Psicologia

Il metodo Dante degli Schaub per scoprire chi siamo davvero

Di Laura Cusmà Piccione - 16 Gennaio 2023

Dante Alighieri è lo scrittore italiano di ogni tempo più studiato e che fa riscontrare il maggior numero di pubblicazioni nel mondo, secondo una ricerca patrocinata dall’Unesco e svolta da un pool di 40 centri universitari di italianistica, dislocati in tutto il mondo, per stabilire quali sono nell’era moderna i protagonisti della letteratura italiana. Ed è anche lo scrittore italiano più venduto al mondo.

Certo è che il Sommo Poeta è il padre della lingua italiana, avendo introdotto in poesia e prosa la lingua volgare al posto del latino, lingua aulica. Egli scrisse in latino il De vulgari eloquentia, nel quale sosteneva la maggior eloquenza del vernacolo rispetto alla lingua latina, in quanto rivolto principalmente ai dotti latinisti del tempo proprio per mostrare loro la bellezza e la superiorità del vernacolo, che userà anche nella sua opera più famosa e che nonostante per tema e sublime poetare valse l’aggiunta dell’aggettivo Divina a quello originale dantesco che era soltanto Commedia. Quindi, si potrebbe definire Dante non soltanto scrittore, ma anche linguista. Nondimeno proprio i suoi scritti ci dicono che Dante toccò diverse discipline, anche le più contemporanee, come la psicologia.

Dante non esce mai di moda e si può riproporlo infinite volte. Anche, credo, a breve distanza di tempo, perché non cessa di stupirci e non cessa di raccontarci cose nuove su tutti i campi, perché praticamente si è occupato di tutto, ha a che fare con l’architettura, con la religione evidentemente, con l’alchimia. Molto con l’interno, cioè con la psicologia, con la psicanalisi, perfino con la parapsicologia, con i sogni: il viaggio di Dante è immenso, non solo in tutte le direzioni tra l’altro ha scritto il poema viaggiando nell’esilio, ma anche all’interno. I viaggi alla ricerca della parte sommersa dell’anima umana.
(Vittorio Gassman)

Su Crescita-personale abbiamo pubblicato in occasione dei 700 anni dalla scomparsa del Poeta fiorentino, una lettura della Divina Commedia come un percorso – sviluppato in piena crisi di mezza età – di presa di consapevolezza di sé, che ogni uomo di ogni tempo può fare suo. Perché quel viaggio ultraterreno e contemporaneamente introspettivo che egli compì tra le passioni dell’Uomo potrebbe compierlo ciascuno di noi.

In chiave psicologica, di recente anche gli psicoterapeuti Richard Schaub e Bonney Gulino Schaub hanno proposto una rilettura della Divina Commedia come un percorso di guarigione ancora oggi attuale, teoria espressa nei loro libri Il metodo Dante. Per superare ansia, frustrazione e paure e ritrovare la «diritta via» e Il potere di Dante. Un cammino di illuminazione per una vita piena e felice. Due titoli rivelatori la tesi dei due Schaub, co-fondatori e co-direttori del New York Psycosynthesis Institute e attivi nella facoltà della Società Italiana di Psicosintesi Terapeutica (Sipt) di Firenze, diretta da Roberto Assagioli.

[La psicosintesi è] Un metodo di auto-formazione e realizzazione psico-spirituale per tutti coloro che non vogliono accettare di restare schiavi dei loro fantasmi interiori e degli influssi esterni, di subire passivamente il gioco delle forze psicologiche che si svolge in loro, ma vogliono diventare padroni del proprio regno interiore.
(Roberto Assagioli)

L’Inferno e l’osservazione

I due Schaub propongono di affrontare gli stati negativi dell’essere, descritti e rinchiusi nell’Inferno con gli strumenti della psicosintesi. Incamminandosi in un cammino di trasformazione per sperimentare una realtà più profonda e raggiungere la saggezza e la consapevolezza di sé.

In un viaggio che può diventare per ognuno di noi un percorso da seguire per confrontarsi con malessere e difficoltà, scoprire la pienezza del proprio potenziale e trovare una serenità vera.
(Richard Schaub e Bonney Gulino Schaub)

La tesi di fondo legge il viaggio dantesco come l’uscita dall’inferno che ogni uomo desidera.

