Psicologia

Perché il Male fin dalle origini affascina l’uomo?

Di Laura Cusmà Piccione - 9 Giugno 2022

La prima donna aveva tutto per sé e il suo compagno il Paradiso e tutte le sue delizie, aveva pure goduto della visione e della compagnia di Dio, a differenza di tutti i suoi discendenti che bramano sempre per avere un segno della sua presenza. Tuttavia, Eva tradisce il Padre e cerca il Male, per restare dalla sua parte sceglie la dannazione.
Perché il Male fin dalle origini affascina l’uomo? Ha tentato anche Cristo nel deserto, stavolta invano. Eppure tanti ci cascano. Come esercita il suo fascino il Male?
Il premio Nobel per la Letteratura José Saramago giustifica la colpa di Eva mutando in un sogno quello che successe nell’Eden:

Il serpente mi ha ingannata e io l’ho mangiato (il frutto proibito). Guarda, nel paradiso non ci sono serpenti. È ciò che ho sognato, signore, non volevi che mangiassimo il frutto perché avremmo aperto gli occhi e saremmo venuti a conoscenza del male del bene come li conosci tu, signore. E tu che hai fatto donna perduta, donna leggera, quando ti sei svegliata da un sogno così bello? Mi sono avvicinata all’albero ho mangiato il frutto l’ho portata ad Adamo e l’ha mangiato pure lui.
(José Saramago, Caino)

Lo psicanalista Massimo Recalcati, a proposito della tentazione di Eva, parlando del suo ultimo libro La legge della parola. Radici bibliche della psicanalisi, commenta quella prima fascinazione del Male in termini più teologici, spiegando che la tentazione di Eva altro non rappresenta che la tracotanza dell’Uomo di voler essere come Dio:

Il serpente è un immagine fondamentale nel testo biblico; poi troverà diverse altre figure che lo rappresenteranno. Il serpente insinua che Dio non vuole il godimento degli umani, il serpente insinua una rappresentazione titanica egoistica di Dio: Dio vuole trattenere il godimento solo per sé e proibirebbe il godimento all’umano. In realtà Eva replica al serpente: Non è vero, noi possiamo godere, ma non di tutto: c’è solo un albero a cui noi non possiamo accedere. Ma la vera provocazione del serpente non è quella di favorire la tentazione nel senso di accedere al frutto proibito, quindi spingere il desiderio al di là del limite imposto dalla legge, la vera provocazione perversa del serpente è che. se gli umani facessero questo, diventerebbero dei. Qui cogliamo l’unica vera forma di peccato che attraversa il testo biblico. In realtà esiste un solo grande peccato nel testo biblico, nell’Antico Testamento la follia più grande dell’umano è volersi istituire come Dio, voler essere Dio: è il desiderio di essere Dio quindi di rinunciare alla nostra vulnerabilità la nostra mancanza, la nostra fragilità è imporsi come padroni del mondo Questa è la vera follia dell’umano.

(Massimo Recalcati, Quante Storie -23 maggio 2022)

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Quanto piace l’Inferno della Divina Commedia rispetto al Paradiso, persino il Divin Poeta sembra maggiormente coinvolto dalle pene dei dannati che dai Beati:

E caddi come corpo morto, cade
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, canto V, v.142)

Oppure nel romanzo manzoniano I Promessi sposi l’attenzione è sempre più catturata da personaggi negativi, come la Monaca di Monza che, come Eva cede al Male, o l’Innominato, del quale quasi dispiace la sua conversione.

La sventurata rispose
(Alessandro Manzoni, I promessi sposi, cap.X)

E, nell’era delle stagioni televisive chi non ha tifato per i cattivi piuttosto che per i buoni?
I Soprano, Dexter, Walter White di Breaking Bad, Gomorra. La serie, Suburra, i ladri de La casa di carta, Narcos: sono tutti abitati da psicopatici, cattivi, sociopatici , psicopatici e delinquenti, eppure il pubblico tifa per i cattivi piuttosto che i buoni, che in realtà manco se ne trovano.
Ultimo dei cattivoni seriali è il serial killer che, tra la fine degli anni ’70 e la metà degli anni ’90 terrorizzò gli Stati Uniti con i suoi pacchi bomba: Ted Kaczynski, il famigerato Unabomber, protagonista di Manhunt: Unabomber; anche quello italiano ha terrorizzato per decenni le persone, eppure quanto affascina l’uomo libero e primitivo di intelligenza superiore che ci ritrae la serie tv americana? Lo spettatore anche più civilizzato e ben inserito nella società contemporanea non può che parteggiare per una vita secondo lo stato di natura – alla quale aspira Unabomber americano – anziché secondo le leggi dello Stato, che i suoi cacciatori cercano di far valere.

