Educazione

Anticipo scolastico: un anno rubato al lavoro del bambino

Di Educatrice Manuela Griso - 12 Settembre 2016

Quando un figlio compie gli anni tra gennaio e aprile ci si chiede se fargli fare l’anticipo scolastico o meno. La maggior parte delle insegnanti sono contro, alcuni genitori invece sono a favore. Non so su quali parametri ci si metta in discussione e si analizzi per giungere alla conclusione che sia meglio anticipare, posso immaginarli però, avendo una figlia che è nata il 25 febbraio. Essendo poi una seconda figlia si cade nei paragoni e la si vede “più sveglia, che impara prima” ecc ecc… dunque perché non anticiparla? Ecco, da buona Montessoriana credo che si parta sempre dall’osservazione del bambino.

Quando il bambino ha tra i 4 e i 6 anni dovrebbe aprirsi il periodo sensitivo della lettura e della scrittura, perciò io metterò nella stanza del materiale adatto a saziare questa sete: lettere smerigliate, vassoio con la farina, alfabetario mobile ecc. Se il bambino spontaneamente si dirige verso il materiale e brama affinché l’adulto gliene mostri l’utilizzo sappiamo che il periodo è aperto. Ne conseguirà concentrazione, ripetizione dell’esercizio e grande soddisfazione una volta terminato il lavoro. Ma se il bambino non fa caso al materiale, non ne viene attratto, vuol dire che i tempi non sono ancora maturi e sarebbe come tentare di farlo crescere 10 cm in più rispetto alla sua altezza naturale. Si andrebbe contro natura, sarebbe una forzatura inutile e dannosa.

Con l’anticipo scolastico si rischia di rubare un anno di gioco e sarà un anno che cercherà sempre di ritornare a riprendersi il suo legittimo posto. Magari non verrà fuori nei primi anni scolastici, ma si riverserà dopo, nel tempo, con difficoltà d’apprendimento per scarsa attenzione, frenesia, aspetti caratteriali come difficoltà di controllo delle emozioni, di controllo del proprio corpo. L’educazione deve seguire le leggi del maestro interiore. Dissetare la sete di conoscenza nel bambino che si appresta a conoscere il mondo ma senza affogarlo. L’osservazione del bambino è sempre la risposta a tutte le nostre domande.

bambine che giocano

Credit foto © Pexels

Ciò che dovrebbe essere di fondamentale importanza nella scuola è lo stato d’animo del bambino, la sua gioia nell’andare a scuola, la sua curiosità di sapere, di conoscere, domandare. Senza questo non ci può essere apprendimento reale. Riempirli di schede, obbligarli a stare seduti a colorare con il sole fuori che li saluta adulandoli è farlo già sentire come ci sentiamo noi in ufficio o in fabbrica sapendo che fuori è una giornata stupenda. Non vorremmo forse uscire, farci una corsa o un giro in bicicletta o starcene seduti su una panchina a leggere un buon libro? E un bambino cosa vorrebbe fare secondo voi?

In un mondo in cui si punta al risultato, dovrebbe essere chiaro che senza serenità interiore non si può conseguire nessun risultato all’altezza delle aspettative. Quanta più serenità accumuliamo nella nostra infanzia tanta più ne avremo da adulti per affrontare esami, colloqui, sbarramenti così da trasmettere la nostra essenza e non i nostri numeri di fronte ai giudici del momento. Perché poi alla fine i numeri mica contano così tanto… Un laureato con 110 e lode o uno con 80, che differenza fa ai fini di un lavoro? In un colloquio di lavoro conterà quel numero o la persona che avremo davanti e le sue competenze specifiche ma soprattutto le sue competenze sociali, umane e il modo in cui si rapporta?

Un bambino sereno, gioioso, che ha potuto godere della sua infanzia, dei giochi all’aria aperta, del gioco libero con i suoi compagni, libero di scegliere se colorare o disegnare, se macinare o ritagliare, sarà un adulto in grado di prendere decisioni, libero da condizionamenti, fiero di sè e conscio delle sue potenzialità. Un anno di gioco può creare più competenze di un anno di scuola soprattutto a 5 anni. La Montessori chiamó Lavori quelli che tutti chiamavano giochi, questo per far comprendere quanto importante fosse quello che i bambini facevano.

Il termine gioco nel dizionario viene così definito:

“Qualsiasi esercizio, singolo o collettivo, cui si dedichino bambini o adulti per passatempo o svago o per ritemprare le energie fisiche e spirituali.”

Osservando un bambino mentre gioca si capisce quanto poco sia adatto questo termine. Nel “gioco” entrano in campo competenze relazionali, capacità motorie grosse e fini, competenze cognitive ed esperienziali, sensoriali, intelligenze multiple, curiosità, creatività. Egli sta creando se stesso e acquisendo competenze fondamentali che non acquisirebbe in altro modo.
Tutto questo rientra nel termine “lavoro“:

“L’applicazione di una energia (umana, animale o meccanica) al conseguimento di un fine determinato.”

Questo fa comprendere come un bambino che sta giocando stia compiendo un lavoro di enorme importanza: egli sta formando l’uomo del domani. Perché dunque bloccare in anticipo di un anno questo meraviglioso modo di apprendere? Lasciamo al bambino la possibilità di creare liberamente l’uomo che sarà per tutto il tempo necessario in modo che sia allenato alla concentrazione, alla ripetizione di un lavoro, alla curiosità verso nuovi quesiti. Questo permetterà al suo spirito di essere sazio e pronto ad apprendere nuove competenze.

Un’altra riflessione voglio lasciarvela: ci abbiamo messo 9 mesi per far nascere il nostro bambino, se fosse nato a 5 sicuramente non sarebbe stata la stessa cosa. Perché dobbiamo aver fretta di vederlo crescere? Perché partire in anticipo? Per arrivare dove? Per vincere cosa? La vera sfida è vivere al fianco di bambini sereni, rispettare i tempi di ognuno, assecondare la loro naturale curiosità e rispondere con precisione a domande specifiche e con risposte aperte alla riflessione dove è necessario che si facciano un loro pensiero.

Perché ricordate, ai bambini bisogna insegnare a pensare, non a Cosa pensare.
Vivere Montessori vi augura buone riflessioni e un buon inizio scolastico!

Educatrice Manuela Griso





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