Educazione
Primo piano

Diventare adulti: quanto è difficile crescere?

Di Elena Bernabè - 5 Agosto 2014

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Quanto è faticoso crescere? Nella nostra società tanto.

Non si può essere bambini, non si può essere adolescenti: e allora come facciamo a diventare adulti?

Provate ad osservarvi e ad osservare la realtà che vi circonda.

Neonati che non possono piangere, bambini che non possono sperimentare, adolescenti che non possono andare in crisi. Tutto viene proibito ed inibito solo ed esclusivamente perchè la nostra cultura non è in grado di gestire le emozioni.

Capita spesso di assistere a scene davvero incredibili se le analizziamo a fondo e se non ci facciamo influenzare dalla visione egocentrica di questa nostra società: mamme urlanti che gridano al proprio bambino di non toccare, di non piangere, di non protestare. Mamme e papà che non riescono a mettersi nei panni di questo bambino che per crescere ed imparare deve agire fisicamente e mentalmente. Mamme e papà che purtroppo cavalcano l’onda di questa stramba società che mia a formare “adulti vincenti” contro il più debole.

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Ed il bello è che questi genitori con questo atteggiamento risultano ansiosi, nervosi, incapaci di essere sereni. Sono convinti che il bambino si comporti così per fare un dispetto a loro, per rendere loro la vita più difficile. Ma è una visione totalmente sbagliata della realtà, è una visione completamente autocentrica.

Il genitore, ma anche l’educatore in generale, deve porsi nei panni di quel bambino e fargli da guida. E’ la cosa più semplice e naturale di questo mondo, la cosa più istintiva, la cosa più immediata che serve al bambino ed anche al genitore perchè gli garantisce in questo modo una certa serenità.

Cosa vuol dire fargli da guida?

Accompagnarlo in modo adulto nelle sue tappe di crescita. Essere adulti per far diventare adulti.

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Se un bambino piange disperato perchè vuole un gioco che si trova nelle mani di un altro bimbo non serve a nulla, ed è deleterio, fiondarsi a prenderne un altro per far smettere quelle urla di pianto. E’ più utile e sano spiegare al nostro bambino che quel gioco appartiene a qualcun’altro e che se lo desidera tanto può chiedere a quel bimbo di prestarglielo per giocare un pò, che può attendere qualche minuto prima di poterci giocare.

In questo modo insegniamo ai nostri bambini ad attendere, a comunicare, a crescere.

Se invece sostituiamo il gioco con un altro gioco che messaggio passa? Che non bisogna attendere, che non è importante comunicare, che tutto può essere sostituito e via dicendo.

E questa lettura profonda, vera e significativa la si può attuare con qualsiasi atteggiamento dell’adulto nei confronti del bambino o dell’adolescente. Il pianto, per esempio, così difficilmente sopportabile dall’adulto (perchè intriso di forti emozioni) deve essere accettato, accolto, capito e spiegato a colui che lo mette in atto.

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Avete mai visto un bambino o un ragazzo che piange per un qualsiasi motivo e che viene consolato da altri bambini o ragazzi? La scena è toccante e semplice allo stesso tempo: non fanno altro che piangere insieme a lui, abbracciarlo, condividere il suo dolore. L’adulto no. Mette in atto le sue difese più temibili contro le emozioni e banalizza l’accaduto, lo ridicolizza talvolta, lo sprona a non piangere perchè “è grande”. Come se i grandi non dovessero provare e mostrare le proprie emozioni.

Quanto è difficile diventare adulti, quanto è difficile crescere. E attenzione non lo è affatto educare e aiutare a crescere, o almeno non lo dovrebbe essere. Se lo reputiamo difficile, faticoso, impegnativo… forse stiamo sbagliando qualcosa, forse il nostro atteggiamento è troppo egocentrico, forse non stiamo bene con noi stessi…





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