Spiritualità

Aprire Gli Occhi Su Di Sé: Non Per Essere Migliori Ma Per Liberarci Dalle Finzioni

Di Sandra Saporito - 20 Settembre 2020

Nella nostra cultura occidentale vige un forte desiderio di trovare la felicità attraverso la pratica di tecniche spirituali che vengono spesso da molto lontano, convinti che l’ illuminazione, l’emanare luce spirituale e energie definite “alte”, scaccerà di colpo tutti i nostri problemi. Si considera così la spiritualità come un contenitore variopinto dal quale attingere credenze e pratiche al proprio piacimento per fuggire dalla realtà che ci confronto con tutte le imperfezioni della vita quotidiana, le nostre debolezze e piccolezze. Ma è davvero così che funziona? Basta davvero illuminarsi per spazzare via in un lampo le scocciature e i drammi della nostra vita?

L’illuminazione e il problema del bypass spirituale

Il processo di illuminazione, di profonda comprensione del mondo e di sé, l’aprire gli occhi sulla realtà, viene spesso spacciato come un momento di estasi perenne raggiungibile ingurgitando piccole pillole di saggezza a colazione, pranzo e cena, invece che un processo di liberazione del proprio essere che comporta un sacrificare la vecchia maschera, una vecchia pelle, per poter rinascere come essere autentico, vero, integro, totale come un albero che affonda le sue radici nelle profondità della terra scura e i suoi rami, nell’immensità del cielo, diventando di fatto un ponte tra l’alto e il basso, un punto d’unione, e non di separazione, tra sacro e profano.

Si chiama bypass spirituale la tendenza a considerare la spiritualità come una droga socialmente accettabile che propone una visione del mondo esclusivamente mistica per scappare dalla cruda e dura realtà grazie alla creazione di una realtà diversa, piacevolmente onirica, spesso poco concreta, dicotomica, che divide il mondo in buono e cattivo, in alte e basse vibrazioni dimenticando che il nostro mondo è qui. È in questa dimensione perfettamente imperfetta, fatta di piccole gioie e di bollette da pagare, che viviamo.

Risvegliarsi significa aprire gli occhi e non girarsi dall’altra parte

Il problema della spiritualità “separatista”, che propone una visione separata dalla realtà, consiste nel forzarci a corrispondere ad un modello di perfezione esterno che rinnega spesso il proprio sentire, che giudica invece di accogliere, che separa invece di includere, che illude invece di aiutarci a capire.

Secondo questo modello, se qualcuno oltrepassa i miei confini personali, mi sentirò sbagliata nel provare rabbia, obbligata a rinnegare questa mia emozione ritenuta “poco evoluta” facendo del male a me stessa perché la rabbia non accolta rischierà di rivoltarmisi contro, inoltre la mia rabbia non potrà svolgere la sua funzione originaria: recapitare il messaggio di cui era portatrice e far rispettare il mio spazio personale.

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L’ illuminazione, o risveglio della Coscienza, non è una fuga dagli aspetti bui di sé stessi, dalle proprie emozioni, ma è un processo che richiede di osservarsi con attenzione e comporta più una comprensione profonda della nostra realtà che la creazione di una realtà alternativa: la rinascita comporta un aprire gli occhi, sulle nostre illusioni, su tutto ciò che siamo senza volerlo, aprire gli occhi sull’immagine che ci siamo costruiti di noi e del mondo e che non corrisponde alla realtà, uscire dalla nostra crisalide di illusioni e bugie.

“L’illuminazione è un processo distruttivo, che non ha niente a che fare con il diventare migliore o più felice. L’illuminazione è sgretolare via la non verità. È vedere attraverso la facciata della finzione. È sradicare completamente tutto ciò che immaginavamo essere vero”.
(Adyashanti)

L’illuminazione non è una fuga della realtà, è consapevolezza

Aprire gli occhi su di sé significa capire cosa ci ha portato a fare determinate scelte che non sentivamo nostre, vedere lo schema ripetitivo dietro a comportamenti che ci hanno creato dispiacere o disagio; significa comprendere le nostre emozioni, i nostri attaccamenti; significa capire perché abbiamo portato avanti i sogni degli altri, i loro progetti, invece dei nostri, perché abbiamo rinunciato a ciò che eravamo e provavamo per vestirci di una maschera che sorrideva quando dietro c’erano lacrime, rabbia e frustrazione.

La ricerca dell’illuminazione ci chiede di scendere dal Mondo delle Idee per calarci nella materia prima di risalire verso l’infinito, ci spinge ad aprire gli occhi sulle esperienze che viviamo, sul qui ed ora ed accoglierlo senza fuggire da ciò che la nostra mente reputa inopportuno o sbagliato: non si fugge più dal dispiacere, lo si accoglie, lo si accetta e lo si ascolta.

Cosa cerchiamo di ignorare, di nascondere a noi stessi? Cosa ci allontana dalla nostra verità? Cosa stiamo provando realmente in questo momento? Come si chiama l’emozione che stiamo provando? Cosa ci spinge ad agire in un determinato modo se qualcosa dentro di noi ci urla che non è giusto per noi; perché lo facciamo?

Le illusioni che ci creiamo per rispondere ad un tentativo approssimativo di far tacere un dolore, un’insoddisfazione, una vecchia ferita, ciò che possiamo percepire come un’ingiustizia, ci allontanano dalla consapevolezza e da ciò che chiamiamo “illuminazione” ma che in realtà rappresenta un risvegliarsi dal torpore degli automatismi della nostra mente e un vivere in maniera autentica, libera, vera.

Aprire gli occhi su tutto questo ovviamente non è piacevole, non è sempre comodo e lusinghiero in quanto ci mette spesso di fronte alle debolezze che si cerca di ignorare concentrandosi esclusivamente sul lato bello, positivo, alto e luminoso della realtà propinata da una spiritualità dualistica, impegnata a ripeterci che dobbiamo essere “perfetti”, dimenticando che malgrado tutte le nostre imperfezioni, non siamo sbagliati, siamo semplicemente umani.

Fare la differenza tra l’illuminazione e il bagliore

Esistono due tipi di illuminazione: una forzata e una naturale; solo l’illuminazione naturale contempla il tesoro più prezioso che abbiamo: la nostra umanità.

È importante ricordarci che siamo umani: degli esseri imperfetti, fatti di emozioni, sentimenti paure e speranze. Se rifiutiamo di guardarci profondamente dentro all’anima perché abbiamo paura della nostra ombra, continueremo ad avere paura di noi, ad odiare una parte di noi, e questo non farà che nutrire le nostre ferite invece di aiutarle a rimarginarsi. Ci allontaneremo sempre più dalla consapevolezza, da noi stessi, dal nostro vero Essere. Dentro di noi si farà sempre più buio perché ci conosceremo sempre meno, saremo sempre più estranei a noi stessi.

La via dell’illuminazione forzata ci porta alla luce che acceca; l’illuminazione naturale è come la natura stessa: che sia di giorno o di notte, c’è sempre una fonte di luce, anche nell’oscurità.

“Ci sono due tipi di luce: la luce che illumina, e il bagliore che oscura.”
(James Thurber)

Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e operatrice in discipline bio-naturali
www.risorsedellanima.it





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