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Rassegna Etica

Il culto di Dioniso, dio del vino e dell'amore

Di Giordana - 12 Ottobre 2015

“Il vino, folle, mi spinge, fa cantare anche l’uomo più saggio e lo costringe a ridere di cuore e a danzare, e suscita parola che è meglio non detta” Omero, Odissea

dionisio

Dioniso, il vino o l’amore? Troppo spesso il culto dionisiaco sia relegato ad un aspetto orgiastico e goliardico che non gli appartiene, o meglio, non in questi termini.

Mai come in quest’epoca confusa e caotica, in cui la ricerca di se stessi è diventata indispensabile per proteggersi dal vorticoso andare dei tempi, è importante impadronirsi nuovamente degli antichi culti, osservare di nuovo la storia spirituale e antropologica da cui proveniamo e riprendere coscienza dell’aspetto selvaggio e naturale più profondo.

Dioniso, figlio di Zeus e di una delle sue numerose amanti, Demetra secondo alcune tradizioni, Io o Dione, secondo altre, perseguitato dalla gelosa Era, e slavato ripetutamente dal padre, è in realtà una divinità molto più complessa di quello che si può immaginare.

Incubato nella coscia del padre Zeus che lo rinchiuse nelle sue carni fino alla nascita per proteggerlo dalle ire di Era, quando finalmente viene alla luce porta con sé caratteristiche fisiche che non lasciano spazio a fraintendimenti riguardo la sua natura selvaggia e profonda, due piccole corna e un temperamento simile a quello di uno sciamano lo identificano come divinità positiva e negativa al tempo stesso.

Legato alla fecondità, all’esplosione di vita della natura, Dioniso è il dio che salva e risana le donne, che si innamora di Arianna e le restituisce dignità.

Perché la sua immagine è legata al vino e all’amore? Facciamo un passo indietro per scoprire meglio questo antico culto.

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La madre terrena e mortale fu uccisa da Era con un inganno, il padre Zeus, dopo averlo protetto fino alla nascita, lo affidò ad Hermes perché lo portasse dalle ninfe per essere allevato da loro. Protetto dallo sguardo geloso e distruttivo di Era, Dioniso crebbe all’interno dei boschi, isolato dal mondo e a stretto contatto con la natura. Divenuto grande, fu affidato a Sileno, figlio di Hermes, che insieme alle ninfe provvedeva ad educare il giovane dio.

A questo punto, leggenda narra che un giorno, passeggiando nei boschi, Dioniso abbia trovato una vite con dei grappoli maturi e che strizzandoli in una coppa abbia dato origine ad un liquido rossastro e gradevole che bevuto aiutava ad allontanare la stanchezza e le pene d’amore. Si l’amore, di cui Dioniso è protagonista all’interno del mito di Arianna, è infatti lui a trovare la bella Arianna abbandonata da Teseo (la leggenda del minotauro e del labirinto) disperata e sola e ad accoglierla tra le sue braccia e nella sua vita.

Dietro al culto raccontato e conosciuto però, c’è ben altro, il culto di Dioniso ha origini antichissime che lo riportano ai culti iniziatici dello Shivaismo indiano, ai culti della dea madre, alla presenza del potere della terra nei culti di divinazione e il vino e l’amore in realtà sono simboli di evoluzione spirituale, che avviene abbassando le sovrastrutture (elemento rappresentato dall’ebbrezza data dal vino) e abbandonandosi al tutto, e di amore cosmico.

Il vino non è una licenza o un vizio, ma una sostanza iniziatica, uno strumento utile all’iniziazione, l’uso che se ne promuove non è quello smodato e quotidiano, ma quello riservato ai culti, ai rituali che si svolgono con un ritmo ordinato e cadenzato.

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Non esistono verità d’Oriente e verità d’Occidente, percorsi dell’una o dell’altra parte di questo dilaniato globo:

“La verità è una. Non esistono una sapienza orientale e una occidentale, una scienza che si contrappone alla religione. Esse altro non sono che forme diverse di una stessa ricerca.”
A. Daniélou

E Dioniso non è altri che lo Shiva d’occidente, come Shiva relegato ai culti esoterici e nascosti, cacciato dalle religioni che diventano strumento di potere dei popoli, dedicato solo agli eletti che cercano un percorso meditativo e conoscitivo profondo, a chi non ha paura di conoscere la natura in tutta la sua devastante potenza, perché solo da questo si arriva alla vera consapevolezza.

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Le affinità tra Dioniso e Shiva sono molte, il duplice aspetto femminile e maschile (Dioniso è caratterizzato da una natura uterina e passionale e al tempo stesso da una mascolinità prorompente), la facilità all’ira, danzatori cosmici e distruttori al tempo stesso, detentori dei segreti della natura e del cosmo, signori della meditazione e dei viaggi iniziatici, la presenza importante e sacralizzata della sfera sessuale, il rifiuto delle regole e delle coercizioni, alcuni animali sacri ad entrambi: il toro e il serpente.

“Non esiste vera iniziazione che non sia shivaita. Tutti i culti esoterici hanno carattere shivaita o dionisiaco” A. Daniélou

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La danza e l’iniziazione sono i due elementi profondi che uniscono queste divinità, la danza cosmica simbolo di rinascita e di unione con la natura, l’iniziazione esoterica e nascosta, non per scelta, ma perché così l’ha voluta la società antica e moderna che ad ogni costo ha preteso di castrare l’essere umano e le sue potenzialità.

Dioniso non è il simbolo del vino e delle orge, della sregolatezza e dell’agiatezza, ma come Shiva, è il signore dell’amore cosmico, della potenza della rinascita naturale.

I culti di questo tipo sono dei “risvegliatori“, concedetemi il termine, dei risvegliatori di coscienze. L’unione forte e senza filtri con la natura ci obbliga a riconnetterci con noi stessi, a guardarci dentro, a capire ciò che veramente vogliamo, nella consapevolezza che siamo in grado di ottenerlo.

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Giordana Pagliarani





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