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I 4 temperamenti psicologici di Rudolf Steiner. La soluzione è l'equilibrio

Di Valeria Bonora - 6 Gennaio 2015

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Sebbene molti psicologi moderni la ritengono superata, la teoria dei temperamenti, risalente all’antichità, fu ripresa da Rudolf Steiner e, nelle scuole antroposofiche, è ritenuta una conoscenza dalla quale il maestro non può prescindere .

Il fondatore della scienza dello spirito, infatti, pone l’accento sulla necessità che il docente acquisisca consapevolezza circa il proprio temperamento e quello appartenente a ciascun discente, affinché sia in grado di auto educarsi e comportarsi in conformità ai bisogni dei propri allievi e alla materia che si intende trattare, per una pedagogia ed una didattica che osservino ugualmente l’intera vita umana e l’eterno nell’uomo.

I temperamenti influenzano il comportamento delle persone ed essi sono determinati dall’influsso e dal dominio di una delle quattro entità di cui è costituito l’uomo. Rudolf Steiner, infatti, definisce l’uomo, quale ci appare nella vita, come l’insieme di quattro entità, quali:

1) il corpo fisico, ossia quello che l’uomo ha in comune con il regno minerale, con la materia.

2) Il corpo eterico o virtuale, definito anche corpo del sistema ghiandolare, cioè lo spirito, quell’entità che compare unita al corpo fisico e se ne divide con la morte.

3) Il corpo astrale o corpo dei nervi che, dominato dal sistema nervoso, determina le nostre passioni ed i nostri ideali.

4) L’Io, dominato dal sistema circolatorio del sangue; è la coscienza di sé che distingue gli esseri umani da tutte le altre creature visibili. Infatti mentre il corpo fisico è in comune con il mondo minerale, il corpo eterico in comune con il mondo vegetale, il corpo astrale con il regno animale, l’io determina l’unicità dell’essere umano.

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Di seguito vengono descritte le manifestazioni psicologiche di ciascun temperamento, per cui, si possono persino individuare precise caratteristiche fisiologiche.

Nel temperamento malinconico prevalgono le esigenze dell’io.
Il bambino malinconico presenta uno sguardo riflessivo come se in lui fosse presente qualcosa di vecchio, indicatore di una maturità precoce. In genere ha tratti ben formati ma delicati, tende a mangiare poco e presenta una fisicità fragile.

Nel temperamento collerico è il corpo astrale a predominare. Il soggetto collerico ama il pericolo e se non ottiene quello che vuole può arrivare a crisi convulsive. Il bambino presenta una predisposizione alla rotondità, un tronco che predomina sugli arti e testa grande e fronte sviluppata.

Se la vita animica è mossa dalle forze eteriche nel bambino prevale il temperamento sanguinico. In questo caso il bambino tende a fare molte cose contemporaneamente e con rapidità, non sta mai fermo, si muove in punta di piedi, parla molto e mangia velocemente.

Quando a prevalere è il corpo fisico si manifesta il temperamento flemmatico. Si tratta di bambini che amano mangiare e bere, spesso superano di peso i coetanei e tendono a camminare tardi.

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Nell’adulto, poiché l’interazione tra elemento corporeo, animico e spirituale si compie in modi diversi, i vari temperamenti rivelano altri aspetti dell’organizzazione umana.

In linea generale, comunque, si può affermare che a ogni età della vita corrisponde un temperamento per cui, il temperamento sanguinico si dimostra spiccato nell’infanzia, il collerico nell’adolescenza, il melanconico nella mezz’età e il flemmatico nella vecchiaia.

Tuttavia, nonostante si possa operare la suddetta distinzione, nel tentativo di riconoscere i temperamenti, si può parlare di prevalenza, in quanto le predisposizioni legate al temperamento sono mescolate secondo particolari affinità. Persone colleriche o flemmatiche, per esempio, hanno a volte qualche tratto caratteristico rispettivamente del temperamento sanguinico o malinconico. I temperamenti, dunque, sono amalgamati tra loro e, spesso, nel corso della vita, si possono modificare anche in modo notevole, senza l’intervento diretto dell’interessato.

Le manifestazioni del temperamento appaiono profondamente radicate nell’essere umano, e nel contempo, hanno qualcosa di mutevole, di complesso e di veramente enigmatico.