A coloro che pensano che tutto questo sembri fantascienza, facciamo notare che la fantascienza di ieri è il fatto di oggi. La Rivoluzione Industriale ha radicalmente alterato l’ambiente e lo stile di vita dell’uomo, e ci si può solo aspettare che, man mano che la tecnologia viene applicata sempre più al corpo e alla mente umana, l’uomo stesso venga modificato radicalmente come lo sono stati il suo ambiente e il suo modo di vivere.
(Theodore Kaczynski, Industrial society and its future)

Interroghiamo sul fascino del male Andrea Bernardelli, ricercatore del Dipartimento di Filosofia, Scienze sociali, umane e della formazione dell’Università di Perugia e autore del libro Cattivi seriali. Personaggi atipici nelle produzioni televisive contemporanee, nel quale Bernardelli indaga i motivi della fascinazione del male esercitata sugli spettatori da personaggi spesso asociali, antipatici, cattivi e moralmente discutibili che vengono definiti genericamente antieroi. Quali sono i motivi che spingono gli spettatori a stare dalla parte dei cattivi?
“I personaggi cattivi, quando ci affascinano, è perché vengono descritti come più profondi e complessi rispetto agli altri personaggi che popolano quel mondo narrativo. Questo li rende a noi più vicini, sono più umani e più realistici. Il cattivo a cui ci affezioniamo è un personaggio profondo, non piatto e banale. Conosciamo spesso il suo passato e ci affezioniamo alle sue debolezze, ai suoi difetti, compreso il fatto di essere “cattivo”.

La dicotomia Bene-Male è argomento troppo vasto per essere qui trattato, dunque, Bernardelli, si limita a spiegarla come ha scritto nel suo libro: “Essendomi occupato solo di come nelle finzioni narrative vengono rappresentati il bene e il male, di quello posso dire qualcosa. Si tratta di una polarità fondamentale per tenere in piedi un racconto. Senza un conflitto non c’è una storia da raccontare. Deve esserci uno squilibrio da sistemare, un problema da risolvere, un colpevole da identificare. E lo scontro tra i rappresentanti del bene e del male è il modo più semplice per descrivere queste situazioni conflittuali che sono il sale di ogni racconto. La Bibbia, l’epica classica, il romanzo moderno (pensate alla Commedia Umana di Balzac), o anche una saga cinematografica come Star Wars, sono tutte narrazioni basate sullo scontro tra il bene e il male”.

Che cosa sarebbe il tuo bene se non ci fosse il male, e come apparirebbe la terra se non ci fossero le ombre? Le ombre nascono dagli oggetti e dalle persone. Ecco l’ombra della mia spada. Ma ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Non vorrai per caso sbucciare tutto il globo terrestre buttando via tutti gli alberi e tutto ciò che è vivo per godere nella tua fantasia della nuda luce?
(Michail Bulgakov, il maestro e Margherita)

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Dunque, sono meccanismi che non appartengono soltanto alle serie tv. Basti pensare alla letteratura, nelle quale persino la prima donna è attratta dal Male. Perché Eva, che aveva per sé persino il Paradiso, cede alla tentazione del serpente? Su cosa agisce il fascino del male? Per Bernardelli “Il fascino del male nella realtà non esiste. Vorremmo forse condividere un appartamento con un serial killer, magari anche cannibale come Hannibal Lecter? Ne dubito. Anche solo per quello che ci ritroveremmo in congelatore. Ci affascina la rappresentazione del male perché è in realtà lontana. Il male messo alla giusta distanza ci incuriosisce perché possiamo sperimentare qualcosa di ignoto – per fortuna – senza pagarne le conseguenze”.

