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Psicologia

Il lato positivo dell'Invidia: ecco come trovarlo ponendosi una semplice domanda…

Di Sandra Saporito - 2 Maggio 2018

“Non facciamo altro che criticare gl’ invidiosi, ma allo stesso tempo facciamo di tutto per essere invidiati.”
— Anonimo
Di invidia soffrono molte persone: ci sono quelle che lo provano e quelle che lo subiscono. Nessuno rimane indenne al suo passaggio, nemmeno chi la cova nel suo cuore: può provocare tristezza, amarezza, dolore; è segno che ci si sente inferiore all’altro, inadeguato, non meritevole. In giro potrai leggere molti articoli che si scaglieranno contro l’invidia – e gli invidiosi – ma oggi vorrei proporti una visione più moderata, costruttiva e sperò utile della questione, che ti aiuterà a capire come usare questo sentimento ritenuto per così tanto tempo come vergognoso – dopotutto è sempre uno dei sette vizi capitali, no?– in modo da usarlo per la tua crescita personale.
ragazza con occhi verdi
Se l’invidia è un sentimento che ognuno di noi può provare per i più svariati motivi, invece di reprimerla potremmo, per una volta, imparare ad usarla correttamente, perché si sa: a reprimersi si fa solo che peggiorare le cose. Ma per riuscire ad usare l’invidia in modo costruttivo bisogna prima di tutto riconoscerla.

Riconoscere l’invidia quando sorge

“L’invidia è ammirazione segreta. Una persona piena di ammirazione che senta di non poter diventare felice abbandonandosi, sceglie di diventare invidiosa di ciò che ammira…L’ammirazione è una felice perdita di sé, l’invidia un’infelice affermazione di sé.”
— Søren Kierkegaard
L’invidia è un sentimento che ci fa stare profondamente male: dei sette vizi capitali è l’unico a non procurare nessun piacere; perché allora è così tanto radicata in noi? È una questione di confronto, di sguardi, di vedere negli altri ciò che non abbiamo. L’invidia è legato allo sguardo: nei gironi infernali della Divina Commedia di Dante, gli invidiosi hanno le palpebre cucite. L’invidia ci confronta con l’immagine che abbiamo di noi e fa leva sui nostri istinti più bassi/basilari.
occhi e invidia
“Invidia” deriva dal latino in – avversativo – e videre, “guardare contro”, ostilmente, biecamente o genericamente “guardare male”, e per estensione “gettare il malocchio“, fa con gli occhi ciò che facciamo con le parole: non è raro infatti che l’invidia, questo guardare male la felicità degli altri, sia accompagnata pure dalla calunnia, dalla maldicenza.

Felicità tua, sofferenza mia

L’invidia è l’amarezza nel vedere qualcuno con ciò che vorremmo noi: fortuna, denaro, fama, ma anche amicizia e amore. C’è chi si ferma a provare invidia e poi chi la alimenta: si può andare dal desiderare per sé la felicità altrui alla calunnia, fino all’augurare all’altro che perda tutto ciò che ha.
“Ci sono cose che un individuo non confessa né al prete, né allo psicanalista, né al medium dopo morto. E fra queste cose la prima è senza dubbio l’invidia.”
— Anonimo
La scala dell’invidia è fatta di molti scalini ma ciò che dobbiamo ricordare è che alla fine saremo noi a cadere in basso. E quella scala si sale in fretta, quasi senza poter accorgersene in tempo, perciò è importante essere consapevoli, vivere nel presente e capire dove stiamo mettendo i piedi per evitare di fare – e farci – del male inutilmente.

