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Vivere Montessori

La Baraggia: una riserva naturale tra paesaggi africani e l'edera fiorita

Di Educatrice Manuela Griso - 24 Agosto 2016

Quando ho pensato ad alcune mete per gite domenicali in luoghi che offrissero un qualcosa di magico ho subito pensato alla Baraggia, una steppa semi desolata ma non desolante nel Biellese.

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Ricca di querce secolari divise nel tronco da figli nati prepotentemente, betulle che si piegano al vento, felci verdissime e rigogliose. E nel paesaggio si intravedono alberi colpiti da chissà quale dolore… nudi, spezzati, senza vita. Colpiti dall’estraneo fulmine o dall’interno da piccole termiti che si nutrono di loro… Che si trasformano però in affascinanti tende per gli indiani di passaggio, ponti traballanti per sfidare i coccodrilli, rifugi per animali feriti, terreno fertile per storie su orsi bruni che si arrampicano su di loro togliendogli il manto di corteggia. La Baraggia come terra d’Africa in un’Italia lontana, che in stagione estiva si può fingere di aspettare un leone appostato nella savana pronto ad un agguato, avvistare da lontano colli lunghi che brucano dagli alberi più alti, proboscidi che si muovono morbide al vento.

Già perché quando l’erba si tinge di giallo paglierino questa sembra proprio la savana africana.

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I suoi scavi formati dalle tante piogge soprannominati “canyon” dove bambini e animali si divertono a scendere, esplorare, risalire…

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Le tane di piccoli animali nascoste fra i cespugli, buche più grandi che diventano scenario delle ipotesi più fantasiose. E poi ancora si presta per il pascolo di ovini, bovini, asini e cavalli. Lo scenario più comune è formato da Cani in libertà che corrono felici dietro a bambini scalpitanti che indossano galosce pronte al salto nelle pozzanghere, una distesa pianeggiante di erbe varie, con la cornice delle montagne.
E non smette di stupire nemmeno nel periodo autunnale-invernale perché riprende vita con la fioritura dell’erica riempiendosi di mille colori e profumi diversi

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In autunno le distese di foglie diventano sceneggiatura di giochi colorati: nascondigli segreti, battaglie di foglie, tuffi senz’acqua.

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E in quel momento la savana lascia spazio alla natura più verdeggiante. Un percorso ad anello di circa 2 ore/2 ore e trenta (con bimbi al seguito) . Si può iniziare la passeggiata da due diversi punti di partenza. In uno dei due ad un certo punto si incontra una grande quercia. Ricordo ancora quando percorrendo quel sentiero col pancione in bella vista venni quasi ricoperta di coccinelle. Rimasi gioiosamente felice data la ormai nota leggenda secondo la quale le coccinelle portino fortuna. E in effetti da quella pancia pronunciata nacque poi la mia prima figlia: Gioia. Da allora quella quercia fu battezzata da noi : l’albero delle coccinelle.
Lungo il percorso si può osservare anche tutta la vista sui paesi circostanti: distese di prati, torrenti che li tagliano a metà, cascine con mucche, pecore e galline libere di correre al vento. E non stupitevi di incontrare i nostri cari pastori con il loro bestiame (asini,mucche e pecore) proprio all’interno della stessa baraggia che è ottima meta anche per portare al pascolo bovini e ovini. E vi lascio immaginare la meraviglia di incontrarli nel mese di dicembre, quando la brina sembra neve e loro paiono i personaggi di un presepe vivente.

Che dire… La Baraggia è una meta che lascerà tutti i ricchi di fantasia senza fiato e ad occhi sbarrati.

Vivere Montessori vi augura una buona gita!

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