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La Storia di Nadia: l'Angelo che ha Amato il Piccolo Mario

Di Valeria Bonora - 7 Aprile 2014

Inutile raccontare di Mario, la storia è angosciante, abbandonato alla nascita dai genitori che hanno avuto paura, non hanno voluto il calvario di una vita difficile con un figlio malato.

Mario nacque insieme alla sorellina, che morì subito, il 16 Giugno del 2011, ma non voglio parlarvi della sua sofferenza, del suo calvario.

La storia di Mario sarebbe finita velocemente, un grave handicap, un sacco di operazioni mai un abbraccio.

Ma quella che voglio raccontarvi è la storia di un angelo, quella di Nadia, la mamma che ha scelto Mario che gli ha regalato amore, e gli ha fatto sentire la vita seppur breve.

Nadia era la sua infermiera all’ospedale di Grosseto, fu amore a prima vista, quegli occhi a mandorla, quelle manine che non conoscevano altre mani, quella bocca che non piangeva mai, anche se di motivi per piangere ne avrebbe avuti eccome.

Nadia Ferrari ha 46 anni, divorziata con una figlia di 19, è lei che ha regalato a Mario un po’ di vita, è lei che gli ha chiuso gli occhi per l’ultima volta.

Nadia passava le sue giornate con Mario anche quando non era di turno all’ospedale, gli voleva bene, e decise di adottarlo. In un anno il piccolo non aveva mai visto altro che l’ospedale e le sale operatorie. Non era giusto e Nadia ne era consapevole.

Racconta a “il Tirreno“:

«Le sue giornate le passava da solo perché noi infermieri avevamo anche altri bimbi da seguire. Se ne stava sul seggiolone con una giostrina attaccata sopra e ogni tanto muoveva la manina. O stava in culla. Partiva per il Meyer per le operazioni, tornava tutto pieno di tubi. Ed era solo. E io non ce la facevo più. Quando ero a lavoro stavo con lui, quando ero di riposo andavo all’ospedale per stare con lui»
«La burocrazia è stata un’impresa inimmaginabile: sei mesi per avere il via libera e poi mille carte e per il permesso di soggiorno, e per i documenti».
«Be’, sì, tutti, dai colleghi agli amici, mi dicevano che ero pazza. Per me erano loro quelli strani. Io conoscevo perfettamente la situazione, sapevo che Mario non avrebbe vissuto a lungo, che era un impegno 24 ore su 24. E allora? Ci saremmo goduti ogni istante. E lo abbiamo fatto».

L’angelo Nadia lasciò il lavoro e cambiò casa, una al piano terra con un po’ di giardino dove Mario avrebbe potuto giocare quando fosse stato più grandino. Nadia ha fatto vedere a Mario il mondo, il mare, le montagne ma soprattutto insegna a Mario l’affetto e l’amore che ogni bambino merita di ricevere.

Ma Mario il 7 Agosto 2013 è peggiorato e Nadia racconta i suoi ultimi giorni con un dolore infinito:

«Lo riportammo al Meyer. Sapevo che era la fine e chiesi la leniterapia ma un “luminare” decise di operarlo. Un vero accanimento, un’agonia. Era forse la ventesima operazione che subiva».

Poi arrivarono le crisi epilettiche… continue:

«È stato malissimo. Ottenni di riportarlo a Grosseto dove gli trovarono una cura per le crisi. Poi siamo tornati a casa: dopo quasi tutta la vita in ospedale, non volevo che fosse lì quando la morte sarebbe arrivata. Volevo che morisse a casa sua»

A questo punto niente lenisce il suo dolore, e il piccolo Mario si arrende il 26 Gennaio 2014.

L’angelo Nadia ancora non se ne capacita, si è tatuata due iniziali su un polso: “una M e una A, Mario e Alessia. I miei figli. Le mie benedizioni“… anche se per Mario la benedizione è stata lei.

Ora Nadia tornerà al lavoro, e mi sento di augurarle una vita piena di amore come quella che lei ha regalato al piccolo Mario.

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