Dicono che “il genitore” sia il mestiere più difficile al mondo, e forse questo stereotipo non è poi così sbagliato, soprattutto al giorno d’oggi, dove crescere un figlio è sempre più una sfida, un po’ perché i genitori lavorano e il tempo che hanno a disposizione da dedicargli è sempre meno, un po’ perché i figli tendono ad isolarsi e a volersi comportare da grandi prima del tempo, aiutati in questo anche dalle nuove tecnologie come smartphone, console, computer che li collegano attraverso un mondo virtuale fatto di internet, social network e giochi di ruolo e quindi il Rapporto Genitori – Figli diventa spesso difficile da gestire.
I genitori devono adeguarsi, non possono perdere il passo, e devono trovare un momento in cui i figli fanno i figli e i genitori fanno i genitori.
“I genitori possono solo dare buoni consigli o metterli sulla giusta strada, ma la formazione finale del carattere di una persona giace nelle sue stesse mani.” ~ Anna Frank
L’inizio della scuola segna un traguardo, quando i figli si “staccano” dal grembo materno e iniziano a crescere e a relazionarsi con altri figli, con altre idee e con altre persone. Il primo giorno è difficile per entrambi.
Eppure tutti ci siamo passati come figli e molti ci sono passati o ci passeranno come genitori. Il rapporto però non si lacera anzi se possibile si rafforza, perché si guarda il tutto con una nuova prospettiva, con occhi diversi, con consapevolezze diverse.
“Non è difficile diventare padre. Essere un padre: questo è difficile.” ~ Wilhelm Busch
E poi viene quel momento in cui un genitore diventa “di troppo”, è l’adolescenza, il distacco definitivo del cordone ombelicale, quel periodo di ribellione che ogni figlio affronta in maniera differente, e un buon genitore sa come affrontarlo, lasciando una libertà sufficiente ma controllando che non sfoci in qualcosa di pericoloso, insegnando loro a crescere e a relazionarsi col mondo esterno all’ambiente domestico famigliare.
“La cosa più importante che i genitori possono insegnare ai loro figli è come andare avanti senza di loro.” ~ Frank A. Clark
In questo caso gli scontri con i genitori si fanno più duri, i figli vogliono fare quello che credono giusto e i genitori vogliono imporre le loro regole, non per cattiveria ma perché vogliono proteggerli, anche se loro, nella loro adolescenza fatta di ormoni impazziti, ancora non lo comprendono.
“Le regole e i ‘no’ sono come dei paracarri ai lati di una strada; sono punti di riferimento, non debbono cambiare di posizione, non possono decidere di esserci o non esserci.” ~ Paolo Crepet
E poi c’è quel momento in cui i figli sono cresciuti abbastanza da sentire la mancanza dei genitori, quel momento in cui si rendono conto di quanto essi hanno fatto per loro e di quanto sia stato difficile, questo avviene soprattutto, ma non solo, quando i figli sono a loro volta dei genitori e così il cerchio si chiude e ricomincia il ciclo della vita.
Di seguito alcune poesie sul rapporto genitori – figli che andrebbero lette con la consapevolezza che i figli sono parte dei genitori ma anche esseri con una propria identità.
Ti auguro Tempo di Elli Michler
Non ti auguro un dono qualsiasi,
ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;
se lo impiegherai bene, potrai ricavarne qualcosa.
Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, non
solo per te stesso,ma anche per donarlo agli altri.
ti auguro tempo, non per affrettarti a correre,
ma tempo per essere contento.
Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,
ti auguro tempo perché te ne resti:
tempo per stupirti e tempo per fidarti
e non soltanto per guardarlo sull’orologio.
Ti auguro tempo per toccare le stelle
e tempo per crescere, per maturare.
Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare.
Non ha più senso rimandare.
Ti auguro tempo per trovare te stesso,
per vivere ogni tuo giorno , ogni tua ora come un dono.
Ti auguro tempo anche per perdonare.
Ti auguro di avere tempo,
tempo per la vita.
Gelo a mezzanotte di Samuel Taylor Coleridge
Poesia in lingua originale su www.everypoet.com
Il Gelo officia il suo ministero segreto,
non aiutato da alcun vento. Il grido della giovane civetta
s’è fatto più alto – ascolta, ancora! alto come prima.