Foto di Waldkunst da Pixabay

Anche a scuola, gli studenti sono catturati dai personaggi negativi e dalle storie dei cattivi. Per esempio, si appassionano all’Inferno dantesco, mai tanto quanto al Paradiso. Oppure ne I Promessi sposi l’attenzione è sempre più indirizzata verso personaggi negativi, come la Monaca di Monza o l’Innominato.
Per Berbardelli è questione di sfumature, che di solito caratterizzano i cattivi: “I personaggi negativi in realtà non lo sono mai del tutto. Infatti, l’antieroe non è un villain, un vero cattivo senza alcuna sfumatura. La monaca di Monza è cattiva, ma ha i suoi buoni motivi per esserlo, a cominciare dalla monacazione forzata subita da parte di una famiglia che non la comprendeva. Il vero villain o cattivo a tutto tondo è quello senza sfumature, ma soprattutto privo di motivazioni, è un personaggio piatto, semplice strumento per muovere l’azione del buono (Goldfinger per James Bond). Il cattivo che sia tale senza che nella storia gli sia data una ragion d’essere, non appassionerà i lettori o gli spettatori. Il cattivo per attrarre deve avere sfumature, deve essere complicato da interpretare.

Potremmo dire, semplificando, che i grandi cattivi che ci affascinano sono quelli che si pongono il problema di esserlo, quei personaggi per cui l’essere malvagi è un problema, e lo pongono a se stessi e anche a noi.
La prima delle caratteristiche dei personaggi negativi che più ci attraggono è proprio la complessità, in cui ci riconosciamo: “Siamo attratti da personaggi negativi che siano umani. Per questo, come dicevo, è la loro complessità a renderli interessanti. Noi siamo complicati, indecisi, né bianchi, né neri. E così sono i protagonisti che ci attirano. Non sono cattivi, sono spesso moralmente confusi. Come noi”.

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E proprio le sfaccettature con cui si dipinge un personaggio, cattivo o buono, lo rendono interessante. Una pennellata piatta renderebbe noioso chiunque. Continua Berbardelli: “Sono altrettanto noiosi i personaggi cattivi in assoluto come i buoni in assoluto. Sono i personaggi piatti, privi di sfumature e di profondità ad annoiarci. Sappiamo sempre come si comporteranno e non cambieranno mai nel corso della narrazione. Don Matteo, nel mondo della sua serie tv, è sempre lo stesso, non ci sorprende (ma qui entra in gioco il fascino esercitato dalla ripetizione rassicurante dell’uguale, del ritorno dell’identico che ci fa tirare un sospiro di sollievo). I personaggi che si trasformano, che si complicano la vita, ci attraggono in un altro modo. Un personaggio che è buono e onesto all’inizio del racconto, ma che si trasforma lentamente in un personaggio negativo e malvagio, ci attrae. È il suo percorso di formazione, in un senso come nell’altro, dal bene al male o dal male al bene a interessarci. È la complessità di un percorso di trasformazione che ci prende, narrativamente parlando. Non a caso quello che ho descritto è l’arco di trasformazione del personaggio di Walter White, il protagonista della serie tv Breaking Bad; un bravo e onesto insegnante di chimica diventa un efferato narcotrafficante. Come spettatori siamo affascinati da questa inattesa trasformazione, è lo stupore di fronte al bruco che diventa farfalla (anche se, nel caso di Walter White, si tratta di un lepidottero abbastanza pericoloso).

Foto di Needvid da Pixabay

Se Breaking Bad è l’esempio perfetto del cattivone che affascina facendo leva sulla trasformazione del personaggio, gli heist movies puntano sulla complessità del piano criminale, che ci lascia affascinati dai meccanismi più cervellotici. Questo perché, continua Bernardelli: “Indipendentemente dal fatto che si tratti di un progetto pensato da un buono o da un cattivo la sua ideazione e messa in opera ci affascina. Ad esempio, perché siamo catturati dagli heist movies, i film incentrati sul racconto della grande rapina? Si tratta di atti criminali e dovremmo esserne inorriditi. Invece parteggiamo per i rapinatori e vogliamo che riescano nel loro intento, dal film Ocean’s Eleven alla serie tv La casa di carta. Noi parteggiamo per il programma narrativo dei personaggi su cui veniamo focalizzati, su cui viene concentrata la nostra attenzione. E più il piano è geniale e complesso, più ne veniamo coinvolti. Dimentichiamo il fine (il furto) perché ci concentriamo sul mezzo (il piano). In Gomorra. La serie, i buoni, le forze dell’ordine, appaiono poco o niente, e quando lo fanno vengono usati narrativamente solo come piatti strumenti per disturbare i progetti dei nostri protagonisti, dei criminali, ricordiamolo. Inoltre, l’essere intelligente, e spesso colto, del personaggio negativo lo rende apprezzabile perché lo fa diventare superiore al banale cattivo che agisce senza senso. Hannibal Lecter è un affascinante psicopatico perché è più intelligente, e anche raffinato, di tutti quelli che lo circondano, anche dei buoni”.

