Ambiente
Anteprima

Architettura organica vivente: un inno a ricontattare il nostro io più profondo

Di Laura De Rosa - 29 Luglio 2015

Un’autentica armonia dell’anima può essere provata solo là dove nell’ambiente, in forme figure e colori, si rispecchia ai sensi umani ciò che l’anima riconosce come i propri più degni pensieri sentimenti e impulsi

Parole di Rudolf Steiner, celebre fondatore dell’antroposofia, dell’agricoltura biodinamica e della cosiddetta architettura organica vivente. Ma qual è il significato di questa affermazione? In parole semplici Steiner sosteneva che l’architettura dovesse rispecchiare fedelmente il proprio creatore, ovvero l’essere umano, in quanto immagine esteriore visibile della nostra natura più autentica, formata dalla triade in continua evoluzione di corpo, anima e spirito.

A suo parere l’architettura dell’epoca moderna, permeata dalla cultura scientifica e tecnica, è limitata in quanto basata sul modello della macchina. Ergo, ci siamo identificati totalmente con le macchine e abbiamo quindi realizzato strutture architettoniche che ne sono una fedele riproduzione. Edifici che pur essendo estremamente funzionali e democratici rispetto al passato, dal punto di vista strutturale, non tengono conto della natura profonda dell’essere umano, poiché nemici dello stato naturale. Ne sono dimostrazione le forme lineari, squadrate, geometriche che li contraddistinguono, tipiche delle macchine piuttosto che dell’uomo e della natura circostante.

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Visto che l’architettura, secondo l’intellettuale austriaco, si evolve in concomitanza con l’evoluzione dei nostri stati di coscienza, quella a lui contemporanea, che è resistita fino ai giorni nostri anche se attualmente sta subendo un rinnovamento, è lo specchio di una società che ha rinnegato la parte spirituale a favore di una visione meccanicistica e materialistica dell’esistenza. Impostazione che ha avuto inizio a partire dalla seconda generazione del Movimento Moderno, con architetti quali Gropius, Le Corbusier e Mies van der Rohe, le cui costruzioni si ponevano in netto contrasto rispetto alla generazione precedente, caratterizzata da un’impostazione di tipo spirituale-organico. Basti pensare alle opere di Antoni Gaudì con le loro forme dinamiche e flessuose piuttosto che agli edifici concepiti dallo stesso Steiner, che fra le altre cose ideò il Goetheanum (due versioni) di Dornach, vicino a Basilea.

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Goetheanum di Rudolf Steiner prima versione


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Goetheanum di Rudolf Steiner

Perché l’architettura ha subito questo brusco cambiamento?

Da un lato per rispondere a nuove esigenze di democrazia, difatti le palazzine moderne sono funzionali ed accessibili a una più ampia fetta di popolazione, dall’altro per affermare la capacità dell’uomo nel padroneggiare la materia attraverso la scienza e la tecnologia applicate all’edilizia. Peccato che l’uomo, in questo processo di meccanizzazione, si sia esso stesso meccanizzato. Basti pensare alle realtà industriali e alla concezione stessa del lavoro, che ci costringe in nome del senso del dovere e della responsabilità individuale e sociale, a svolgere per tutta la vita ruoli che non ci appartengono affatto, in quanto profondamente alienanti e disumani. L’architettura a sua volta rispecchia la prospettiva razionalista che non dà spazio al linguaggio simbolico, alle percezioni extrasensoriali e in definitiva a tutto ciò che non può essere dimostrato secondo i parametri della “ragione”.

Negazione che ha iniziato a starci stretta, inducendo un rinnovato bisogno di ripristinare il contatto (perduto) con la natura circostante, che si traduce in una sempre maggiore attenzione per le tematiche ecologiche. Il desiderio di rispettare l’ambiente è strettamente correlato al desiderio di ritrovare la propria “natura” più autentica, cosa irrealizzabile in un mondo dominato dalle macchine e in quanto tale, insensibile nei confronti del mondo esterno. Ovvero l’uomo moderno sta cercando, con la sua rinnovata sensibilità ecologica, di riallacciare un rapporto proficuo con la natura, sia esterna che interna.

Non solo, anche i problemi psicologici, per esempio le depressioni, sarebbero legate, secondo Steiner, a questo squilibrio dovuto all’estremizzazione del razionalismo. Come dicono i latini, “in medio stat virtus” (“la virtù sta nel mezzo”), ed ecco che ragionando in questi termini si intuisce come l’epoca della ragione sia stata positiva fintantonché è servita sulla scala evolutiva ad allontanarci dall’oscurantismo. I guai sono iniziati quando la macchina si è voluta sostituire alla natura credendo di poterla rimpiazzare. Da un lato la natura che si ribella perché ovviamente vuole sopravvivere, dall’altro l’uomo che soffre a causa di un mondo fatto su misura per le macchine e non per se stesso. Da qui la ricerca, in ambito architettonico, di strutture meno meccaniche e razionali, più sostenibili, tipica degli ultimi tempi.

