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Soia dannosa o virtuosa?

Di Giordana - 4 Novembre 2013


La soia ed il suo utilizzo sono molto discussi e generano pareri avversi e contrastanti ormai da molto tempo; si discute della soia, però, facendo molto spesso confusione tra la varietà OGM e la varietà non OGM, non geneticamente modificata ( il che solitamente, ma non sempre e non necessariamente, indica un soia prodotta in coltivazione biologica).
La soia, o soja, è una leguminosa di circa 20 cm di altezza a prima vista molto simile ai fagioli, anche se più piccola e a baccello corto, originaria dell’Asia orientale la cui coltivazione iniziò nella Cina di 5000 anni fa (ne esiste anche una specie selvatica o spontanea) dove la “Ta Tou” così era chiamata, ad indicare la forma a fagiolo, era già destinata a scopi alimentari. I cinesi al consideravano uno dei cinque raccolti sacri e la sua diffusione portò rapidamente alla produzione di derivati come il latte di soia, il tofu, il tempeh.

Arrivò in Europa nel 1700 ad opera del botanico tedesco Kaempfer che importò il seme in occidente, ma solo nell’ottocento iniziò ad essere usata per scopi alimentari.
In suo boom occidentale è più recente e si allunga in due versanti opposti, da una parte la vediamo utilizzata nella grande maggioranza dei mangimi per animali allevati in intensivo a scopo alimentare e in molti prodotti confezionati dalle grandi catena come ingrediente aggiuntivo, dall’altra sponda la ritroviamo proprio sulla tavola di chi ha scelto di non nutrirsi di animali e fa uso della soia e dei suoi derivati proprio per ottimizzare l’alimentazione vegetariana approfittando dell’ottimo contenuto proteico di questa leguminosa.
Come mai è così eclettica e camaleontica? La risposta la troviamo nella struttura stessa di questa pianta che, insieme al mais ed alla colza, fa parte delle piante che si prestano facilmente ad essere geneticamente modificate. Questo la rende un po’ come i mattoni che vennero usati durante il costruttivismo russo del 1913, si abbatteva la qualità della materia prima a favore di una più rapida ed economica urbanizzazione; con la soia geneticamente modificata è avvenuta all’incirca la stessa cosa.
Le varietà modificate sono resistenti ai parassiti e quindi dovrebbero, in teoria, richiedere un minore uso di pesticidi, ma in realtà essendo coltivate in monocoltura senza la rotazione (l’alternanza delle colture, indispensabile per la fertilità del terreno) diventano sempre più resistenti ai pesticidi stessi, che sono poi usati con maggiore disinvoltura, inoltre essendo coltivata in maniera massiccia ed intensiva in modo da poter soddisfare la grande richiesta del mercato, portano a due conseguenze devastanti per il suolo e per l’ambiente: l’impoverimento del terreno a causa del largo uso di pesticidi e della mancata varietà di colture e l’azzeramento della biodiversità.
Tutto questo, però, riguarda la soia OGM e non quell’antica pianta di legumi, quel “fagiolo gigante” sacro ai cinesi, che è la soia non geneticamente modificata. Questa infatti è un migliorativo per il terreno e come altre leguminose ospita un batterio simbionte, il Bradyrhizobium japonicum, che opera la fissazione dell’azoto atmosferico. Cito da un resoconto dell’ENEA per un progetto in accordo con il Ministero per l’ambiente ed il territorio ” La soia è un’eccellente coltura miglioratrice della fertilità del suolo in quanto: fissa l’azoto- i suoi residui colturali apportano al suolo una sostanza organica abbondante e facilmente umificabile – lascia il terreno in buono stato fisico. Per questi motivi è una coltura adatta a sostituire i cereali estivi interrompendo la monocoltura. Come coltura principale la soia prende normalmente il posto del mais.[…]. La soia non presenta particolari esigenze di precessione colturale, segue bene il mais, il frumento, la barbabietola da zucchero, il pomodoro e la patata.[…]. ” [Fonte: accordo di programma Ministero dell’Ambiente e del Territorio ed ENEA giugno 1999 – marzo 2003 ENEA, 28 marzo 2003].

 
Esiste un accordo antico, un’unione indissolubile costruita con amore e lavoro che vede l’avvicendarsi continuo di soddisfazioni e delusioni, di guadagni e perdite è la relazione antica dell’uomo con la terra. E’ difficile e faticosa, ma imprescindibile e sacra al tempo stesso e dovremmo imparare a conoscerla e rispettarla così com’è, che non vuol dire non progredire e migliorare, ma scegliere un progresso e un miglioramento che siano in reale accordo con il benessere di uomo e territorio.
 





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