I degenti della mia casa, tutti riposano,
mi hanno lasciato in questa solitudine, che si addice
alle meditazioni più astruse: tranne che al mio fianco
il mio bambino cullato dorme pacifico.
C’è calma davvero! Una calma che disturba
ed irrita la riflessione col suo strano
ed estremo silenzio. Mare, collina e bosco,
questo popoloso villaggio! Mare, e collina, e bosco,
con tutte le innumerevoli cose che continuano a vivere,
muti come sogni! La sottile fiamma blu
giace nel mio fuoco spento, e non guizza;
solo questa pellicola, che svolazza sulla griglia,
ancora svolazza lì, la sola cosa inquieta.
Credo che il suo movimento in questo silenzio della natura
le dia oscure corrispondenze con me che vivo,
facendone una forma amica,
i cui minuscoli battiti e capricci lo Spirito ozioso
interpreta secondo i suoi umori, ovunque
cercando eco o specchio di se stesso,
e fa del pensiero un giocattolo.
Ma, oh! Quante volte,
quante volte, a scuola, con la più fiduciosa mente,
piena di presagi, ho fissato le sbarre,
per vedere questo fluttuante straniero! E quante volte
con le labbra socchiuse, avevo già sognato
il mio dolce luogo natale, e il vecchio campanile,
le cui campane, sola musica del povero, suonavano
da mattino a sera, in tutto il caldo giorno di mercato,
così dolcemente, che mi agitavano e possedevano
con un selvaggio piacere, giungendo al mio orecchio
ancor più come articolati suoni delle cose a venire!
Così stavo ad occhi aperti, finchè le placide cose, sognavo,
mi cullavano nel sonno, e il sonno prolungava i miei sogni!
E così rimuginavo tutto il mattino seguente,
spaventato dal viso severo del precettore, il mio occhio
fissato con finta attenzione sul mio libro che scivolava:
tranne che se la porta si apriva a mezzo, ed io gettavo
uno sguardo affrettato, e ancora il mio cuore sussultava,
perché ancora speravo di vedere il volto dello straniero,
cittadino, o zia, o la sorella più amata,
la mia compagna di giochi quand’eravamo vestiti uguali!
Caro bambino, che dormi cullato al mio fianco,
il cui respiro gentile, udito in questa profonda calma,
riempie i vuoti sparpagliati
e le momentanee pause del pensiero!
Il mio bellissimo bambino! Mi fa fremere il cuore
di tenera gioia guardarti così,
e pensare che tu imparerai molte altre cose,
ed in molti altri scenari! Poiché io sono stato educato
nella grande città, chiuso in oscuri chiostri,
e non vedevo nulla di bello tranne il cielo e le stelle.
Ma tu, bambino mio! Vagherai come la brezza
per laghi e spiagge, sotto le rupi
di antichi monti, e sotto le nubi,
che riproducono nella loro massa laghi e spiagge
e rupi montane: così tu vedrai e sentirai
le belle forme e i suoni intelligibili
di quest’eterno linguaggio, che il tuo Dio
emette, che dall’eternità insegna
se stesso in tutto, e tutte le cose in se stesso.
Grande Maestro dell’Universo! Lui modellerà
il tuo spirito, e dando forma esso chiede.
Perciò ogni stagione sarà dolce per te,
sia che l’estate rivesta tutta la terra
di verde, o che il pettirosso si posi e canti
tra i fiocchi di neve sul ramo spoglio
del melo molle di muschio, mentre il vicino tetto di paglia
per disgelo fumiga al sole, sia che sgrondino gocciole
udite soltanto nella tregua della bufera,
o che il segreto ministero del gelo
lo sospenda in silenti ghiaccioli,
quieti scintillando alla quieta luna.
La cura di Battiato
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te.
Lettera ad un figlio di Rudyard Kipling
Se puoi vedere distrutto il lavoro di tutta la tua vita
e senza dire una parola ricominciare,
se puoi perdere i guadagni di cento partite
senza un gesto e senza un sospiro di rammarico.
Se puoi essere un amante perfetto
senza che l’amore ti renda pazzo.
