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Economia Locale: Cosa ci perdiamo quando andiamo in un grande magazzino?

Di Valeria Bonora - 15 Febbraio 2016

Oggi devo andare a fare la spesa” è quello che ho pensato stamattina, mi sono infilata le scarpe, il cappotto e sono uscita, ma invece di dirigermi verso il grande supermercato di zona, ho puntato un piccolo negozio che vende prodotti locali, a chilometro zero.

Economia Locale

Mi ero trovata bene questa estate quando nel comune avevano organizzato un mercatino dove ogni persona che aveva un’azienda poteva portare la propria merce e venderla.

E’ stato amore a prima vista, anzi a prima annusata a dire il vero, appena arrivavi tra quelle poche bancarelle venivi sopraffatto dai profumi, frutta e verdura freschissima, ancora con la terra attaccata… una meraviglia per gli occhi e per il naso… per non parlare dei sapori!

Non avete mai fatto caso che al supermercato la vastità enorme di frutta e verdura a disposizione non ha odore?!

Non so perché ma stamattina mi sono diretta decisa verso quel negozio, volevo sentire di nuovo i profumi che sentivo quest’estate… e ci sono riuscita! Appena dentro le mele, le arance (ok non sono a km zero ma erano comunque appena arrivate dalla Sicilia su un camioncino e non in un box frigo) e le pere mi hanno inondato col loro profumo, poi le cipolle, le coste e le patate, si anche le patate hanno un loro profumo, di terra e vita!

Ho comprato un po’ di verdura e un po’ di frutta, non molto, ci sarei tornata il giorno dopo a prendere altre cose fresche, e mentre tornavo a casa mi sono gustata una pera deliziosa e mi sono messa a pensare… ma una volta lo scambio del cibo non era così? Perché oggi c’è bisogno di grandi supermercati, quantità industriali di cibo che sostanzialmente non sa di nulla?

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Una volta il cibo era di stagione e di regione, non c’era la necessità di mangiare tutto l’anno l’uva o le fragole, si mangiava quello che restituiva la terra nella sua stagione, i contadini lavoravano la terra e fornivano i loro prodotti a chi ne aveva bisogno in cambio di altri che loro non producevano, attraverso il baratto prima e poi attraverso i negozi.

Il primo supermercato nacque in Francia nel 1830, erano i Magasins de Nouveautés, successivamente aprì Le Bon Marché a Parigi nel 1852, e quasi contemporaneamente in America nasceva Macy’s a New York.

In Italia il primo grande magazzino apre a Milano nel 1877, fondato da due fratelli tessitori Luigi e Ferdinando Bocconi e successivamente aprono la Upim nel 1928 a Verona e la Standa nel 1956 a Napoli; anche il primo supermercato italiano aprì a Milano ma nel 1957 oggi conosciuto come Esselunga.

Una lunga tradizione di grandi anzi sempre più grandi negozi dove dentro c’è davvero di tutto, dal cibo all’elettronica, dai vestiti ai farmaci. Ma in tutto questo si è perso qualcosa, la gioia di andare a comprare la primizia nel negozietto, di assaggiare la scaglietta di formaggio prima di acquistarla.

Si sono persi i profumi e i sapori di quello che una volta era il cibo incontaminato, fresco e sano, che non affrontava lunghi viaggi in camion refrigerati, che non veniva conservato sottovuoto per durare più a lungo per arrivare a destinazione, si è persa la voglia che arrivi una determinata stagione per mangiare nuovamente quella determinata pietanza.

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E tutto questo ha un prezzo, un caro prezzo, che non è quello della perdita dei sapori, ma quello della perdita della terra, inquinata da concimi chimici che permettano grandi coltivazioni, inquinata da pesticidi che permettano grandi raccolti, inquinata dai gas di scarico delle industrie che servono a produrre tutto questo cibo che nessuno assaporerà come una volta.

Allevamenti industriali, morti assurde, sprechi, consumismo, incapacità di valorizzare le cose.

Per questo motivo io ho deciso di andare nel negozio del signore che vende poca roba, fresca, appena raccolta.

Ho scelto il poco ma buono, ho scelto di pagare per qualcosa di veramente sano e naturale, come una volta quando il cibo era fuori dalla porta di casa e non dentro a celle frigorifere.

Valeria Bonora





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