnamenti di Siddharta Gautama, Gautama il Buddha, il Buddha storico o Semplicemente Buddha, come lo si preferisca chiamare. Molti nomi per una sola, immensa identità, che ha identificato una tecnica meditativa alla portata di tutti, di disarmante semplicità e di universale applicabilità.

donna che medita sugli scogli

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©Pexels

Un corso di meditazione Vipassana che trasferisca in modo completo ed approfondito i propri insegnamenti, dovrebbe essere vissuto in almeno 10 giorni di soggiorno con i mastri. Esistono opzioni di “ritiro spirituale” che occupano un tempo più ridotto, ma, com’è ben intuibile, più tempo e spazio, pazienza e raccoglimento ci si concede per far germogliare il seme, più esso crescerà forte e con vigore.
Semplificando la struttura di questo percorso, i dieci giorni di percorso pratico si dividono in due blocchi; la peculiarità, è la regola del silenzio. L’individuo che prende parte al corso, è tenuto per quei dieci giorni a far voto di silenzio in modo da sperimentare uno stato di pienezza che non è da definirsi solitudine, ma compagnia di sé stessi, un momento per ascoltare solo il proprio cuore e il proprio movimento interiore pur vivendo in comunità con gli altri.
I primi tre giorni sono dedicati all’approccio e all’apprendimento dell’Anapana, che consiste nell’osservare il respiro per ripristinare il contatto con quel soffio naturale, calmo, rassicurante, che spesso la mente o lo stress tendono ad ostruire ed ostacolare. Osservare il respiro significa portare l’attenzione nell’area tra l’entrata delle narici e il labbro superiore, con la consapevolezza della sacralità che ogni cosa sia un ciclo. L’Anapana aiuta nello specifico a centrare il proprio sé, liberandosi dai pensieri negativi, dall’ansia, ma supporta anche lo scioglimento di situazioni di pigrizia mentale e di quello stato di blocco da cui si ha la sensazione, a volte, di non riuscire a reagire.

Gli altri sette giorni sono incentrati sulla Vipassana vera e propria, attraverso la quale si diventa consapevoli del proprio corpo, spostando il focus dalla testa ai piedi gradatamente e viceversa, percependo in modo sempre più netto le sensazioni che si incontrano e che si associano a parti del corpo non casuali che identificano blocchi emozionali specifici da sciogliere. La pratica non deve diventare meccanica poiché la consapevolezza sta proprio nel riconoscere ciò che esiste per affrontarlo ed accoglierlo.
Generalmente, dopo una seduta di meditazione di questo tipo, ci si potrà dedicare al rilassamento, detto Metta, con l’obiettivo di rilasciare ogni tensione mentale o fisica. Questo momento è fondamentale poiché consente di riassumere le emozioni emerse, specialmente le più sottili. Ogni minimo aspetto d’esse porta in sé ricchezza: sensazioni piacevoli, spiacevoli o neutre, difficoltà dovranno essere accettate considerando che tutto ha natura non permanente e svela aspetti da esplorare in noi stessi.

L’obiettivo principale della meditazione Vipassana è quello di vivere in pace con se stessi e con gli altri, senza distinzioni di classe, ambiente o religione. E’ una tecnica totalmente laica che ha come obiettivo il cammino del Dhamma, l’insieme di azioni e condotte verso la via della liberazione, per superare le proprie sofferenze e per essere in grado di aiutare gli altri a fare lo stesso. La sofferenza, senza prenderne in considerazione le più disparate cause, è riconosciuta come condizione esistenziale dell’uomo, che non deve essere combattuta ma integrata; l’integrazione consente una trasformazione del corpo di dolore in esperienza di consapevolezza e dunque intrinsecamente positiva. Secondo S.N. Goenka, il primo passo prerogativa della liberazione per riuscire ad elaborare la sofferenza – o l’insofferenza, aggiungerei io – è condurre una vita morale secondo la propria autenticità. Il secondo, è controllare la mente attraverso la meditazione. Il terzo, purificare la mente dalle impurità mediante lo sviluppo diretto della propria natura.

Interiorizzare la tecnica meditativa è un processo lento e graduale, di cui è importante abbracciare ogni fase, anche quei momenti di sonnolenza, agitazione, mancanza di concentrazione che potrebbero emergere. Meditare significa riabituare noi stessi ad una dimensione di apparente immobilità, che concede invece all’anima di fluire nel suo movimento. Raggiungere l’equilibrio nella fase della meditazione permetterà di esternare una potente fiducia anche nella vita quotidiana, vivendo ogni momento serenamente, sentendosi sostenuti da un’energia più grande e profonda. Silenzio, meditazione, trasformazione; come sosteneva S.N. Goenka “Che tutti gli esseri siano felici”.

Chiara Pasin





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