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"Ad Aleppo c'è un olocausto e il mondo non fa niente per fermarlo": l'accusa della giornalista arabo-israeliana

Di Redazione - 19 Dicembre 2016

Aleppo è una città della Siria settentrionale. Il 19 luglio del 2012 ad Aleppo è iniziata una guerra atroce che ha portato la città ad essere divisa in due parti: da una parte il governo, dall’altra i ribelli. Le vittime, soprattutto donne e bambini, ogni giorno sono tantissime e le immagini che ci giungono tramite le televisioni parlano di terrore negli occhi dei civili, di case ormai inesistenti, di macerie ovunque, di corpi senza vita, di bambini impauriti e sanguinanti, di padri e madri disperati. E noi osserviamo con le lacrime agli occhi (spesso nemmeno con le lacrime perchè siamo ormai abituati a immagini di violenza, sono per noi come un film, sono eventi che accadono lontano da noi e non riusciamo a viverne la vera drammaticità); senza far niente.

Il far niente è il male dei nostri tempi, è un atteggiamento molto più pericoloso di chi fa del male, è segno di mancanza di empatia, di ipocrisia, di superficialità.

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La giovane giornalista della tivù israeliana Lucy Aarish è intervenuta sul secondo canale della televisione di Stato di Israele con un discorso duro, importante e vero che speriamo desti il mondo da questa apatia e immobilità insensata e pericolosa.

Queste le sue parole:

“Proprio ora, adesso in Siria, a sole 8 ore di macchina da Tel Aviv, si sta consumando un genocidio. Ascoltate, lasciatemi essere più precisa. E’ un olocausto, sì un olocausto. Forse noi non vogliamo sentirlo o avere a che fare con il fatto che nel XXI secolo, nell’era dei social media, nel mondo dove l’informazione può prendere forma nel palmo della tua mano, in un mondo dove puoi vedere e sentire in tempo reale le vittime e le loro storie di orrore. In questo mondo noi non stiamo facendo niente mentre i bambini vengono macellati ogni singola ora. Non chiedetemi chi ha ragione o chi ha torto. Chi sono i buoni e chi sono i cattivi, perchè nessuno lo sa. E francamente non importa. Quello che importa è che sta succedendo proprio adesso difronte ai nostri occhi. E nessuno in Francia o in Gran Bretagna o in Germania o in America sta facendo qualcosa per fermarlo. Chi sta manifestando nelle strade per gli uomini e le donne della Siria? Chi sta urlando per i bambini? Nessuno! L’ONU sta tenendo riunioni del suo Consiglio di sicurezza e si asciugano le lacrime quando vedono l’immagine di un padre che abbraccia il corpo della sua piccola figlia. C’è una parola per questo: ipocrisia! Io sono un’araba, una musulmana, una cittadina dello stato di Israele ma sono anche una cittadina del mondo, e mi vergogno! Mi vergogno come essere umano che ha scelto dei leader che sono incapaci di sostenere le loro condanne ed essere decisi nelle loro azioni. Io mi vergogno che il mondo arabo sia preso in ostaggio da terroristi ed assassini e che noi non facciamo niente. Io mi vergogno che la pacifica maggioranza dell’umanità sia irrilevante ancora una volta. Dobbiamo ricordare? Armenia, Bosnia, Darfur, Rwanda, la seconda guerra mondiale? No, non dobbiamo! Albert Einstein disse: “Il mondo non sarà distrutto da quelli che faranno il male ma da chi li guarda senza far niente”.

Gli occhi e le lacrime dei bambini di Aleppo sono gli occhi e le lacrime dei nostri figli, la disperazione dei padri e delle madri di Aleppo devono essere la nostra disperazione, non possiamo vivere la nostra quotidianità senza far nulla per le tragedie che si consumano ogni ora lontano da noi, non possiamo delegare a politici, leader e organizzazioni internazionali l’urlo di vergogna che deve nascere dentro ad ognuno di noi e che si deve espandere nel mondo. E’ grazie al piccolo movimento d’animo di un persona che si fanno le grandi rivoluzioni: le parole di questa coraggiosa giornalista hanno toccato le corde dell’anima di molti, le ha messe in moto, ha attivato emozioni, pensieri, idee, solidarietà che si propagano da persona a persona diventando un contagio costruttivo di empatia e di fratellanza.

Accogliamo allora queste seme di vita, seminiamolo e annaffiamolo, facciamolo germogliare. Fatevi trasportare da ciò che vi ha suscitato questo discorso e riversiamoci nelle piazze, organizziamo fiaccolate, basta anche solo una candela accesa sulle finestre delle nostre case. L’energia e il messaggio che veicola ogni singolo gesto di ogni singola persona è di una potenza formidabile e importantissima. Attiviamoci, ribelliamoci… non rimaniamo passivi, è il peggio modo di vivere e di educare!

Elena Bernabè



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