In tutto il mondo e in tutte le epoche, gli uomini hanno cercato di accedere alla saggezza interiore per godere i benefici che essa ha da elargire. Attingervi vi rivelerà lo scopo della vita, il destino e, muniti di questa intelligenza delle cose, placherete le paure, capirete quale direzione dare all’esistenza, vivrete più in pace, e una maggiore quantità di amore vi inonderà il cuore e la mente.
(Richard Schaub e Bonney Gulino Schaub, Il metodo Dante)

Ma il passaggio dall’inferno è necessario per una realizzazione profonda. E sarà proprio Virgilio a consigliargli che, per salire, bisogna prima scendere.

Così hanno decretato gli dei.
Che nel perdersi, ciascuno possa ritrovare se stesso
(Omero, Odissea)

In altre parole, bisogna prima accettare e studiare l’Inferno. Dante scrisse la Commedia vivendo in esilio forzato dalla famiglia e dalla sua amata Firenze con una condanna a morte pendente e aveva appena perduto l’amata Beatrice, che incontrerà di nuovo in Paradiso.
Era, dunque, smarrito perché era in profonda crisi esistenziale. Le anime punite nell’Inferno sono completamente bloccate. Non possono muoversi, possono essere travolte dai peccati. Ripetono e ripetono i loro comportamenti ossessivo-compulsivi, senza libero arbitrio.

Siamo chi se ne va.
Sei nuvola, sei mare, sei l’oblio.
Sei anche tutto quello che hai smarrito.
(Jorge Luis Borges)

La speranza

Per gli stessi Schaub, la lettura della Divina Commedia – che hanno iniziato a studiare subito dopo l’11 settembre, l’inferno che vissero personalmente da spettatori terrorizzati, avendo l’ufficio proprio di fronte alle Torri gemelle – è risultata uno strumento efficace per riconnettersi a un senso di speranza: “Ci è sembrato che la paura e l’angoscia che vivevamo, fossero in qualche modo simili a quella vissuta dal pellegrino che affrontava il suo viaggio nell’oltretomba”, spiega Richard Schaub: “Nella Commedia ci sono temi importanti, come il ruolo della paura nel determinare le nostre azioni, e la necessità di ritrovare la speranza per non cedere alla disperazione”.

Credit foto © Wikipedia

È stato tremendo, come vedere una casa degli orrori. Mia moglie ed io guardavamo annichiliti dalla finestra e all’improvviso l’intera struttura ha tremato ed è scomparsa.
La mia esistenza è cambiata in modo profondo.
(John Updike)

La presa di coscienza di sé

Ne Il metodo Dante, i due psicoterapeuti indicano la coscienza come una forza viva e attiva dentro di noi, e per coltivare la coscienza dobbiamo apprendere due tecniche: osservare e riconoscere.
Gli Schaub hanno praticato l’osservazione nell’ambito della meditazione buddhista e successivamente, studiando le opere di Roberto Assagioli, hanno appreso a usarla al fine di sperimentare la differenza tra la nostra coscienza, che osserva, e l’attività mentale, che genera le nostre sensazioni ed emozioni, esattamente come Virgilio insegnò a Dante quando gli disse di non lasciarsi coinvolgere negli stati tormentosi delle anime che incontrava durante il viaggio.
Dante spiega chiaramente che se abbandoniamo la coscienza all’inferno, cadiamo in una trappola e di conseguenza l’unica cosa che si può conquistare all’inferno è la consapevolezza di essere lì e, quindi, la scelta di andarsene, ossia il libero arbitrio.
Gli effetti dell’osservazione sono sottili e si affinano con l’esercizio. Uno di questi esercizi che dovrebbero essere praticati quotidianamente è così espresso:

Osservare la mente Chi sono io?

Leggete le istruzioni, quindi mettete in pratica.

1. Mettetevi vicino carta e penna

2. chiudete gli occhi e chiedetevi: chi sono io?

3. Fate attenzione a quello che vi passa per la mente. Dopo che numerose risposte sono affiorate alla coscienza, scrivetele.

(Richard Schaub e Bonney Gulino Schaub, Il metodo Dante)

Il Purgatorio e la trasformazione

Dunque, per gli psicoterapeuti l’inferno è la reiterazione della sofferenza e il rifiuto di imparare. Ma dopo la discesa necessaria fino alla profondità dell’ultimo girone e dopo avere imparato come osservare e come dare un nome a quello che si è visto in queste profondità, dobbiamo risalire insieme con Dante sulla montagna del Purgatorio, dove inizia la trasformazione. Il Purgatorio dantesco è un’isola, in cui è dominante l’elemento acqua intorno a una strana montagna, plateale metafora dell’ascesa.

Ed elli [Virgilio] a me: “Questa montagna è tale,
che sempre al cominciar di sotto è grave;
e quant’om più va sù, e men fa male.