Quello dei temperamenti rappresenta un campo di potenti forze e strutture di natura soprasensibile ed è per questo che risulta difficile influire sui comportamenti determinati dal temperamento che, spesso, si presentano in forme molto elementari. Tuttavia, ogni forma di unilateralità del temperamento porta alla patologia ed in questo caso l’educatore deve operare un lavoro di “messa in equilibrio” tra i vari temperamenti in ogni singolo bambino.

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Nel tentativo di aiutare i ragazzi a superare i lati unilaterali e devianti del loro temperamento, Steiner suggerì di non accantonare i problemi connessi col temperamento predicando ai bambini il dominio di sé poiché si tratta di forze che hanno bisogno di esplicarsi e che si modificano lentamente.

Per una graduale trasformazione di queste forze si può intervenire sull’alimentazione. Dunque, per i flemmatici, che normalmente hanno la tendenza a mangiare troppo e in genere prediligono cibi sostanziosi, può essere utile evitare le uova e le pietanze che le contengono. Nel caso dei collerici, di natura focosa, è bene non dare cibi piccanti o speziati. I sanguinaci, spesso molto golosi di zucchero, dovrebbero non mangiare troppe caramelle, mentre coi malinconici è opportuno abbondare coi dolci.

Tuttavia ciò che conta maggiormente è il modo di impostare l’insegnamento. Il maestro dovrebbe cercare di creare delle situazioni nelle quali i lati troppo accentuati del temperamento di un bambino vengono portati all’eccesso, suscitando in lui una reazione. Steiner consigliava inoltre di assegnare i posti in classe in modo che bambini dello stesso temperamento stiano vicini poiché il confronto continuo smussa gli eccessi e, nel caso dei flemmatici, la noia reciproca rappresenta uno stimolo a reagire.

Con queste premesse è ancor più evidente che non è pensabile indurre i bambini a dominare in qualche modo il proprio temperamento. Il maestro, dunque, deve esercitarsi a palesare tutti e quattro i temperamenti, perché risulta molto più efficace non contrastare il temperamento ma assecondarlo, non accantonarlo o piegarlo, ma cercare di armonizzarlo e trasformarlo con delicatezza.

Ma perché Steiner ha posto tanta enfasi sui temperamenti? La risposta la troviamo nelle sue parole:

“Se per avere principi pedagogici, impulsi pedagogici, si considera così l’intera vita umana, e non, come è più comodo, solo l’età infantile, allora ci diventerà ben chiaro quale centrale significato, in tutta la vita dell’uomo, abbiano proprio l’educazione e l’insegnamento, e come, sovente, felicità e infelicità nello spirituale, nell’animico e nel corporeo dipendano dall’educazione e dall’insegnamento. Quando si vede come il medico deve correggere, senza che lo sappia, nell’uomo divenuto vecchio, gli errori dell’educazione, e sovente non può più farlo perché essi sono penetrati troppo a fondo nell’essere umano, allorché si vede che quanto giunge animicamente al bambino si trasforma in effetti fisici, allorché si osserva questo reciproco agire tra fisico e psichico, allora si giunge alla giusta attenzione, al giusto apprezzamento per ciò che deve essere veramente la metodica dell’insegnamento, per quelle che devono essere veramente le esigenze dell’educazione, semplicemente secondo l’essenza stessa della natura umana”.

E’ necessario, dunque, che il maestro si eserciti nell’autoeducazione poiché l’influsso del temperamento del maestro, scavalcando l’animo del bambino, prosegue fin dentro al corporeo e può scatenare future malattie.

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Steiner, dunque, considera il bambino come un essere in divenire che si plasma a contatto con il maestro, il quale deve lavorare su stesso perché il suo ruolo non si limita ad un trasferimento di nozioni bensì il suo modo di essere ricade sul bambino e sul futuro uomo e avrà ripercussioni per tutta la vita. Egli infatti dichiarava quanto segue:

Come un seme, che viene gettato nella terra in autunno e in primavera riappare nella pianta, così quanto viene seminato nel bambino di otto, nove anni, riappare nel quarantacinquesimo, cinquantesimo anno di vita”.

Valeria Montuori





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