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Ma c’è un però secondo Steiner, il quale ritiene che gli impianti eco-sostenibili concepiti secondo i metodi razionali-meccanicistici, per quanto utili dal punto di vista pratico, non bastano a risolvere il nocciolo della questione, ovvero la necessità di riappropriarci delle nostre origini, e della nostra anima, attraverso un’architettura più conforme alle nuove esigenze. Architettura che dovrebbe conciliare le conoscenze tecnologico-scientifiche con la creatività di stampo spirituale. Difatti un edificio realmente a misura di essere umano non potrà essere solo materia ma dovrà contenere elementi spirituali e animici. Lui stesso spiegò questo concetto apparentemente astruso in poche righe: “L’architettura, l’arte del costruire consiste nel proiettare all’esterno nello spazio l’interiore sistema di leggi del corpo umano”.

Quindi come dovrebbe essere l’architettura ideale?

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Casa Batlló di Gaudì

Dovrebbe conciliare corpo materiale, fatto di quei materiali edili che la sostengono a livello strutturale, e corpo vitale, che corrisponde alla parte derivante dal modo in cui questi materiali edili si combinano creativamente fra loro. Così accade anche nell’uomo. In termini semplici, i nostri arti presi singolarmente e montati gli uni sugli altri a puro fine strutturale sono solo materia. Quando però li assemblo armoniosamente attingendo alla creatività, ecco che passo dalla dimensione puramente fisica a quella vitale. Cioè l’architettura deve passare dallo stato inorganico-statico attuale, non vivente, a un carattere organico-dinamico, vivente e quindi mutevole.

E’ questo a fare la differenza tra un semplice assemblaggio di arti e un uomo-edificio vero e proprio. Ma se l’opera architettonica deve assomigliare in tutto e per tutto all’uomo, allora dovrà condividerne non solo i suoi aspetti animici, ovvero psicologici (per intenderci le emozioni), ma anche il suo spirito individuale connesso con il cosmo e immortale.

Come tradurre tutto questo a livello pratico?

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Guggenheim Museum di Frank Lloyd Wright

Attraverso un uso creativo dei colori, che danno un’anima all’edifico poiché scelti in base alle sensazioni che trasmettono, e tramite l’impiego di luci e ombre, che creano invece la sua esperienza interiore.

Riassumendo, il nostro corpo fisico corrisponde alla struttura e ai materiali dell’edificio, il corpo vitale alla forma e alle volumetrie dell’edificio, il corpo animico astrale allo stile complessivo, che include colori e luce, infine l’organismo dell’io corrisponde allo spazio occupato dalla costruzione. L’architettura contemporanea a Steiner, che è quella predominante ancora oggi, con le sue linee diritte e gli angoli retti trasmette l’idea di essere morta perché, come ben sappiamo, la natura è sinuosa e tutt’altro che rigida. Quindi l’architettura razionalista è lo specchio, anche nelle sue migliori forme, di un’epoca inorganica, atrofizzata, morta, arida dal punto di vista dell’interiorità.

Diversissima l’architettura organica vivente concepita da Steiner, che è invece sinuosa, dinamica, morbida, avvolgente proprio come la natura. Ne è un esempio il suo Goetheanum, sia nella prima che nella seconda versione. Ma per fortuna non è il solo, ad affiancarlo in questa concezione all’avanguardia Alvar Aalto, Hans Scharoun nella Filarmonia di Berlino, Imre Makovecz, Frank Lloyd Wright, Bruce Goff e molti architetti a noi contemporanei.

Concludo con una considerazione personale: ho sempre detestato l’architettura contemporanea preferendole di gran lunga le forme tondeggianti e sinuose di quella orientale, le opere geniali di architetti come Gaudì e il liberty con la sua matrice vegetale. Ora capisco che il mio era un inno alla vita!

Alcuni esempi di architettura organica vivente:

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Project by architect Robert Harvey Oshatz


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Le scuole Waldorf sono state costruite seguendo i principi dell’architettura organica vivente:
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Interno della scuola Waldorf di Berlino


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Scuola Waldorf in Danimarca


Scuola Waldorf di Oriago

Scuola Waldorf di Oriago


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Scuola Waldorf di Verona


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Scuola Waldorf di Conegliano Veneto


Scuola Waldorf di Bolzano

Scuola Waldorf di Bolzano





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