Però, quand’ella ti parrà soave
tanto, che sù andar ti fia leggero
com’a seconda giù andar per nave,

allor sarai al fin d’esto sentiero”.
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Pg, c.IV, vv. 88-94)

Il Purgatorio rappresenta per il pellegrino una scuola di crescita spirituale, nella quale imparare a usare la personalità come base della pratica spirituale. La spiritualità naturale è appesantita dai tormenti della paura e della sofferenza che ci circonda. Tuttavia salendo sulla montagna impareremo a liberarci da queste pene. Nel Purgatorio, il Sommo Poeta ci mostra come possiamo ricavare beneficio dalla trasformazione, proprio come le anime qui raccolte praticano la liberazione da uno specifico tormento. L’esercizio da praticare in questa seconda fase è individuare con quali dei tormenti del Purgatorio ci identifichiamo e quali sono causa di dolore nella nostra vita.
L’ascesa sulla montagna della trasformazione ci permette di introdurre immediatamente un cambiamento nella vita, seppure quando si cerca di cambiare ci scontriamo contro la resistenza delle vecchie abitudini che non vogliono rinnovarsi.
Il primo passo nel cambiamento mosso da Dante è l’accoglienza dell’umiltà, simboleggiata dal giunco con cui Catone l’Uticense gli cinge la vita, il secondo passo consiste nella purificazione dei sensi che consentirà a Dante di vedere con nuovi occhi.
E Dante, come gli Schaub, raccomandano di non accontentarsi di quanto raggiunto, poiché il tempo è troppo prezioso per essere sprecato. Così rammentano durante l’incontro con Casella che rallenta e ferma l’ascesa della montagna, se non fosse per l’intervento di Catone:

Che è ciò, spiriti lenti?

qual negligenza, quale stare è questo? 
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio 
ch’esser non lascia a voi Dio manifesto.
(Dante, Divina Commedia, Pg, II, vv. 120-123)

L’ammonimento di Catone è paragonato ne Il metodo Dante come il richiamo che ci dà una grave malattia, la morte di un caro, o altri eventi sconvolgenti che ci scuotono e incitano a cercare di dare una risposta profonda e adeguata al dilemma dello scopo dell’esistenza.
Quando finalmente Dante e Virgilio arrivano alla porta che si apre sul sentiero dell’apprendimento, vedono un angelo a sua guardia che brandisce una spada così luminosa da abbagliare parzialmente il Pellegrino. L’angelo incide 7 P, i 7 peccati capitali sulla fronte e dice “Fa che lavi ,quando se’ dentro, queste piaghe”. Ogni piaga è simbolo di una modalità tormentosa del pensiero, del sentimento, del comportamento che il pellegrino imparerà a trasformare sulle cornici in cui è divisa la montagna del Purgatorio. Dante ci insegna che la vetta, ossia un livello superiore di coscienza, si raggiunge dopo aver sanato le piaghe che ci affliggono.
Attraversata la porta i due viandanti imboccano uno stretto sentiero giungendo alla prima cornice affrescata con rilievi di marmo che rappresentano la trasformazione della superbia (il peccato del Sommo Poeta), cioè l’umiltà. Il primo bassorilievo rappresenta l’annunciazione: mostra L’Arcangelo Gabriele annunciare all’umile Maria che è stata prescelta come madre di Gesù. Questo rilievo allude all’umiltà e all’accettazione anche da parte nostra di svolgere un ruolo nel piano divino e, quindi, nel destino dell’universo.
Dante nel Purgatorio è vulnerabile, ma in modo positivo e aperto: dopo aver attraversato l’inferno non intende ritornarci, piuttosto è disposto ad apprendere ed è già strettamente collegato all’amore innato che sta dentro di lui, mentre sale una crescente leggerezza dell’essere si sostituisce alla pesantezza del cuore.
Così come Dante ognuno di noi può sperimentare questo senso di appartenenza con unità amorevole della creazione, tutte le volte che la nostra coscienza si libera dalle modalità distruttive dell’inferno.

Beato Angelico, Annunciazione, 1437- 46. Museo di San Marco a Firenze. Per gentile concessione di Laura Cusmà Piccione.

