Spiritualità

Il déjà-vu: quando ci sembra di aver già vissuto quell’evento

Di Redazione - 18 Gennaio 2023

Il termine di origine francese “déjà-vu”, letteralmente “già visto”, è ormai entrato nella nostra quotidianità: ognuno di noi, o quasi, lo ha sperimentato almeno una volta nella vita. Com’è noto, si tratta della sensazione di aver già vissuto una determinata esperienza o di aver già visto un certo luogo, che risulta quindi inspiegabilmente familiare. Anche la scienza ne conferma l’esistenza fornendone una spiegazione razionale: si tratterebbe, in tale ottica, di un fenomeno psichico dovuto all’alterazione dei ricordi. Anche se poi, ogni scuola di pensiero rivisita la teoria a modo proprio.

Il déjà-vu viene spesso associato anche a fenomeni come chiaroveggenza, precognizione, percezioni extra-sensoriali, memorie di vite passate.

Passiamo e ripassiamo sulle nostre vecchie orme come pattinatori artistici e proprio mentre leggevo un nuovo manoscritto un fortissimo déjà vu mi è penetrato nelle ossa! Ero già stato qui, un’altra vita fa.
Jim Broadbent, in Cloud Atlas, 2012

Secondo altre teorie potrebbe trattarsi del ricordo di sogni, la cui traccia rimarrebbe nella cosiddetta memoria a lungo termine. Che cosa sia, realmente, non è dato a sapersi, ma da sempre è oggetto di studi, fin dai tempi di Aristotele e Pitagora. Per non parlare della sua larga diffusione nella tradizione popolare e nelle riflessioni di scrittori, scienziati, religiosi, psicoanalisti che nel corso del tempo hanno cercato di svelarne l’arcano.

Il deja-vu è assai differente da una sorpresa che archiviamo in fretta poiché la giudichiamo insensata. Esso ci mostra che il tempo non passa. È il ritorno a una situazione già realmente vissuta e che, in quel momento, si ripresenta identica.
Paulo Coelho, Aleph, 2010

Il déjà vu secondo la psicologia

Disegno di una donna che sta pensando

Credit foto
©Pixabay

A parlarne sono stati in molti, ognuno con il proprio punto di vista particolare. Freud, per esempio, lo associava ai contenuti inconsci della psiche, che attraverso di esso riuscirebbero a manifestarsi nello stavo di veglia. I messaggi trasmessi non andrebbero ignorati poiché fonte di informazione preziosa sulla nostra parte inconsapevole. Carl Gustav Jung, il cui approccio era molto più spirituale rispetto a quello del contemporaneo, riteneva invece che il déjà vu fosse il punto di incontro fra psiche individuale e collettiva. Ovvero attraverso questo stratagemma, il soggetto riuscirebbe a connettersi con i simili, ma del tutto inconsciamente.

Alla categoria del miracoloso e del perturbante appartiene anche quella particolare sensazione che si ha in certi momenti e in certe situazioni, di avere già vissuto una volta proprio quella esperienza, di essersi già trovato una volta nella medesima circostanza, senza che abbia mai successo lo sforzo di rammentare chiaramente quel passato che sentiamo così vivamente.
Sigmund Freud, Psicopatologia della vita quotidiana, 1901

Il déjà vu secondo la scienza

Gli studi neuropsicologici che hanno tentato di darne una spiegazione logica lo identificano, nella maggior parte dei casi, come un’anomalia mnemonica, una specie di ricordo sbagliato. Esso viene infatti definito, a volte, “falso riconoscimento”, ovvero un’esperienza passata viene confusa con il presente a causa di qualche somiglianza. Secondo l’ipotesi neurologica, supportata dal biologo Premio Nobel Susumu Tonegawa, viene identificato come un errore della memoria episodica. Ciò dipenderebbe da alcuni neuroni tesi a riconoscere, tramite una sorta di mappa neurale, i luoghi che visitiamo. Questi dati spaziali vengono memorizzati, ma nel caso in cui si visiti un luogo somigliante può capitare che le mappe dei due luoghi si sovrappongono, creando la sensazione di esserci già stati. Lo studioso Hegren lo ricollega all’epilessia e c’è chi ipotizza persino un rallentamento dell’attività neuronale. A fare il punto della situazione, visto l’accavallarsi di numerose teorie, è stato, negli ultimissimi anni, lo psicologo Alan S. Brown, che allo strano fenomeno ha dedicato un intero libro, “The Déjà Vu Experience: Essays in Cognitive Psychology”.

