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Amaranto: ecco perchè consumarlo ogni settimana!

Di Marco Grilli - 16 Marzo 2015

Amaranto

Sano, facilmente digeribile, nutriente e completo, l’amaranto è uno pseudo-cereale originario della regione di Tehuacàn (Messico) e del Sudamerica, coltivato già nel periodo tra il 5.200 e il 3.400 a.C dalle popolazioni amerinde.

Il genere Amaranthus comprende circa 60 specie appartenenti alla famiglia delle Amarantacee, piante erbacee con fusto eretto o sdraiato, foglie intere alterne od opposte, fiori piccoli e solitari disposti in spighe e frutti a capsula membranosa.

Solo tre specie di Amaranthus sono ritenute buone produttrici di semi (A. hypochondriacus, A. cruentus e A. Caudatus), che sono piccoli, di forma lenticolare, di colore variabile dal bianco-crema al marrone e ricchi di proprietà nutritive: contengono infatti il 15-20% di proteine ricche di lisina – un aminoacido essenziale per la sintesi delle proteine umane presente in quantità doppia rispetto a tutti gli altri cereali –, il 58-66% di amido, il 6-9% di fibra grezza e il 6-8% di lipidi ad alto grado di insaturazione.

L’A. hypochondriacus, il più coltivato in Messico e presidio Slow Food dal 2003, è una varietà che raggiunge i due metri di altezza e si caratterizza per le grandi foglie verdi e la bellissima infiorescenza chiamata panoja (pannocchia), che assume intensi colori porpora, rosa o verde chiaro. A questa si deve il nome popolare della pianta, alegrìa, connesso proprio alla sensazione di felicità trasmessa dalla policromia dei campi coltivati. L’amaranto era noto anche agli antichi greci, che apprezzavano la sua bellezza e la lunga vita del fiore (l’etimologia greca della parola significa proprio “che non appassisce”, “che non muore”), tanto da esser considerato un simbolo di amicizia eterna.

Fiore d'amaranto

Fiore d’amaranto

Furono però le civiltà pre-colombiane (maya, aztechi, zapotechi, olmechi) a valorizzarlo, come dimostrano studi archeologici e antichi documenti che hanno rivelato una sua presenza massiccia e un suo utilizzo quotidiano negli attuali Messico e Perù. L’amaranto era non solo un elemento fondamentale della dieta di quelle popolazioni (col grano si preparavano tortillas e tamales e si realizzava una bevanda nutriente chiamata atole), ma anche il protagonista di molti rituali sacri, poiché le donne lavoravano la sua pasta per realizzare delle statue raffiguranti gli dei, che venivano cosparse di sangue ottenuto dai sacrifici umani, per poi essere offerte nei templi e distribuite alla popolazione come cibo.

In seguito alla colonizzazione spagnola, le civiltà indigene furono massacrate e la coltivazione di amaranto proibita, così che questa pianta sopravvisse solo in piccole aree isolate. A causa della perdita di questo alimento altamente proteico, le popolazioni conquistate risentirono gravi squilibri nutrizionali.

Ma la storia dell’amaranto non poteva finire così: una pubblicazione del 1970 e poi la prima conferenza mondiale sulla riforma agraria e lo sviluppo rurale, organizzata dalla Fao a Roma nel 1979, riaccesero l’interesse del mondo scientifico per questa antica coltura dalle alte proprietà nutritive, sancendo definitivamente l’impegno per il suo recupero. Attualmente l’amaranto è coltivato a scopo commerciale in Messico, Sudamerica, Stati Uniti, Cina, Polonia e Austria. Neanche la ferocia di Cortès ha potuto impedire la rinascita della pianta “che non appassisce”.

amaranto-pianta

D’altronde, le notevoli proprietà nutritive di questo pseudo-cereale dal gusto gradevole e naturalmente privo di glutine, quindi adatto sia alla dieta degli adulti che a quella dei bambini, sono note da tempo e rappresentano oggi una piacevole riscoperta per un’alimentazione sana e naturale. Ricco di proteine (17%) e vitamine (soprattutto della B6, fondamentale per la nostra salute), l’amaranto presenta anche notevoli concentrazioni di calcio (250 mg/100 g) e ferro (15 mg/100g) – che sono rispettivamente di dieci e quattro volte superiori a quelle del frumento –, nonché di fibre e magnesio.