A questo punto del processo di trasformazione, è importante una distinzione che Dante non fece perché il poeta quando invoca l’umiltà per negare la superbia ne parla in termini assoluti: la superbia è il male, mentre l’umiltà è il bene, dunque, la superbia va annientata. Una visione manichea del bene e del male corrisponde a una mentalità medievale, ma la concezione moderna più realistica ritiene che le modalità di comportamento umano si compongano di elementi negativi e positivi. Infatti, l’intero universo è composto da entrambi gli elementi tra loro in interazione complessa e in equilibrio l’uno con l’altro. Equilibrio che gli Schaub illustrano con una delle sette pratiche affermative che utilizzano per trasformare le modalità di pensieri negativi:

Nuove affermazioni
Usare le forme affermative serve a incoraggiare un nuovo modo di pensare che a sua volta risveglia nuove emozioni corrispondenti a nuovi pensieri. È una pratica che fa parte del processo di rafforzamento della risposta al fine di superare una difficoltà.
Sono affermazioni specificamente dirette ad aiutarvi ad equilibrare l’orgoglio e la superbia. Usate pure altre parole se quelle che vi suggeriamo non vi vanno a genio, e ricorrete a questo modello anche per formulare affermazioni che trasformeranno le modalità svalutanti che incontrerete più in alto sulla montagna.

1.In un diverbio mi fermerò e respirerò a fondo. Ascolterò con maggiore attenzione.

2. Chiederò più spesso scusa.

3. Mi starà più a cuore l’armonia che l’avere ragione.

4. Smetterò di svalutare il prossimo dentro di me.

5. C’è tanto da sapere: sarò aperto all’apprendimento.

6. Voglio imparare, invece che fingere di sapere.

7. Posso star bene anche senza conoscere tutte le risposte.

8. Posso rilassarmi perché sono una creatura di Dio.

9. Sono orgogliosa ma non più del mio orgoglio.


Potete praticare le affermazioni nello stile della meditazione, seduti tranquillamente e ripetendole mentalmente quando inspirate ed espirate.
(Richard Schaub e Bonney Gulino Schaub, Il metodo Dante)

Le 7 pratiche che insegnano gli Schaub sono le nuove affermazioni, le nuove azioni, la visualizzazione, la meditazione, la disidentificazione, le parole evocative e la preghiera.
La preghiera è probabilmente la tecnica più antica per aiutare se stessi, chi chiede di entrare in uno stato di quiete mentale e fisica e di volgere l’attenzione a una lotta o a una speranza della nostra vita. Dalla preghiera possiamo attingere la forza per affrontare una situazione difficile, essere liberati dalla paura o abbandonare certi comportamenti. Il mistero della sua preghiera sta nell’interazione che si instaura tra essa e una certa sequenza di avvenimenti. La preghiera è un momento molto intimo e quindi gli Schaub non possono suggerirci parole specifiche, tuttavia, al pari delle altre pratiche che illustrano, infonde energia alla risposta nel cuore e nella mente.

Ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
(Fabrizio De Andrè, Smisurata preghiera)

Oltre l’anello di fuoco, Beatrice aspetta Dante. L’amore per Beatrice, l’affetto per Virgilio e la fiducia che lega il viandante alla sue guide lo fanno procedere e alla fine il pellegrino emerge incolume come gli aveva promesso il maestro: è l’ennesima prova che evidenzia una costante del viaggio dall’Inferno al Paradiso, ossia che l’amore è sempre superiore alla paura e che dà il coraggio di procedere verso una vita che conta veramente.
Lo scopo della salita della montagna del Purgatorio è la padronanza di sé stesso tramite la coscienza e la scelta. Quando Virgilio dice al suo discepolo che il suo arbitrio è “libero diritto e sano” afferma in sostanza che il suo discepolo ha raggiunto la fase di sviluppo interiore in cui non tolleriamo più di produrre tanta sofferenza. Il suo arbitrio si è liberato tramite l’opera di trasformazione compiuta scalando la montagna del Purgatorio. Gli Schaub stessi citano una canzone di Jean Martyn intitolata “Non voglio sapere del male (Voglio sapere solo dell’amore)”

L’amore è una riabilitazione della schiavitù.
(Jean Dolent)

Il Paradiso e il ricongiungimento con la mente-saggezza

La maggiore agevolezza e leggerezza acquisita nel Purgatorio sono una preparazione per accedere a più elevati stati di coscienza, per i quali Beatrice sarà la nuova guida verso questo successivo stato dell’essere.
In vetta alla montagna il viandante si trova di nuovo davanti a una foresta, ma questa è ben diversa dalla selva oscura all’ingresso dell’inferno e nel suo animo non suscita paura, bensì una sensazione di bellezza, pace e splendore.

