Anteprima
Psicologia

Il Dilemma delle Persone Sensibili: il Segreto è nella Compassione

Di Sandra Saporito - 11 Dicembre 2017

Immagina per un istante di attraversare il peggiore periodo della tua vita e di sprofondare in una tristezza profonda come un pozzo. Tu sei lì, in fondo a quel pozzo e piangi tutte le lacrime del tuo corpo mentre arrivano tre persone…
La prima sente i tuoi singhiozzi, si ferma a guardare in fondo al pozzo, alza le spalle e passa oltre. Non ti conosce e ha altre cose da fare.
La seconda si ferma e ti vede lì, tutto solo/a e la tua tristezza lo tocca talmente tanto che si lascia calare nel fondo del pozzo della tristezza per farti compagnia.
La terza persona che passa lì vicino sente la tua tristezza ma decide di non lasciarsi sopraffare dal dolore, si ferma a ragionare su come può aiutarti e ti tira fuori da lì, assieme al secondo passante, ovviamente, mica lo lascia in fondo al pozzo anche se si è calato lì di sua spontanea volontà.
Riesci a capire chi ha mostrato empatia e chi compassione?

 

Empatia e compassione non sono sinonimi

donna

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© Pexels


Empatia e compassione non sono sinonimi anche se abbiamo spesso tendenza a confonderle tra di loro. Ma prima di tutto, facciamo un piccolo passo indietro nella storia per capire meglio l’origine di tale parola. In realtà, “Empatia” è una parola coniata tutto sommato molto di recente, precisamente da Robert Vischer, un filosofo tedesco (1847-1933) che introdusse l’uso della parola “Einfühlung” (simpatia estetica), poi tradotta in “empatia” e ripresa da Theodor Lipps, filosofo e professore universitario, tenuto in alta considerazione da Sigmund Freud.

L’empatia o l’arte di sentire col cuore.

La parola “empatia” deriva dal greco “εμπαθεία” (empatéia), a sua volta composta da en- (dentro), e “pathos” (sofferenza o sentimento) e rappresenta la facoltà di capire e sentire ciò che prova l’altro. In poche parole, si porta dentro di noi il sentimento dell’altro dandoci la possibilità di mettersi nei suoi panni e capire in modo più profondo ciò che l’altro vive in un determinato momento.
 

La sua impronta nell’evoluzione umana

“L’empatia si sarebbe sviluppata perché mettersi nei panni dell’altro per sapere cosa pensa e come reagirebbe costituisce un importante fattore di sopravvivenza in un mondo in cui l’uomo è in continua competizione con gli altri uomini.”

— Geoffrey Miller

L’empatia fa parte del processo di evoluzione umana e Geoffrey Miller spiega che in realtà è stata proprio la selezione naturale a rinforzare l’empatia nell’uomo, incentivando la comunicazione non violenta.
Una cosa è certa, guardandoci intorno e osservando quello che succede sopratutto sui social network dove sembra che ogni tipo di filtro sia superfluo, l’empatia è di certo un dono, quel genere di dono capace di eradicare il linciaggio mediatico, il bullismo e la cattiveria gratuita.

La compassione e il punto di vista orientale

Si può leggere un po’ di tutto sulla compassione, c’è chi dice che si tratta di un sentimento egoistico che si traveste da solidarietà, chi afferma che si tratta di un sentimento di pena, di pietà che si muove dall’alto verso il basso.
Personalmente, preferisco dare voce a chi, di compassione, se ne intende maggiormente. Ecco cosa dice Joan Halifax sulla compassione:
 

La compassione trasforma il dolore

Joan Haliflax è antropologa, scrittrice e fondatrice di numerosi centri di assistenza ai malati in aeree devastate dalla povertà. In questo video del TED (davvero illuminante e che ti consiglio caldamente di guardare), Joan spiega quanto in realtà la compassione si basi sul trasformare il dolore e non si congela solo sul sentire e percepire il sentimento dell’altro.
 
Oltre il sentire, c’è il fare, il tendere la mano, il curare, accudire senza giudizio, senza lasciarsi sopraffare dalle emozioni. C’è un coinvolgimento delle emozioni e della ragione, riunite in un unico scopo: trovare una soluzione.

“La compassione, per come la intendo e per come la intende il Buddismo, non è un sentimento astratto ma una dimensione della mente. È una concreta, positiva disposizione dell’essere umano nei confronti di tutti i suoi simili e di questo piccolo pianeta che è l’unica casa che possiamo abitare. E si basa su di un effettivo e onnipervasivo senso di responsabilità universale.”

— Dalai Lama

Molti pensano che la compassione sia priva di quel sentire che rende l’empatia un dono capace di avvicinare le persone; forse questa incomprensione si basa proprio sulla nascita dei concetti di compassione e empatia nel mondo occidentale, proprio in seno alla filosofia, rivestendo quindi significati diversi in base alle scuole di pensiero. Tuttavia, bisogna ricordare che la compassione ha origini molto antiche nelle tradizioni orientali, motivo per il quale, trovo più saggio fare come i salmoni e risalire fino alla sorgente per capirne a fondo il significato originario.

La conoscenza del dolore

Un punto fondamentale che sembra accomunare le persone compassionevoli è la conoscenza del dolore, per la maggior parte di noi questo avviene tramite esperienza diretta, perché spesso chi si sente immune alla sofferenza, crea un muro tra sé e gli altri e impedisce al proprio cuore di aprirsi all’altro.
Ci sono tuttavia casi, per lo più leggendari, di persone nate in situazioni talmente agiate da non metterle mai in contatto con le sofferenze di questo mondo e che hanno sviluppato una compassione senza precedenti. Il più conosciuto tra questi è proprio il principe Siddhārtha, che diventò Buddha, un risvegliato.

Quello che rompe ogni tipo di barriera tra gli esseri viventi

In questo, la capacità di provare compassione rompe le barriere socio-culturali, non ci sono più giovani e vecchi, poveri e ricchi oppure umani ed animali, ci sono solo esseri viventi che soffrono, che non meritano tale dolore e che devono essere aiutati.
 

“Se volete ottenere l’illuminazione, non dovete studiare innumerevoli insegnamenti. Approfonditene solo uno. Quale? La grande compassione. Chiunque abbia grande compassione, possiede tutte le qualità del Buddha nel palmo della propria mano.”
— Buddha

Detto questo, se tu fossi in fondo al pozzo di tristezza di cui ti parlavo prima, abbandonato/a alla tua sorte, chi vorresti incontrare sul tuo cammino: la prima, la seconda oppure la terza persona?
Hai fatto la tua scelta? Perché quello che hai scelto potrebbe essere proprio ciò che potresti diventare TU per il mondo.
 

Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e shamanic storyteller
www.risorsedellanima.it





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