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Halloween/Samhain: come festeggiarlo e riscoprire le nostre radici

Di Sandra Saporito - 30 Ottobre 2021

Intorno alla notte del 31 ottobre gravitano leggende antiche, celebrazioni sacre, festeggiamenti goliardici e dicerie contemporanee. Se per esempio Halloween è etichettato di “americanata”, mera festa commerciale legata alla paura, è probabilmente dovuto alla dimenticanza degli antichi riti connessi alle origini di questa festa, che risalgono a molto, molto tempo fa…

“Halloween è il giorno in cui ci si ricorda che viviamo in un piccolo angolo di luce circondati dall’oscurità di ciò che non conosciamo. Un piccolo giro al di fuori della percezione abituata a vedere solo un certo percorso, una piccola occhiata verso quell’oscurità.”
(Stephen King)

Le origini precristiane (e del nostro territorio!) della festa di Halloween

Halloween è un termine anglosassone che deriverebbe da “All Hallows Eve”, ovvero la vigilia di Ognissanti. Ognissanti o Tutti i Santi è una celebrazione che commemora i martiri della Chiesa ma occorre fare un passo indietro nella storia per comprendere le vere origini di questa festività che risale all’epoca precristiana.

Una prima testimonianza della festa di Ognissanti risale all’anno 609 d.C., quando questa festività si celebrò per la prima volta, non il 1 novembre ma il 13 maggio, data in cui il Pantheon fu trasformato in chiesa dedicata alla Vergine e a tutti i martiri col nome di Dedicatio Sanctae Mariae ad Martyres, sotto la decisione di papa Bonifacio IV. Per molti anni Ognissanti fu celebrato il 13 maggio, fino a quando papa Gregorio III decise di spostare la data della festività dal 13 maggio al 1° novembre per facilitare la conversione dei pagani che celebravano in quella data una festa ancora più antica: Samonios.

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Come questa notte magica veniva celebrata in passato

Samonios o Samhain (“fine dell’estate”) era il capodanno secondo le tribù celtiche che popolavano i nostri territori. Spazio liminale tra la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno, Samonios era considerato come un tempo fuori dal tempo, un momento in cui il velo tra i mondi si alzava per permettere la comunicazione tra il mondo dei vivi e quello degli Spiriti che venivano ricordati, onorati e celebrati con altarini e offerte.

Secondo le credenze antiche, le anime dei propri antenati avevano la possibilità di ritornare dai loro cari nelle notti dal 31 ottobre al 2 novembre, permettendo così a tutta la famiglia di riconnettersi al di là del Tempo e dello Spazio in uno spirito di amore, sacralità e rispetto, e allo stesso tempo permettendo alle nuove generazioni di ricordare le proprie origini, le proprie radici, la propria identità collettiva.

Per guidare i defunti attraverso le nebbie e permettere il loro ritorno a casa dove li aspettavano i loro cibi preferiti e altre offerte a loro gradite, si lasciava fuori dalla porta di casa un lume, una lanterna fatta di una zucca o di una rapa vuota. Si accendevano fuochi e falò per illuminare la notte e se ne conservavano poi le ceneri fino alla prossima accensione per simboleggiare la continuità della vita oltre la morte, della luce oltre l’oscurità.

Tuttavia, la porta aperta tra i due mondi, tra quello dei vivi e quello degli Spiriti, non lasciava passare soltanto i defunti ma secondo le antiche tradizioni anche tutta una serie di spiritelli non sempre con buone intenzioni, motivo per il quale era usanza comune vestirsi di maschere spaventose o intagliare zucche o rape con espressioni terrificanti con un intento apotropaico: servivano a mettere in fuga i fantasmi burloni che avrebbero potuto pregiudicare i raccolti futuri o essere portatori di sfortuna.

Riscoprire le proprie radici attraverso le nostre tradizioni: le łumere e Is Animeddas

Nelle tradizioni contadine nostrane ritroviamo ancora testimonianze di queste vecchie usanze che cambiano nome a secondo del paese o della regione.

