Anteprima
Psicologia

Ecco Perché E' Importante Rivolgersi Ad Una Persona Chiamandola Per Nome

Di Elena Bernabè - 2 Febbraio 2016

“Soltanto l’uomo di cui viene pronunciato il nome è vivo” (Anonimo)

Spesso ci ritroviamo a frequentare tante persone ma chiamiamo per nome solo poche di loro. Utilizziamo, rivolgendoci a loro, nomignoli, soprannomi, a volte il cognome ma mai il nome di nascita di quella determinata persona. Se ci pensate può capitare anche che con un particolare parente, con un amico, con un collega tendiamo, rivolgendoci a lui, a non usare nessun tipo di nome: troviamo il modo più o meno consapevole di parlare con lui senza nominarlo mai!

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© Pixabay

Eppure il nome di una persona è di fondamentale importanza: una semplice parola racchiude in sé stessa tutta la storia di un individuo, la storia della sua famiglia d’origine, la sua individualità. Rivolgersi a qualcuno chiamandolo per nome è un modo per farlo sentire presente, per richiamare tutto il suo essere, per non etichettarlo in un modo o nell’altro ma per viverlo nella sua completezza.

Può sembrare banale ma il semplice chiamare una persona per nome riesce a destare tutta la persona: chi pronuncia il nome riconosce all’altro tutta la sua individualità e chi si sente chiamato si veste finalmente del proprio essere.

Provate a pensare all’investimento d’amore e di riflessione che scaturisce dalla decisione di chiamare il proprio figlio con quel nome che lo accompagnerà per tutta la vita e a come quel bambino si desterà fisicamente, mentalmente e dal punto di vista dell’anima ogni qualvolta si sentirà chiamato così.

Le parole hanno un potere straordinariamente potente: possono curare o annientare, sollevare o distruggere. Proprio per questo motivo il nome di ogni individuo è come la veste del suo essere e nominarlo vuol dire riconoscerlo. Riconoscere una persona è già una gran cosa: vuol dire rispettarla, sentirla, ascoltarla…

Capita spesso nelle coppie di innamorati, per esempio, che un individuo perda la sua individualità e ciò si manifesta anche nel non sentirsi chiamato per nome. Nomignoli come “amore“, “tesoro” e via dicendo sono nomignoli teneri e affettuosi che però non devono mai sostituire il nome dell’altra persona poichè chi abbiamo vicino è sì il nostro compagno d’amore ma è anche e soprattutto una persona con la propria individualità.

Anche in altri ambiti può accadere d’identificare una persona non come se stessa ma solo ed esclusivamente con il ruolo che riveste: in ambito lavorativo sono diffusi soprannomi tra i colleghi e l’utilizzo del cognome quando un individuo di ordine superiore (dal punto di vista lavorativo) si relaziona ad un suo subordinato, stessa cosa avviene in ambiente scolastico tra alunni e alunni e tra maestro e alunni.

Il nome di un uomo non è come un mantello che gli sta penzolante e che gli si può strappare o cacciare di dosso, ma una veste perfettamente adatta, o come la pelle concresciutagli che non si può graffiare senza far male anche a lui.
(Goethe)

Fate l’esperimento di chiamare per nome quella persona che non chiamate mai per nome: in lei si smuoverà di sicuro qualcosa e anche voi vi relazionerete con lei in modo diverso. E se l’esperimento viene fatto con voi, all’ascolto del vostro nome pronunciato da quella particolare persona che fino ad ora vi aveva chiamato in altro modo, i vostri occhi si illumineranno e con loro il vostro sentirvi importanti, presenti, considerati.

Spesso basta poco, pochissimo, per donare un po’ di dignità a se stessi e agli altri.

Dobbiamo riprenderci la valenza fondamentale del nome d’origine per riprenderci le nostre radici, perché solo avendole bene in mente, nel cuore e nell’anima possiamo dare vita a rami forti, espansi e liberi.

Il mio nome pronunciato da lui, con la sua voce roca e fonda, il mio nome che nasceva dalla sua pancia e passava attraverso la sua gola era il più bello del mondo, infondeva coraggio alla mia misera persona, scivolava dentro di me e mi definiva, mi dava luogo e tempo, e un’origine certa.
(Margaret Mazzantini)

Elena Bernabè





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