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Educazione

L'anno del re: posticipare la scuola ai 7 anni è un regalo all'infanzia

Di Sarah Catalano - 31 Agosto 2015

“Non è pensabile che la nostra cultura dimentichi di aver bisogno di bambini. Ma che i bambini necessitino di un’infanzia sembra essere già quasi completamente dimenticato. Coloro che si rifiutano di dimenticare svolgono un servizio prezioso.” Neil Postman

La pedagogia tradizionale tende ad anticipare sempre più la scolarizzazione sfruttando l’enorme capacità di apprendimento del bambino piccolo.
Ci chiediamo mai però quanto e come ciò possa influire sullo sviluppo della vita interiore del bambino, del tempo, dell’adeguatezza, della profondità, della qualità e della quantità di insegnamenti che riceve?
Non sarà forse proprio questa eccessiva pressione una delle maggiori cause di indifferenza e insofferenza verso quanto gli viene proposto?

Le sempre maggiori aspettative dei genitori ed insegnanti, così lontane alle reali necessità del bambino, creano senso di preoccupazione e di inadeguatezza.
Esperienze e ricerche scientifiche riportano in ogni dove gli effetti negativi dell’inserimento anticipato in bambini non ancora pronti ad iniziare la scuola.
Altrettanto, però anche un bambino che viene mandato a scuola troppo tardi (o se comunque già particolarmente “sveglio”) può risultare infelice, se non adeguatamente stimolato a migliorare ed imparare.

Che fare allora?

bambino con corona

Credit Foto ©Pixabay

Chi come me ha scelto per il proprio figlio l’educazione steineriana, verrà probabilmente molto criticato o almeno poco compreso per quello che chiamiamo “l’anno del re”: in asilo i bimbi stanno tutti insieme dai 2 anni e mezzo/tre ai sei compiuti e cominciano la prima classe durante il settimo anno.
Solo stando cuore a cuore con l’essere profondo del bambino, soprattutto nella caotica società occidentale odierna, ci si potrà rendere conto come questo ultimo anno di asilo sia invece per l’infanzia oggi uno dei più grandi doni che le si possa fare.
Se aveste mai avuto la fortuna di vivere da vicino, passo per passo, quotidianamente, il gradino di sviluppo che un bimbo sale durante il sesto anno di vita, potreste facilmente intuire perché il sesto anno di vita del bambino è così stato soprannominato.

Egli finalmente padroneggia le proprie facoltà motorie, di gioco, di sentimento e se ne accorge, cosa che davvero lo fa sentire fiero di sé, cresciuto, in partenza per una nuova fase della sua vita.
Si sente spontaneamente pronto ad aiutare sia più piccini, ad allacciarsi le scarpe come a togliere la giacca, a spingerli in altalena come a rialzarsi da una caduta, sia gli adulti ( in asilo come a casa) che potranno, con gioia reciproca, coinvolgere un seienne in piccoli incarichi domestici, contando in un vero supporto che porterà a compimento l’intera attività, senza più farsi distrarre da altro.
Anche per chi ancora sembra più pigro, svogliato e si tiri indietro, l’età è matura per farlo e pian piano tutti possono arrivarci e saranno fieri di poter trovare finalmente qualcosa di davvero utile, vero e importante da fare!

Uno degli aspetti che a me, come mamma, ha più emozionato è osservare lo sviluppo nel gioco si nota proprio come la sicurezza acquisita diventi una luce verso cui guardare per i più piccoli, che volentieri si fanno guidare, organizzare nei ruoli, indicare nello svolgimento di un gioco articolato e programmato fin nei minimi dettagli (cosa che ancora nemmeno a 4-5 anni i bimbi riescono a portare in tal modo), con i loro occhioni sgranati per imparare a loro volta come fare.
Spessissimo, quando questo non gli è concesso, il bambino manifesta invece aggressività e distruttività nel gioco tra coetanei: a 6-7 anni il bambino è cresciuto, si sente grande ma è comunque ancora piccolo, sta ora iniziando a maturare per cominciare un nuovo percorso.
Se ha avuto la possibilità di sentirsi grande, acquisisce quel coraggio necessario al passaggio alla nuova socialità della scuola.