Credit foto © Pexels

Al di là di un ruscello vede una bellissima donna dagli occhi lucenti ma non è capace di attraversare l’acqua, elemento dominante nel poema sin dal Purgatorio, sarà la donna a condurlo sull’altra sponda fino a un luogo dove scorge avvicinarsi Beatrice sopra un carro trionfale.
Qui avviene il ricongiungimento con la mente-saggezza: si tratta di ricongiungimento e non di un primo incontro, perché tutti portiamo sempre dentro di noi la mente-saggezza. Questo ricongiungimento interiore è fondamentale per gli Schaub, così come per la loro guida italiana alla lettura della Divina Commedia, Roberto Assagioli, il quale elaborò molti metodi in grado di aiutare i sui pazienti e discepoli a contattare direttamente la mente-saggezza, avendo compreso la necessità che i sistemi didattici disponessero di una serie di informazioni su questa parte così delicata della nostra natura. Assagioli lo definì un “metodo di educazione verso l’interezza”. Dante ci comunica che non sa usare questo ricongiungimento perché non sa usare le risorse interiori e, quando attraversano, c’è il ruscello ed è mentalmente paralizzato e confuso.

Era la mia virtù tanto confusa,
che la voce si mosse, e pria si spense
che da li organi suoi fosse dischiusa.
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Pd. XXXI, vv.7-9)

Dante spera che Beatrice gli risparmi altre fatiche, invece lei inizia il suo ammaestramento spirituale con un incoraggiamento:


Da tema e da vergogna
voglio che tu omai ti disviluppe,
sì che non parli più com’om che sogna.
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Pd. XXXIII, vv.31-33)

I due psicoterapeuti newyorkesi si chiedono perché Dante e dunque noi dovremmo risvegliarci dal sogno. Buddha significa “colui che veglia”, ma la maggior parte di noi preferirebbe essere colui che riprende a dormire considerando che la vita è già abbastanza difficile così com’è. Sarebbe più facile sognare segretamente e distrarre l’attenzione piuttosto che svegliarci e prendere atto delle radici della nostra paura, sapere che siamo tutti in viaggio dalla nascita alla morte verso la maturità e la decadenza.

È proprio la possibilità di realizzare un sogno che rende la vita interessante.
(Paulo Coelho)

Accettiamo la nascita e la crescita, ma respingiamo il concetto di decadimento e di morte. È il desiderio degli uomini di sottrarsi a questa realtà e la paura della morte a farci sentire l’esigenza di entrare in contatto con il nostro sé spirituale, quando ciò accade siamo in pace e liberi dalla paura.

Variazioni sulla pratica della-mente saggezza:

1. Appoggiate le mani sulla pancia e concentrate l’attenzione su di esse.

2. È naturale che l’attenzione divaghi – riportatela semplicemente sulle sensazioni delle mani.

3. Notate il respiro attraverso il lieve alzamento e abbassamento della pancia… (Fate questo per un minuto).

4. Portate l’attenzione al naso registrando le sensazioni della respirazione… (Fate questo per un minuto).

5. Immaginatevi in un ambiente naturale nel quale vi sentite al sicuro e in pace… Può essere un luogo nel quale siete stati, o uno che create nell’immaginazione… Dedicate qualche minuto alla percezione delle sensazioni di sicurezza che provate in questo luogo…

6. Adesso percepite una figura che si avvicina, una figura saggia corrispondente alla parte saggia in voi… Quando sarà vicina, comunicate con questa figura.

7. Siate aperti a tutto ciò che accade.

La parte di questa pratica dedicata al “luogo sicuro” aiuta a raggiungere uno stato di rilassamento profondo e di concentrazione interiore. L’inserimento nel quadro di una figura saggia serve a riportare l’attenzione verso la parte superiore della mente. Ricordate che la mente-saggezza esiste già in voi. È con voi in questo momento. Se vi impegnate in questa pratica, vi sarà più facile captarla. Siate pazienti. State costruendo uno strumento interiore che vi servirà tutta la vita. È normale che ci voglia tempo.

(Richard Schaub e Bonney Gulino Schaub, Il metodo Dante)

Tutte le tradizioni che hanno elaborato una scienza interiore di meditazione, contemplazione o visualizzazione riconoscono la mente-saggezza. Vi fa riferimento la tradizione orale di ogni movimento spirituale esistente al mondo. Se intraprenderete il viaggio interiore per ricongiungervi con essa, potrete farlo con la certezza di appartenere a una schiera di persone che desiderano sapere di più su questa importante risorsa umana, la cui scoperta avviene in modo naturale quando, tranquillamente seduti, osserviamo quello che accade dentro di noi. Non appena entriamo in uno stato di quiete cominciamo a registrare le immagini, i pensieri e le sensazioni che ci attraversano. Tra i tanti pensieri e visioni potremmo coglierne uno in particolare che ci porterà all’espansione della coscienza o alla pace interiore.





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