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Rimini, l'ex delfinario non riaprirà: mobilitazioni, petizioni e il Ministero dell'Ambiente nega la licenza

Di Daniela Bella - 20 Maggio 2014

Proprio così. A meno di un anno dalla chiusura, il delfinario di Rimini rischiava di riaprire e senza autorizzazione. Non solo, la riapertura avrebbe potuto prevedere l’utilizzo di animali come leoni marini, foche e otarie, probabilmente perchè si tratta di animali sottoposti a regole meno restrittive rispetto ai delfini.

Ricordiamo, infatti, che il delfinario fu chiuso dopo che il servizio Cites del Corpo forestale dello Stato aveva disposto il sequestro per presunto maltrattamento ed evidenti violazioni del decreto, che stabilisce le modalità di detenzione e gestione dei tursiopi in cattività (n. 469/2001) e l’assenza di autorizzazione e il riconoscimento della struttura quale zoo-delfinario (ai sensi della legge 73/05).

Una riapertura, questa, che non ha mancato di polemiche. L’associazione ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali), infatti, ha già richiesto l’immediato intervento al Corpo forestale dello Stato Servizio Cites affinchè agisca per impedire l’arrivo dei pinnipedi e di qualunque altra specie animale, dal momento che l’apertura della struttura con tale finalità sarebbe in aperta violazione della normativa vigente.

Contraria anche WWF, che ha ribadito il suo “No” alla riapertura dell’ex delfinario. L’associazione, infatti, reputa che una decisione del genere sarebbe potuta essere non solo una scelta sbagliata, ma anche un’offesa per la sensibilità di una larga parte dei cittadini e dei turisti che transitano per Rimini. Ma sarebbe stato un errore grave anche per la città, un elemento negativo e dequalificante per l’immagine turistica di Rimini, anziché una risorsa in più.

Inoltre, viene osservato dall’associazione ambientalista, quali “condizioni” verrebbero garantite a Rimini, nella vecchia struttura non a norma per i delfini, ad animali come leoni marini, foche e otarie abituati a climi freddi se non al ghiaccio? Da dove provengono gli esemplari che si vogliono utilizzare? E sarebbe a norma per questi animali, che “sporcano” molto di più dei delfini, il sistema di depurazione e igienizzazione delle acque che era insufficiente per i delfini? E lo sarebbero le celle frigorifere e lo “spazio cucina” necessari alla preparazione e alla conservazione degli alimenti? Cosa dice in merito la Usl che per il rispetto della normativa zoo ha precise competenze?

Domande lecite, che cercano ancora risposta. Piuttosto, l’associazione valuta proposte alterative e, di fatto, troverebbe più sensato fare dell’ex delfinario, con i necessari adeguamenti, una struttura a valenza regionale per il recupero e la cura delle tartarughe, a servizio di tutta la costa, affidato a Fondazione Cetacea e aperto anche alla visita delle scuole e del pubblico.

Sta di fatto che c’è stata tanta mobilitazione sulla questione, tanto che è partita anche una petizione sul sito Change.org affinchè l’ex delfinario di Rimini non venisse più riaperto.

Nel testo della petizione, infatti, si legge:

“Una struttura che per decenni ha lucrato sulla sofferenza di animali in cattività non può essere considerato luogo turistico e di vanto per una città, nonostante il fatturato che produce.

La sofferenza prodotta da una vita in vasca è palese e dimostrata, nessuno spazio sarà mai abbastanza grande per un animale nato per il mare aperto e non si può trarre nessun divertimento guardando un essere vivente imprigionato, umiliato e costretto a eseguire esercizi e acrobazie che non eseguirebbe mai, se libero in natura.

Nonostante Rimini fondi la propria economia sul turismo e sul divertimento non deve comunque dimenticare l’etica e il rispetto, anteponendo questi ultimi al lucro e a immagini di facciata che possono essere demolite attraverso la semplice informazione, come dimostrano le numerose campagne contro la cattività intraprese in Italia e nel mondo, che stanno ampliando la crescente sensibilizzazione delle persone rispetto a questo problema.

Chiedo pertanto che sul triste capitolo del delfinario di Rimini venga scritta definitivamente la parola ‘fine’, seguendo l’esempio di tanti altri paesi che hanno dato questo semplice segno di civiltà.”

La petizione (che potete trovare qui), attualmente, conta 12.500 firme.

Stando alle notizie dell’ultima ora, comunque, pare che il Ministero dell’Ambiente non abbia concesso la licenza di giardino zoologico, disponendo la definitiva chiusura della struttura, che dunque non potrà riaprire neppure con leoni marini e foche al posto dei delfini.

Le due associazioni ENPA e LAV (Lega Anti Vivisezione) hanno così dato la notizia:

“E’ quindi stata posta la parola fine ad ogni tentativo di riapertura della struttura, recentemente data per certa dalla gestione: il Delfinario di Rimini, quindi, non potrà riaprire, né con i delfini né con animali appartenenti a qualunque specie. Questo, grazie al nostro intervento e alle azioni mirate contro la riapertura tanto pubblicizzata quanto illegale…”

E hanno poi concluso dicendo:

“Oltre ai proprietari e ai gestori del delfinario, anche il Comune di Rimini prenda atto della illegalità rappresentata dalla ormai ex prigione per animali, presente sul suo territorio e restituisca l’area alla cittadinanza e ai turisti, cancellando l’onta dell’ergastolo per gli animali. Questo importante risultato è frutto di mesi di indagini all’ interno dei delfinari italiani e siamo certi che questo rappresenti un altro passo verso la chiusura di tutte le strutture italiane che espongono animali…”

La comunicazione della firma del decreto da parte del Ministro dell’Ambiente è stata inviata in risposta a una formale richiesta delle associazioni.

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