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In Veneto per esempio, ancora oggi si usa accendere le łumere (suca baruca, suca dei morti): zucche svuotate con all’interno un lume per illuminare la strada ai propri cari defunti o per ingannare i spiritelli dispettosi illuminando il bordo dei fossati e portandoli fuori strada. I bambini passeggiavano per le strade per far paura ai passanti e poi bussavano di porta in porta per chiedere castagne, nocciole, frutta secca, evoluti poi nei dolci tipici come le favette dei morti, il pan dei morti, ecc.

Questa tradizione, con le sue dovute varianti, era conosciuta in tutto il nord Italia, chiamata lümere in Lombardia, in Emilia e in Piemonte; lumazze nel Polesine e in Romagna; teste da mort nel Biellese e mortesecche nel Lucchese.

In Sardegna vi era invece la Is Animeddas o Su Mortu Mortu, celebrazione che vantava origini molto antiche. Secondo la tradizione isolana, le anime del Purgatorio tornavano tra i mortali per ricongiungersi ai propri cari il tempo di una notte e sperare poi, grazie alle loro preghiere, di trovare la pace eterna. I bambini defilavano nelle strade vestiti da fantasmi per fare la questua per i morti, chiedendo noci, melagrane, castagne e dolcetti, tra i quali i tradizionali papassinos.

La memoria del passato è un’eredità preziosa

Per celebrare la notte del 31 ottobre al meglio, possiamo recuperare il legame con le nostre radici, con le nostre tradizioni locali, ripercorrere il tempo di una notte le strade che hanno calpestato i nostri avi, recuperare la memoria dei vecchi racconti di famiglia accendendo una candela da posare fuori dalla porta per illuminare la strada di casa.

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Potremmo preparare i piatti di famiglia, quelli che si tramandano di generazione in generazione, e allestire la tavola per i nostri nonni, bisnonni e antenati in modo da farli sentire benvenuti nella nostra memoria.

Potremmo tirare fuori dal cassetto le carte ingiallite del nonno, il tempo di una partita, oppure raccontare quella storia che piaceva così tanto alla nonna e che le aveva raccontato suo padre a sua volta, o ancora rispolverare gli albums di famiglia assieme ai ricordi, da tramandare ai più giovani come un’eredità preziosa; tutto questo potrebbe essere un modo per far pace con la morte e non aver paura di quello che avverrà “quel” giorno, perché sapremo che anche noi un giorno potremo tornare a casa.

Ricordare, recuperare il legame con le nostre radici, con le nostre tradizioni con uno spirito di festa, gioioso e pregno di amore e rispetto allo stesso tempo sarà un modo per onorare la ciclicità della vita, il mistero della morte e esorcizzare allo stesso tempo le paure che questo regno, a noi ancora sconosciuto, potrebbe incutere. Giocare a spaventare gli spiritelli dispettosi o illuminare la strada di casa per gli avi, riunirsi in cucina per cucinare i dolcetti dei morti, intagliare zucche, rape, qualsiasi cosa sia purché sia fatta insieme, in famiglia e ri-scoprirsi come un grande albero che ha radici che si perdono certo nella storia, nell’oscurità di un mondo sconosciuto, nascosto, ma ben presente e che ci sostiene ad ogni nostro passo, sarà di certo un modo per riscoprire la magia della vita e del suo mistero e celebrare questa notte del 31 ottobre.

“Halloween cade a novembre perché in questo mese muore la natura. Si tratta di esorcizzare la morte, addomesticarla, e pensare alla propria.”
(Anonimo)

Fonti:

Le vere origini di Halloween
Is Animeddas: l’halloween sardo dalle origini antiche
Le lumere: antico segno di celtismo padano

Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e operatrice in Discipline Bio-Naturali
www.risorsedellanima.it





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