Oltre a constatare che il déjà vu capita almeno una volta nella vita al 60% delle persone, soprattutto se sottoposte a condizioni di stress, Brown ha classificato le principali teorie in circolazione in 4 sottogruppi: spiegazioni di tipo neurologico, che come abbiamo visto lo ritengono una disfunzione del sistema nervoso, correlata talvolta all’epilessia, la teoria del processamento duale di Pierre Gloor, secondo cui il fenomeno si verificherebbe quando il sistema neuronale per la familiarità si attiva e quello del ricordo mnestico no. Terza in classifica la teoria attenzionale, secondo la quale il déjà vu è causato da una doppia percezione e infine le teorie mnestiche, che lo attribuiscono a qualcosa di già visto, o immaginato, in un precedente momento. In quest’ottica si tratterebbe quindi di un errore di memoria.

Il déjà vu secondo la parapsicologia e alcune correnti spirituali

Nell’ambito della pseudoscienza il déjà vu viene associato a capacità inesplorate del cervello, ma c’è chi addirittura lo ritiene uno stratagemma per comunicare con entità ultraterrene o extraterrestri. Lo studioso di paranormale Henri Louis Bergson vi identificò una relazione con la telepatia, la capacità di comunicare con la mente: in tale ottica chi vive il déjà vu riceverebbe a livello telepatico pensieri e immagini di persone presenti, assumendoli come propri. Il soggetto coinvolto confonde, quindi, ciò che ha percepito (i pensieri altrui) con ciò che ha ricordato. Il suo ricordo è in realtà una percezione. Per chi crede nella reincarnazione e nella legge del Karma, il fenomeno sarebbe invece riconducibile a una qualche esperienza delle vite passate, che riviviamo nel presente.

Il déjà vu e la fisica quantistica

Secondo il fisico teorico, Michio Katu, questo misterioso fenomeno sarebbe connesso con l’esistenza di universi paralleli. Nella cosiddetta “Teoria delle Stringhe” il tessuto dell’Universo è formato da stringhe o membrane in costante vibrazione. Inoltre non esisterebbero solo 4 dimensioni, tempo e spazio tridimensionali, ma altre 6 dimensioni spaziali, che potrebbero a loro volta corrispondere ad altrettanti universi con leggi fisiche a parte, che la fisica quantistica definisce “universi paralleli”. Il déjà vu sarebbe, secondo Michio Katu, la capacità di passare da un universo all’altro e per spiegarlo in modo più dettagliato, il ricercatore fa riferimento alla teoria del “Multiuniverso” del Premio Nobel Steve Weinberg. Secondo il celebre fisico esistono infinite realtà parallele anche nella stessa stanza, proprio come accade per le onde radio. Possiamo sintonizzarci su un’onda radio alla volta, basta una radio per farlo e secondo la stessa logica, siamo sintonizzati, nel nostro universo, sulla frequenza della realtà fisica.

Conclusioni

Le teorie per spiegare i vari fenomeni umani sono tanti e ognuno può schierarsi con quella che sente più vicina al proprio sentire. Consigliamo però di lasciare uno spazio interiore anche al mistero della vita e, in questo spazio, di abbandonare ogni credenza mentale e di rimanere con il senso di meraviglia e di sacro rispetto per tutto ciò che ci accade, senza la necessità di spiegarlo ma con la sola intenzione di viverlo.

Una parte dell’anima è continuamente dominata dal ricordo che parla con un linguaggio mitico-poetico, e vede, sente, ode sub specie aeternitatis, colorando ogni esperienza con la caratteristica del déjà vu.
James Hillman, Linguaggio della psicologia e linguaggio dell’anima, 1972





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