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Le donne in carcere, violate nella loro femminilità e maternità

Di Valeria Bonora - 8 Aprile 2013

Arrivano tante lettere dalle carceri di tutta Italia a Radio Radicale durante il programma radiofonico che va in onda da oltre 10 anni “Radio Carcere“. Le lettere vengono lette in diretta da Riccardo Arena, le condizioni peggiori sono destinate alle donne, carenza di igiene, ginecologi o pediatri assenti, difficoltà nel procurarsi assorbenti o detergenti intimi.
Ecco alcune testimonianze di ragazze che sono in carcere o ci sono state:
«Quando ero dentro non ho avuto il ciclo per diversi mesi. La causa, secondo il medico del carcere, era lo “stress da detenzione”. Quando sono uscita mi è stata diagnosticata una menopausa precoce: rischio di diventare sterile» dice una ragazza di 23 anni.
«Non abbiamo il bidè e spesso non possiamo neanche farci la doccia perché manca l’acqua calda», raccontano Stefania, Anna e Laura, rinchiuse a Benevento.
«Siamo arrivate ad essere anche otto nella stessa cella, con un solo bagno, uno spazio dove cucinavamo anche», spiega Silvia, ex detenuta a Rebibbia.
«Mi si sono rotte le acque in carcere. Solo dopo un’ora, quando è arrivata l’autorizzazione del giudice, mi hanno portato in ospedale. Ci sono rimasta il tempo per partorire. Dopo tre giorni io sono tornata in carcere mentre mio figlio è rimasto in clinica: l’ho allattato a distanza tirandomi il latte con il tiralatte», racconta Maria.
Le donne in carcere in Italia sono 2818, il 4% del totale rinchiuse in uno dei 5 istituti femminili Trani, Pozzuoli, Roma Rebibbia, Empoli e Venezia Giudecca.
A parlare delle condizioni delle donne nelle carceri è un film documentario «Le jardin des merveilles», di Anush Hamzehian.
Per le donne la parte peggiore è forse l’essere oltre che donne anche madri, sono 50 i bambini detenuti insieme alle madri, ecco alcune testimonianze:

«Quando sono entrata mio figlio aveva appena 11 mesi. Dentro ha imparato ben presto ad essere detenuto, dal linguaggio «agente, mi apri?», «mamma, andiamo al colloquio con l’avvocato?» alle perquisizioni «apriva lui le gambe davanti all’agente, alzava anche le braccia da solo». Racconta Gabriella.
E poi la tragedia quando il bimbo raggiunge i tre anni e per la legge deve uscire dal carcere e allontanarsi dalla madre: «Mio figlio si è aggrappato ad un cancello, si è girato e mi ha detto: “Perché mi fai andare via?. Poi è finito tra le braccia di un agente, che l’ha portato via».

A Milano nasce nel 2007 l’Icam, un istituto di custodia attenuata per quelle donne che sono madri. In questa struttura senza sbarre ci sono una decina di donne (per lo più straniere) che vivono lontano dal carcere ma con le stesse regole. I bambini vengono portati al nido mentre le madri si dedicano ad attività volte al recupero sociale.
La “legge Alfano” seguirà proprio questo esempio per quanto riguarda i bimbi in carcere. Entrerà in vigore nel 2014 e, a meno di particolari esigenze cautelari di «eccezionale rilevanza», le detenute incinte o con bambini fino a 6 anni non saranno più chiuse in cella ma sconteranno la pena in strutture apposite.

«Peccato che queste strutture per ora non ci sono. E visto che la legge non riguarda tutte le detenute, ciò significa che i bambini in carcere continueranno ad entrare. Invece di una legge, servirebbe un accordo amministrativo, proprio come è successo a Milano». Racconta Arena.

«Nella società sono solitamente le donne a portare il maggior peso di responsabilità affettiva. Quando una donna finisce in carcere, fuori ci sono sempre i figli, una madre, un padre e, a volte, anche un marito che contavano su di lei e che restano “abbandonati” e senza sostegni. E così la detenuta oltre al peso della carcerazione, si sente colpevole per averli lasciati soli, si sente responsabile per non poter far nulla per loro e somatizza il suo malessere». Racconta Donatella Zoia, medico dell’Unità operativa per le tossicodipendenze a San Vittore.

Le conseguenze fisiche sono evidenti, dicono gli operatori: disturbi al ciclo mestruale, ansia, depressione, ma anche anoressia e bulimia.
La maternità e la femminilità sono messe a dura prova durante la carcerazione, spesso i diritti sono violati, ma queste condizioni fanno riflettere. Potrebbe aprirsi un dibattito per considerare i vari aspetti e i vari pensieri, voi da che parte state?
[Fonte ilCorriere.it]
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