Se puoi essere forte senza cessare di essere tenero
e sentendoti odiato non odiare, pure lottando e difendendoti.
Se tu sai meditare, osservare, conoscere,
senza essere uno scettico o un demolitore,
sognare senza che il sogno diventi il tuo padrone,
pensare senza essere soltanto un pensatore,
se puoi essere sempre coraggioso e mai imprudente,
se tu sai essere buono e saggio
senza diventare né moralista, né pedante.
Se puoi incontrare il Trionfo e la Disfatta
e ricevere i due mentitori con fronte eguale,
se puoi conservare il tuo coraggio e il tuo sangue freddo
quando tutti lo perdono.
Allora i Re, gli Dei, la Fortuna e la Vittoria
saranno per sempre tuoi sommessi schiavi
e, ciò che vale meglio dei Re e della Gloria.
Tu sarai un uomo.
I Figli di Kahlil Gibran
I figli non sono i vostri figli.
Essi sono i figli e le figlie della vita che brama sé stessa.
Vengono per mezzo di voi ma non da voi,
e benché essi siano con voi comunque non vi appartengono.
Potrete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
Poiché essi hanno i loro pensieri.
Potrete ospitare i loro corpi ma non le loro anime,
perché le loro anime abitano la casa del domani
che voi non potrete visitare,neppure nei vostri sogni.
Potete tentare di essere simili a loro, ma non farli simili a voi.
La vita procede e non s’attarda sul passato.
Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive,
sono scoccati in avanti.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito,
e vi tende con forza affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.
Affidatevi con gioia alla mano dell’Arciere;
Poiché come ama il volo della freccia, così ama la fermezza dell’arco.”
Il padre ~ Pablo Neruda
Terra dalla superficie incolta e arida
terra senza corsi d’acqua né strade
la mia vita sotto il sole trema e si allunga.
Padre, i tuoi dolci occhi non possono nulla
come nulla poterono le stelle
che mi bruciano gli occhi e le tempie.
Il mal d’amore mi tolse la vista
e nella fonte dolce del mio sogno
una fonte tremante si rifletté.
Poi… chiedi a Dio perché mi dettero
ciò che mi dettero e perché poi
incontrai una solitudine di terra e di cielo.
Guarda, la mia giovinezza fu un candido germoglio
che non si aprì e perde
la sua dolcezza di sangue e vitalità.
Il sole che tramonta e tramonta in eterno
si stancò di baciarla… È l’autunno.
Padre, i tuoi dolci occhi non possono nulla.
Ascolterò nella notte le tue parole:
…figlio, figlio mio …
E nella notte immensa
resterò con le mie e con le tue piaghe.
I bambini imparano cio’ che vivono di Doret’s Law Nolte
Se un bambino vive nella critica impara a condannare.
Se un bambino vive nell’ostilità impara ad aggredire.
Se un bambino vive nell’ironia impara ad essere timido.
Se un bambino vive nella vergogna impara a sentirsi colpevole.
Se un bambino vive nella tolleranza impara ad essere paziente.
Se un bambino vive nell’incoraggiamento impara ad avere fiducia.
Se un bambino vive nella lealtà impara la giustizia.
Se un bambino vive nella disponibilità impara ad avere una fede.
Se un bambino vive nell’approvazione impara ad accettarsi.
Se un bambino vive nell’accettazione e nell’amicizia impara a trovare l’amore nel mondo.
E per finire la più bella Lettera di un (anziano) padre al figlio.
Se un giorno mi vedrai vecchio: se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi… abbi pazienza, ricorda il tempo che ho trascorso ad insegnartelo. Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose, non mi interrompere… ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi. Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare… ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno. Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l’abc; quando ad un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso… dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire: la cosa più importante non è quello che dico ma il mio bisogno di essere con te ed averti li che mi ascolti. Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l’ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi. Quando dico che vorrei essere morto… non arrabbiarti, un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive. Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te che ho tentato di spianarti la strada. Dammi un po’ del tuo tempo, dammi un po’ della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l’ho fatto per te. Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza in cambio io ti darò un sorriso e l’immenso amore che ho sempre avuto per te. Ti amo figlio mio.