Un sentimento arcaico e naturale

Come dicevamo prima, l’invidia è un sentimento che ognuno di noi prova nella vita, è uno stato d’animo estremamente radicato in noi ma non ci procura piacere quindi perché dai tempi degli australopitechi ad oggi abbiamo perso il pelo ma non il vizio? Risposta semplice: perché ci serve.
dna
Ora passiamo alla risposta lunga: in natura vige la legge del più forte – o furbo, veloce, ecc. – , è una questione di sopravvivenza. Quel sentimento che giudichiamo così tanto ora è stato però agli albori dell’evoluzione il campanello d’allarme che ci spronava a non rimanere indietro per non fare una brutta fine. L’invidia è stato in realtà utile alla nostra evoluzione perché ci permetteva di individuare le qualità dell’individuo più idoneo alla sopravvivenza e ci spingeva a voler diventare come lui – o a prendere il suo posto.

La legge del più forte

Ancora oggi viviamo in una società dove è il primo ad avere più importanza e a dettare le sue “leggi”: il primogenito, il leader n°1, il capo, ecc. L’invidia nasce quindi dove c’è una certa gerarchia. Ora non viviamo più nella giungla ma queste dinamiche sono impresse nel nostro cervello arcaico: motivo per il quale facciamo un po’ fatica a riconoscere l’invidia quando sorge e tendiamo a cedere alla violenza, sia verbale che fisica – basta pensare ai fratelli piccoli che si picchiano quando l’uno ha ciò che l’altro vuole – prerogativa del nostro cervello arcaico.
leone
In quel caso, se non riesco a salire al livello del più forte, dovrò farlo cadere per smettere di sentirmi inferiore.
Ti ricordi la scena del Re Leone in cui Scar uccide Mufasa? Scar si gusta ogni momento di dolore del fratello che pensa di aver perduto tutto – suo figlio – mentre Mufasa vedrà di lui , prima di morire, solo i suoi enormi e penetranti occhi verdi. Verdi come l’invidia. Questo è l’ultimo scalino dell’invidia da NON raggiungere mai: quello subito prima la caduta finale – Scar gettò in realtà le fondamenta della sua propria fine che fu pure peggiore, quindi è meglio fermarsi molto prima.
Ecco perché malgrado ci faccia sentire male l’invidia è rimasta in noi da quei tempi: è uno dei carburanti della nostra evoluzione, nel bene e nel male, e a ben pensarci è pure quello che ci fa mettere il turbo.
Ma come detto prima, se l’invidia emerge dalla parte più arcaica di noi ed è quindi difficile prevenire la sua insorgenza, possiamo canalizzarla ed usarla in modo costruttivo: come fece il buon vecchio Ercole che, per pulire le stalle di Augia, deviò il corso di un fiume.

Come usare positivamente l’invidia: la chiave è nella domanda

Provare invidia è il segnale che in qualche modo ci sentiamo inferiore. Il nostro diavoletto interiore tenterà di spingerci verso la strada più facile: quella del rancore e della calunnia dove tenteremo di trascinare l’altro al nostro livello – e anche più giù se siamo abili a farlo.
Io ti proporrei invece di seguire quella più difficile: quella in cui sei tu a muoverti, a provare di raggiungere il livello della persona che invidi in modo da non sentirti più inferiore ma diventare suo pari, facendoti una semplice domanda…
arrampicarsi sulla montagna
→ Domanda-chiave: Ok, sto provando invidia verso Tizio. Cosa sto invidiano in particolare e cosa posso fare per ottenerlo anch’io?
Puoi seguire la strada più semplice: quella delle malelingue che avvelenano sia gli altri che se stesse; oppure puoi far “evolvere” la tua invidia decidendo di usarla per crescere e migliorare: individuando ciò che vuoi e come raggiungerlo e lavorando semplicemente su di te senza coinvolgere altre persone.
L’invidia è un veleno ma se usata a piccole dosi può trasformarsi in medicina – dopotutto “farmaco” deriva dal greco ϕάρμακον :phármakon, “veleno”–. Sei tu decidere come usarla, ricordando però che la prima persona a sentirne gli effetti, nel bene e nel male, sarai tu quindi se vuoi vivere bene, usala con saggezza e parsimonia.
 

Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice & shamanic storyteller
www.risorsedellanima.it





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