Oggi gli utilizzi dell’amaranto sono molteplici: può essere consumato come seme dopo cottura o soffiatura, o macinato e impiegato come farina per numerose preparazioni, quali tortillas, focacce, pani, dolci ecc. Le foglie delle piante adulte possono essere utilizzate come quelle degli spinaci, oppure fritte o cotte in umido o essiccate e trasformate in spezie, mentre il foraggio di alta qualità è ottimo per l’alimentazione animale o per la trasformazione in compost.

Soprattutto in Messico, il seme soffiato e miscelato con miele o melassa si utilizza per produrre un dolce tradizionale, chiamato alegrìa. Gli stessi semi possono essere anche tostati in padella e gustati come alternativa ai pop-corn. In generale, l’amaranto è un ottimo ingrediente per zuppe, crocchette, sformati verdure ripiene, budini e barrette energetiche, abbinandosi perfettamente anche agli altri cereali, tanto che può completare una minestra, rendere più croccante un piatto a base di riso, diventare una miscela ricca e nutriente col frumento, addolcire orzo e farro, o fungere da crema su cui stendere verdure e legumi col miglio.

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Se siete interessati al suo acquisto, lo potete trovare nei negozi bio e in alcuni supermercati. Il Presidio Slow Food, nato nel marzo 2003 in collaborazione con l’organizzazione messicana Alternativas e la cooperativa sociale Quali, è diffuso in 60 villaggi nella Regione Mixteca del Messico e coinvolge oltre mille famiglie indigene, impegnate nel recupero di questa antica coltivazione. I loro prodotti sono commercializzati col marchio Quali, che significa “buono” nella lingua nàhuatl (www.quali.com.mx).

Qualora vogliate provare l’amaranto, ecco il metodo base di cottura: dopo un lavaggio abbondante sotto acqua corrente, cuocete una parte di amaranto in due parti d’acqua con un cucchiaino di sale marino integrale. Tempo di cottura: 20 o 40 minuti, a seconda che usiate rispettivamente una pentola a pressione o una tradizionale. Per una porzione basta portare a ebollizione una pentola con circa 500 ml di acqua salata, avendo cura di aggiungere altri 250 ml per ogni porzione in più. Dopo la cottura, lasciatelo riposare circa 10 minuti nella pentola coperta, al fine di permettere ai chicchi di gonfiarsi. Quindi scolatelo con un colino a maglia molto fine. Potete anche insaporirlo con un soffritto di cipolla e aglio, utilizzando un brodo vegetale al posto dell’acqua, per poi condirlo con sale, pepe e prezzemolo.

A questo punto non ci resta che indicarvi due delle tante ricette consigliate da Altromercato:

1) Alegrìa (per cinque persone)

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Ingredienti: tre cucchiai di melassa fusa, 1 tazza di amaranto soffiato.

Preparazione: unire i cereali con la melassa tiepida, lavorando il composto e pressandolo in uno stampo. Una volta che il composto ha preso la forma dello stampo, estrarre e tagliare a fette quando è ancora tiepido. Si consuma una volta raffreddato. Si possono aggiungere arachidi a piacere.

2) Patate con amaranto (per sei persone)

Ingredienti: ½ Kg di pomodori, ½ cipolla piccola, uno spicchio d’aglio, cinque patate, sei cucchiai di farina di amaranto, sale e pepe a piacere.

Preparazione: bollire le patate e tagliarle a cubetti. Cuocere i pomodori alla piastra e unirli a cipolla, aglio e farina di amaranto in una pastella. Friggere la pastella ottenuta e successivamente lasciar riposare le frittelle finché non sono solide e croccanti. Unire le frittelle alle patate e condire a piacere.

Avevano proprio ragione gli antichi greci: l’amaranto non muore mai!

Marco Grilli





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