Spiritualità

Quando Muore Un Gatto A Noi Caro La Nostra Anima Si Mette In Viaggio Con Lui

Di Elena Bernabè - 25 Marzo 2021

Il gatto è un animale misterioso. Arricchisce le nostre giornate con il suo silenzio, con la sua delicatezza e con il suo intuito sempre acceso. Anche se diviene un animale domestico non perde mai il suo collegamento con la natura che lo richiama a sé più volte nel corso della sua vita.

Ragazzo insieme ad un gatto vicino alla finestra

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La sua presenza è essa stessa un dono per l’uomo. Solo osservandolo si possono cogliere i più grandi insegnamenti di vita: il suo istinto diviene per noi un grande maestro che ci mostra soluzioni, modi di vivere, azioni coraggiose e rischi che vale la pena prendere.

Il gatto è stato per me un animale socratico. Mi ha insegnato a scoprire chi ero ed anche qual era il mio posto nel mondo.
(Giorgio Celli)

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Quando muore un gatto anche una parte di noi se ne va con lui

Prima o poi si è chiamati ad affrontare la morte del nostro animale domestico. Qualunque sia il motivo della morte (vecchiaia, malattia, incidente) ci ritroviamo a vivere un vero e proprio lutto. Diverso però da qualsiasi altro lutto, umano o animale.

Il gatto infatti è un animale intriso di mistero fin dai tempi antichi. Si dice che arrivi nelle nostre vite per un motivo ben preciso, che scelga lui da chi andare, che ha una missione da portare a termine e compiuto questo suo compito lasci la vita terrena. Come un guerriero che ha combattuto e vinto la sua battaglia, il gatto alla fine della sua missione torna a casa. Morendo, sparendo, andando a vivere in altre case.

Lo sa bene chi ha potuto sperimentare la vicinanza di un gatto durante una malattia: il nostro amico felino solitamente percepisce la presenza di un sintomo anomalo del corpo umano e d’istinto va a posizionarsi sopra questa parte del corpo più volte al giorno per dare conforto, per proteggere, per stare semplicemente vicino. E’ come se in quel momento volesse condividere il male con noi, essere il nostro protettore, curare il nostro stato d’animo.

Le leggende che hanno come protagonista il gatto sono davvero molteplici. Il fascino di questo felino domestico incanta l’uomo che è in grado di accoglierlo ed egli è portato a vivere la sua morte come una vera e propria lacerazione dell’anima. Intesa non come una ferita fine a se stessa ma come un’apertura, un’occasione di entrare in una porta mistica.

Quando muore un gatto veniamo letteralmente catapultati in un altro mondo, ci sentiamo scaraventati in un burrone emotivo profondissimo, è come se il nostro amico felino ci avesse preso la mano per farci tuffare nell’invisibile. Per permetterci di fare un pezzetto di viaggio insieme a lui. La sua morte è un invito, ad abbandonare la paura, la mente, il controllo. Ed il dolore per la sua perdita ha proprio questo intento: far cadere le nostre difese e abbandonarci a questo viaggio divino.

Mi dà sempre un brivido quando osservo un gatto che sta osservando qualcosa che io non riesco a vedere.
(Eleanor Farjeon)

Anche con la loro morte, insomma, i gatti ci insegnano a vedere oltre, ad avere fiducia nella vita, a morire in modo fluido e naturale. Solitamente, infatti, il gatto si abbandona alla morte con naturalezza, non resiste, non ostacola il flusso degli eventi.

Tutta la vita di questo animale parla, senza fare alcun rumore, senza agitazione, senza creare scompiglio.

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Donna che abbraccia un gatto

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Vivere la morte di un gatto è come vivere la morte di una parte di noi, quella più selvaggia, istintiva, quella più saggia. Ci sentiamo persi, disorientati, tristi per questo vuoto che siamo costretti a vivere. Se riuscissimo però a lasciare andare la sua vita, a considerarla una trasformazione, a ricercare la presenza della sua anima nelle nostre giornate tutto si colorerebbe di un significato diverso: non vedremo più solo un corpo assente da piangere ma una presenza costante da riuscire a percepire ancora. In modo diverso da prima.

Chi ci riesce racconta di sentire ancora le sue fusa dopo la sua morte, di sentirlo miagolare, di vedere la sua ombra in giro per casa nei luoghi che più amava, di sognarlo, di ricevere da lui simboli, immagini ed eventi in grado di raccontare grandi verità, di rivederlo in altri gatti, di sentirlo più di prima.

Credo che i gatti siano spiriti venuti sulla terra. Un gatto, ne sono convinto, può camminare su una nuvola.
(Jules Verne)

Cosa fare quando muore un gatto

L’unica cosa da fare quando il nostro amico peloso ci lascia è abbandonare sensi di colpa, disperazione e rabbia. E riuscire a trovare nella nostra tristezza i messaggi che la sua morte è venuta a donarci. Rimanere nel vuoto della sua mancanza e riceverne gli insegnamenti, le indicazioni di vita, riuscire ad ascoltare i suoi sussurri.

Quando muore un gatto avviene un accadimento spirituale fortissimo, un’occasione di introspezione speciale, un momento di intenso collegamento con l’universo.

Se riuscissimo a viverlo come un episodio di passaggio, come un ponte verso altri mondi, come un invito a cambiare sguardo sul mondo la sua morte muterebbe completamente: si trasformerebbe da evento drammatico ad evento simbolico, in grado di portarci immensi doni. Il gatto con la sua morte si trasforma in un traghettatore che ci può condurre ad unire la morte e la vita, parti dello stesso ciclo.

Gli occhi di un gatto sono due finestre
dietro le quali una divinità misteriosa
ci osserva in silenzio.
(Fabrizio Caramagna)

Elena Bernabè Scrittrice





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