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Solidarietà. Come passare dalle parole ai fatti?

Di Giordana - 19 Ottobre 2013

Nel 2010 decido di andare in India per assistere al Kumbh Mela, il più grande evento dell’induismo, un incontro tra cielo e terra che si festeggia solo una volta ogni 12 anni nei luoghi sacri dove caddero alcune gocce del latte dell’immortalità contenuto nell’anfora, kumbh appunto, sacra ai Veda, durante il combattimento tra dei e demoni

La folla, l’emozione, la spiritualità, le rive del Gange che accolgono milioni di pellegrini giunti sulle sue sacre sponde per immergersi e purificarsi dai peccati accumulati durante le vite passate; il cibo sacro, rigorosamente vegetariano, i mantra recitati ad alta voce, i baba, gli yogini, i nagha (sacerdoti tribali che scendono dalle montagne dell’Himalaya, dove vivono in isolamento, solo in occasioni particolari), un insieme di ordine e caos profumato di incenso e fiori di calendula.
 
Al mutare della luna tutto finisce e le rive del Gange tornano ad essere quiete e pacifiche, i villaggi ai piedi dell’Himalaya sono zone di rara pace dove migliaia di turisti si riposano accolti da un’ospitalità indimenticabile.
A soli pochi mesi da tutto questo: “Le incessanti piogge monsoniche degli ultimi giorni continuano a mietere vittime nell’India settentrionale. Secondo gli ultimi dati forniti dal Governo le perdite umane per le inondazioni sono salite a 120 unità. Forte preoccupazione per la piena del Gange, specie nel tratto iniziale, dove le Autorità giudicano a rischio almeno 1200 villaggi. Le piogge alluvionali, causate da un monsone duro a morire, hanno colpito, in particolare gli stati dell’Uttarakhand, dell’Himachal Pradeshì, dell’Uttar Pradesh, del Bihar e dell’Haryana. Secondo quanto riportato dall’ANSA “Stamattina Sonia Gandhi, la presidente del partito del Congresso, è arrivata nelle zone alluvionate, dove effettuerà una ricognizione in elicottero”.(India News, 2010)

Alla fine di settembre 2010 il Gange straripò con una potenza unica, trasportando dietro di se abitazioni, persone, interi villaggi e tutta quella vita sociale che dentro vi si annida.
 
In risposta a questo ennesimo urlo di una natura stanca che detta, in ogni modo, le sue leggi, nello stesso anno e con una consapevolezza ed una forza che dovremmo far nostra, è stata aperta una scuola-famiglia: l’Himalayan Rural Welfare Society, dove ospitare i bambini rimasti orfani dopo l’alluvione e dove far studiare tutti quelli che non ne avevano la possibilità o l’avevano persa, con preferenza data alle bambine per alzare il livello di scolarizzazione femminile.

In 3 anni l’organizzazione è cresciuta con l’aiuto di molti donatori, indiani ed europei e ad oggi aiuta circa i due terzi dei bambini dei villaggi circostanti. L’obbiettivo principale è quello di incoraggiare l’autosufficienza dei villaggi attraverso programmi focalizzati sul sociale, sulla cultura e sullo sviluppo economico, su come far fruttare al meglio le risorse locali al fine di procurarsi cibo e sostentamento e salvaguardare al tempo stesso l’ambiente. I corsi trattano di argomenti quali: come coltivare vegetali e piante locali nella maniera adatta, scienza, computer, matematica, artigianato e inglese.
La solidarietà è fatta di piccole azioni, tanto coraggio e forse un po’ di incoscienza, quella che ci porta a rischiare tutto in nome di quello in cui crediamo ed è la forza positiva delle società globali complesse. Possiamo metterla in pratica ogni giorno, con le nostre scelte possiamo trasformare ogni cosa.
 





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