I Rolling Stones alla fascinazione del male dedicano persino una canzone: Sympathy For The Devil, un cui verso canta:

“Ma ciò che vi lascia perplessi è la natura del mio gioco, oh sì, andare giù”.
(Rolling Stones, Symphaty for the devil

Anche se il Male ci “degrada” non ne possiamo fare a meno?
Il male rappresentato degrada i personaggi di finzione, non noi spettatori. Noi guardiamo da fuori il loro percorso, la loro caduta. È essenzialmente il meccanismo dell’eroe tragico. La loro supponenza, la loro rivolta alla mediocrità, il volere tutto e subito, dovrà essere punito. E così sarà. Amleto ci affascina anche se si tratta di un protagonista che sappiamo sarà sconfitto, perché è inadatto al compito superiore alle sue capacità che si impone, vendicare la morte del padre. Riccardo III vuole tutto il potere e senza badare alla morale, così i coniugi Macbeth. Il male degrada quei personaggi, li porta sempre più in basso moralmente, fino alla sconfitta, e noi sentiamo che in questo c’è una giustizia. Vedere una rappresentazione estrema del male ci è di insegnamento. Ci fa vedere cosa accadrebbe se ci comportassimo in quel modo, ma senza subirne le conseguenze. I protagonisti antieroici, i cattivi che ci espongono le loro difficoltà e le loro pene, sono il fulcro di un percorso di istruzione morale. Vedere il male e capirne le ragioni, attraverso i tentativi di giustificazione che danno delle proprie azioni i diretti interessati, è un modo per costruirsi una competenza morale”.

Io preferisco sedere in basso, quando si sta bassi non è tanto pericoloso cadere.
(Michail Bulgakov, Il maestro e margherita)

Lontani dai poemi epici la contrapposizione è e sarà sempre tra eroe buono e antieroe cattivo?
Precisa l’autore di Cattivi seriali: “Prima di tutto l’antieroe non è il personaggio che si contrappone all’eroe, ma è un personaggio che manifesta delle caratteristiche che negano il suo poter essere eroico. L’antieroe è un eroe mancato, con dei difetti. Dunque, come dicevo, l’eroe e il suo antagonista, il villain o cattivo, sono figure narrative stereotipate che sono caratterizzate dal loro essere personaggi piatti, privi di sfumature o di complessità. I personaggi tondi, complessi e con un passato, una backstory – come dicono gli sceneggiatori, in realtà sono una diversa articolazione dei due poli del protagonista e dell’antagonista, sono un superamento della loro contrapposizione. L’antieroe spesso incarna in un unico personaggio le due polarità del bene e del male. È come se protagonista e antagonista fossero una sola persona. Il conflitto nell’antieroe è spesso interno al protagonista. Un esempio recente è nel film The Batman (2022) dove il tormentato dark knight scopre non solo di avere i propri fantasmi interiori (cosa ormai risaputa da altre sue rappresentazioni), ma che sta generando mostri a sua volta, crea involontariamente i suoi nemici. Uno degli adepti del suo antagonista di turno l’Enigmista, interrogato da un poliziotto che gli chiede, strappandogli la maschera, “Ma tu chi sei”, risponde “Io sono vendetta”, frase che all’inizio del film aveva usato lo stesso Batman. Per questo possiamo anche avere un protagonista apparentemente malvagio – verrebbe da dire un antivillain, un cattivo che non è più del tutto tale, che ha perso un po’ della sua malvagità -, perché ci viene presentato il senso del suo essere malvagio. Il film Joker (2019) umanizza il villain nemico di Batman facendoci conoscere la sua storia di disturbi mentali e di solitudine. Ma in quel film non c’è bisogno di avere un Batman, bene e male sono nello stesso personaggio, in Joker.

«Ma allora chi sei tu, insomma? Sono una parte di quella forza che eternamente vuole il male ed eternamente compie il bene»
(Citazione dal Faust di Goethe, epigrafe de Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov)





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