Tra i sei e i sette anni, tante forze sino a questo momento impegnate alla costituzione del corpo fisico, sono più libere e possono rivolgersi altrove, ovvero alla neonata capacità di astrazione e di ricordare non più solo per abitudine ma per pura capacità di pensiero a discapito di una sempre minore forza imitativa, più tipica del bimbo piccolo.

I bambini che reagiscono a questa sottrazione di forze sono pallidi, stanchi, ed arrivano ad ammalarsi; le reali conseguenze diventano evidenti nella carenza di vitalità della seconda metà della vita.

Attraverso alcuni segnali fisici (come l’inizio della seconda dentizione, il punto vita e l’arco del piede più delineati, un torace più ampio che da ampiezza al respiro e al battito cardiaco) di movimento (stare in equilibrio, saltare su una gamba sola in varie direzioni, lavorare abilmente con le dita) e comportamento (aspettare il proprio turno, prestare attenzione, eseguire un compito seguendo le istruzioni, badare a se stesso, avere amicizie, controllare i sentimenti e armonizzarli con quelli altrui, ripetere le storie ascoltate, esprime con un buon linguaggio un’idea articolata e fare sempre più senza aiuto dell’adulto, che però amerà ascoltare e farsi guidare se saprà avere con lui la giusta autorevolezza), ci possiamo accorgere che il bambino che cresce può essere pronto per la scuola, ma non sono così univoci né scindibili dall’osservazione accurata e quotidiana che scuola e famiglia può dare del bimbo in tutto il suo insieme.

Questo è quindi un anno importantissimo durante il quale il bambino può davvero fare prime importantissime esperienze di vita in comunità, di responsabilità, di aiuto per gli altri e per se stesso.

Lo stato “sognante” della coscienza del bambino nel primo settennio è la condizione fondamentale del suo sano sviluppo, che lo fa vivere in un tutt’uno col mondo, non separato, come l’adulto, dal giudizio e dall’intelletto.
Se non “risvegliato” precocemente, egli risulta creativo, immerso nel gioco e nella vita, autonomo, poiché avrà tempo e modo di sviluppare le sue facoltà, contrariamente a quanto oggi si voglia sostenere, nascendo oggi bimbi sempre più “svegli” che pertanto si ritengono pronti sempre prima ad essere stimolati.

Bambini a cui si spiega e si insegna troppo e anticipatamente a quando siano pronti per ricevere le informazioni nel giusto modo, sviluppano molto spesso blocchi e paure, si immergono meno facilmente nel sociale o addirittura mostrano elementi antisociali.

Inoltre, secondo le statistiche, i bambini più grandi di una classe hanno quasi sempre un andamento scolastico migliore dei più piccoli, i quali vengono più spesso bocciati ed esaminati per difficoltà scolastiche o di apprendimento, che li perseguitano spesso durante tutto il corso di studi e anche da adulti.
Altre ricerche dimostrano come i bambini inseriti prematuramente siano svantaggiati nello sviluppo sociale ed emotivo; di fatto, la qualità e quantità di tempo trascorsi a giocare in modo sano si ripercuotono sulla capacità di pensiero, di decisione, nonché di affrontare e risolvere situazioni difficili.

Quando vediate bimbi con lo sguardo spento e triste nei confronti della loro vita scolastica, ricordate che anche secondo la scienza il cervello si sviluppa laddove viene usato con entusiasmo e che a nulla serve un apprendimento vuoto, mnemonico, artificiale o tecnologico se non è supportato da una vera esperienza di vita, in cui genitori, insegnanti, artisti, artigiani e tante figure autorevoli e amorevoli li facciano sentir parte di una comunità attorno a lui e portino il loro esempio vero e pieno di significato.

Età scolare in Europa

►a 5 anni: Inghilterra, Francia, Malta, Olanda
►a 6 anni: Belgio, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Croazia, Lituania, Polonia, Austria, Portogallo, Russia, Turchia, Ucraina, ecc.
►a 7anni: Bosnia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Liechtenstein, Norvegia, San Marino, Svizzera, Serbia
Età scolare nel mondo
►a 4 anni: Brasile, Cuba
►a 5anni: India, Australia
►a 6 anni: Cina, Filippine, USA (istruzione obbligatoria anziché statale, possibilità di Homeschooling)
►a 7 anni: Sudafrica

Sarah Catalano
sarah@mammafatata.it
www.mammafatata.it





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