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Rassegna Etica

Vincent Van Gogh: quando la pazzia diventa genialità

Di Laura De Rosa - 23 Gennaio 2018

L’artista pazzo, il genio folle, il pittore maledetto, così viene descritto Vincent Van Gogh. Stando alle principali fonti, le lettere che inviava al fratello Theo, la malattia mentale lo avrebbe colpito prima dei 30 anni. Crisi allucinatorie, attacchi epilettici, depressione, confusione mentale, questi alcuni dei sintomi che si suppone attanagliassero l’artista rendendogli la vita impossibile. Gli studiosi nel corso del tempo hanno cercato, inutilmente, di circoscrivere la sua follia definendolo schizofrenico, malato di porfiria acuta intermittente, rara patologia ereditaria, o semplicemente alcolizzato di assenzio, liquore in grado di provocare, se assunto in quantità eccessive, allucinazioni.
 
Qualunque cosa lo tormentasse, pazzo o non pazzo, Vincent Van Gogh non ebbe una vita facile. Il fratello Theo, che aveva una Galleria D’Arte, lo aiutò finanziariamente incoraggiandolo a frequentare una scuola d’arte, che gli permise di conoscere diversi pittori e di stringere qualche amicizia. Nel 1881 fu l’amore a travolgergli l’esistenza: innamorato della cugina Kate, vedova con un figlio, si vide presto rifiutato. Preso dalla disperazione, l’artista si bruciò una mano per dimostrarle la forza del suo amore. Superata questa delusione, iniziò a prendere lezioni di pittura nell’atelier di Anton Mauve, ma il rapporto si deteriorò presto a causa di dissapori.
Ad Arles, la notte del 23 dicembre, accadde uno degli episodi più drammatici della sua vita: dopo una lite con l’amico Gauguin, dopo solo 9 settimane dall’arrivo di quest’ultimo nella città, Van Gogh si tagliò la parte inferiore dell’orecchio sinistro, e dopo averla incartata, la portò in un bordello per regalarla a una prostituta sua amica. Fu allora che venne ricoverato in ospedale con la diagnosi di epilessia, alcolismo e schizofrenia. E fu sempre qui che diede vita al suo famoso Autoritratto con orecchio bendato.
Da allora in avanti le crisi allucinatorie aumentarono così come i ricoveri, sempre più frequenti. Dopo l’ultima crisi Van Gogh si trasferì, nel 1890, a Auvers-sur-Olse, dove conobbe il medico-pittore Paul Gachet. In questo periodo della sua vita la follia viene rimpiazzata da una lucida depressione. Si sentiva perseguitato da tutti, non tollerava alcuno sguardo, nemmeno quello dei bambini, sentendosi preso in giro, minacciato, deriso.
Quando la pazzia diventa genialità
 
Che Van Gogh fosse realmente pazzo, qualunque cosa sia la pazzia, non è dato a sapersi ma sicuramente si portava dentro il “Male di Vivere”, dovuto forse a un’esasperata sensibilità, che si rivelò tanto geniale quanto mostruosa. La sua straordinaria capacità di immergersi nella vita interiore e di descriverla attraverso l’Arte gli costò la vita stessa.
Attraverso i suoi tratti decisi, i colori, le atmosfere, Van Gogh penetrava il mistero dell’esistenza, mettendo in contatto la sua anima con il mondo circostante. Un compito che gli veniva difficile nella realtà ordinaria ma di cui era Maestro nell’arte. E’ forse uno dei motivi che hanno contribuito a renderlo immortale, nonostante in vita non fosse stato riconosciuto il suo valore, che differiva troppo dal gusto dell’epoca, “colpevole” di mostrare realtà interiori troppo scomode, troppo estreme per poter essere comprese e metabolizzate dai suoi contemporanei.
Van Gogh aveva compreso che la natura non è solo bella, perfetta, ideale, ma anche terribile, cattiva, noiosa, addirittura nauseante, aveva osato inoltrarsi nel suo lato oscuro, penetrandolo e riportandolo sulla tela, senza mediazioni. Era capace di osservare la realtà da un’altra prospettiva e questa sua diversità lo fece sentire escluso dal mondo circostante, che ne aveva paura. L’inventore del teatro della crudeltà Antonin Artaud, amante della pittura di Van Gogh, denunciò la repressione di questo genio da parte di una società ipocrita, che non accettava il diverso e che per questo preferì tacciarlo come pazzo. L’umanità non vuole darsi il fastidio di vivere: ha preferito sempre accontentarsi di esistere”, affermò Artaud.
A questo punto sorge spontanea una domanda: se la follia di Van Gogh fosse stata alimentata da quella stessa società conformista che lo giudicava diverso? Forse Van Gogh non vedeva distorto ma oltre. Purtroppo questa capacità raramente viene ammirata dai contemporanei, tutt’oggi, sebbene la società si ritenga molto libera. Certe “verità” sono scomode e chi osa mostrarle è a sua volta scomodo, quindi da allontanare.
Van Gogh si suicidò a 37 anni.
Cosa ci insegna un genio (folle) come Vincent Van Gogh
 
Un vita come quella di Vincent Van Gogh dovrebbe indurci a riflettere sul valore, e sulla paura, della diversità. Oggi che Van Gogh è riconosciuto universalmente, è facile stare dalla sua parte, ma nella nostra vita quotidiana, quanto siamo aperti nei confronti del “diverso”? Van Gogh si è “salvato” post-mortem perché è stata riconosciuta la sua genialità artistica, ma chissà quante altre persone diverse, non dotate delle sue stesse capacità, subiscono ogni giorno ingiustizie.
Non solo persone dalla sensibilità esasperata, non solo persone con menomazioni fisiche, ma anche uomini e donne che hanno la sola colpa di avere una “diversa” nazionalità e che oggi si ritrovano sul suolo di terre straniere per sfamare le proprie famiglie, disperati, spaesati, incompresi, tacciati dai locali come ladri, briganti, incapaci, delinquenti. Anche questa è una forma di diversità che purtroppo continua a suscitare scandalo, tutt’oggi, nonostante la società si ritenga aperta ed evoluta.
Non dobbiamo pensare ai diversi guardando al passato perché “giustificarli”, in questo caso, è semplice. Dobbiamo pensare ai diversi che vivono intorno a noi, persone che ci appaiono insolite, che conducono vite eccentriche rispetto alla maggioranza, individui provenienti da terre sconosciute e quindi “diverse”. Sono questi i diversi con cui confrontarci per capire quanto siamo aperti, oggi, nei confronti della diversità.
Proviamo a chiederci qual è il nostro atteggiamento verso questi “diversi”, nella vita di tutti i giorni. Li giudichiamo con facilità? Tentiamo di capirli? Cerchiamo di immedesimarci nelle loro vite? Ci chiediamo mai “chissà come si sente quella tal persona“? Chissà perché sembra così diversa? “Van Gogh” potrebbe nascondersi tra loro, sporco, trascurato, antipatico, ostile, minaccioso.

Laura De Rosa

mirabilinto.com

 
 





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