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Psicologia

Psicotrappole: il nostro modo inconscio di renderci prigionieri

Di Redazione - 21 Luglio 2015

psicotrappole

Perché la mente crea le psicotrappole?

Chiunque può costruirsi delle psicotrappole, qualunque psicotrappola ha il potere di far prigioniera la mente, molte menti rimangono prigioniere, ma molte altre menti hanno anche la capacità di costruire le psicosoluzioni. E’ proprio così; la circolarità della mente fa si che se da un lato si ha la capacità continua di costruire trappole, siamo altresì capaci di elaborare anche adeguate soluzioni. Fondamentale è stare nella corrente, danzare su queste note, avere la capacità di realizzare realtà patologiche da un lato e realtà terapeutiche dall’altro. La magia è insita nel saper oscillare senza irrigidimento tra le parti.

Il pensare e l’agire quotidiano di ognuno di noi, ha mille e una sfumatura diversa, in cui ritroviamo preconcetti, paure, molteplici credenze e tante trappole nascoste. Le psicotrappole non sono altro che pensieri, sensi, significati, derivanti la percezione personale delle cose, che emergono nel nostro modo di agire.

Le psicotrappole:
– sono le strategie che ognuno di noi mette in atto in quanto ritenute efficaci o sperimentate come tali, e che replichiamo allo stremo, fino a che da sane le rendo insane;
– sono il tentativo di gestire al meglio la realtà;
– sono un tentativo di dare un senso alle esperienze che viviamo;
– sono un sovraddosaggio, una deviazione dal corretto orientamento dell’agire sano e adattato.

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Esistono due tipi di psicotrappole:
1- psicotrappole dell’agire (ad esempio insistere, rinunciare e arrendersi, la mania del controllo, l’aiuto che danneggia, etc.).
2- psicotrappole del pensare (ad esempio l’inganno delle aspettative, l’illusione della conoscenza definitiva, pensa positivo, etc.);

Il senso delle psicotrappole è che ognuno è costruttore di ciò che subisce, ma anche e per fortuna, artefice delle soluzioni per ritrovare il proprio sorriso.

Free-Yourself

Pensate a una persona che viaggia molto, che ama andare in vacanza ma che durante uno di questi momenti, mentre sta uscendo dall’albergo ed è in ascensore, comincia a sentire dentro di sé una sensazione sgradevole, la associa a una possibile perdita di controllo, le manca l’aria, pertanto comincia a chiedersi cosa sta accadendo in quel momento. Immaginate che non essendo arrivata al piano terra non può uscire dall’ascensore, e come ancora di salvataggio la stessa pensi al fatto di non essere sola, che se le dovesse accadere qualcosa, sarebbe salva perché qualcuno si accorgerebbe della situazione. La persona, pur salva, uscirebbe, avrebbe lo stomaco sottosopra, impaurita tornerebbe in albergo e andrebbe al sesto piano a piedi. E allora magari, un mese dopo, eviterebbe un viaggio di lavoro, per evitare di correre il rischio di stare male. Ma, non potendosi permettere di mancare, la volta successiva si dice anche che a Parigi aveva l’angelo custode della nonna morta, allora le volte successive l’avrebbe portata con sé, magari avvisandola che per ogni evenienza o per una esigenza particolare in ascensore, dovrà salvarla, o, trappola ancora più grande, la persona si organizza e dice all’angelo di esserci anche a New York, perché probabilmente oltre che in ascensore anche in aereo succederà qualcosa, quindi ha bisogno di essere salvata e di aiuto. La paura non viene affrontata dalla persona la quale, anche se salva, si sentirebbe ancora più debole e senza controllo. Facendo questo per qualche mese, nascerà uno stato di claustrofobia, non andrà più in un ascensore, non prenderà un aereo, e perderà il suo sorriso.

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Pertanto irrigidendo il proprio copione d’azione l’atteggiamento diviene una patologia psicologica. Come hai potuto capire alla base di questo meccanismo non c’è una pregressa incapacità di valutare gli effetti delle proprie azioni, bensì il successo di queste. Devi sapere che quando ci troviamo faccia a faccia con un ostacolo da superare o un problema da risolvere, quasi tutti tendiamo a replicare quei comportamenti e quelle modalità che hanno funzionato e ci hanno portato alla vittoria, in momenti precedenti al proprio qui ed ora. La trappola insita nella nostra mente, che tende a schematizzare le esperienze, viene a costruirsi quando insistiamo ad applicare ciò che in passato ha avuto successo, ma senza tenere conto che anche il medesimo problema, in circostanze diverse, richiede una soluzione differente. Costruiamo involontariamente le psicotrappole di cui siamo prigionieri poi, perché ripetiamo comportamenti che all’inizio risolvevano dei problemi, erano soluzioni efficaci, senza preoccuparci dei risultati. In verità, sono loro le psicotrappole, le tentate soluzioni fallimentari.

Pertanto per abbattere una psicotrappola è fondamentale disinnescare ciò che la tua mente crea, rompere le catene alle quali ti sei legato. Esiste sempre una psicosoluzione da attivare, se non la trovi da solo chiedi aiuto ad un professionista psicoterapeuta.

Dr.ssa Giada Ave Psicologa e Formatrice
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