Educazione

"Aiutami A Fare Da Solo": l'Educazione Secondo la Pedagogia Montessori

Di Educatrice Manuela Griso - 19 Agosto 2018

“AIUTAMI A FARE DA SOLO”

Questa frase che la Montessori utilizza spesso può essere mal interpretata se la si legge dividendola in più parti. “Aiutami” per l’adulto significa due cose :” sostituiscimi” o “dammi la soluzione”. Del verbo “aiutare” sul dizionario leggo anche “facilitare, collaborare, assistere, cooperare “quindi temo già che ci sia un fraintendimento. La frase poi prosegue con “a fare”. “Aiutami a fare” , quindi nonfai tu per me”. “Da solo” : anche qui emerge la volontà di chi sta facendo l’esclamazione.

Vedo spesso genitori sostituirsi ai propri figli nella quotidianità più semplice. Diversi sono i momenti, ma quello della vestizione è il più temuto dall’adulto e bramato dal bambino. La possibilità di scegliere i propri abiti (nella limitazione di una scelta guidata dallo stesso ambiente), di esprimersi anche attraverso ciò che si indossa è per il bambino fonte di riconoscimento, di fiducia, di stima. Il genitore teme questo momento pur desiderandolo al contempo poiché esso ruberà molto più tempo “adulto” (si sa che abbiamo sempre l’orologio che batte velocemente). Non ci si rende conto che stiamo regalando il tempo “bambino” (il non avere tempo, non doversi far comandare da esso) non solo a nostro figlio, ma anche a noi. Se facessimo un’indagine chiedendo a più persone chi vorrebbe non avere orari da rispettare, scadenze da tenere a mente, tempo da rincorrere, sono certa che tutti sarebbero concordi nel dire che

QUESTO “TEMPO” CI RUBA LA “VITA”

Sembra un paradosso perché che cos’è la vita se non un insieme di tempo? Eppure passiamo l’intera esistenza a correre veloci per rincorrerlo perché sembra che non ce ne sia mai abbastanza.

L’INNO ALLA LENTEZZA DOVREBBE ESSERE INVECE INNO NAZIONALE.

Un diritto di tutti gli esseri umani.

Non è così, ma finché siamo bambini, gli adulti hanno questo grande compito di preservarci quanto più possibile dalla fuga. Come farlo?

Dando tempo e ambiente adatti allo sviluppo del bambino osservando i suoi talenti senza intervenire.

Che grande sfida ha l’adulto, ma anche… quale immensa opportunità!

Sostituirsi al bambino chi fa sentire meglio? Nella mente del genitore ci sono due giustificazioni :

1-lo faccio io che facciamo prima

2-meglio che lo faccio io così lo aiuto e gli evito una fatica

Bene… o meglio… male. Nessuna delle due regge.

1-“Faccio io che faccio prima”

sicuramente ha la sua valenza, ma sempre se ragioniamo da adulti. Mettiamoci invece nei panni di un bambino. Meglio ancora se ricordiamo come eravamo NOI da bambini. Cos’è questa mania di fare veloce? Cos’è che scappa via? Il bambino non può e non deve comprendere che facciamo tardi. Non ha coscienza del significato del tempo “adulto”.

2- “Faccio io così lo aiuto e gli risparmio una fatica”.

Il bambino VUOLE faticare. Per lui non è una fatica. È rispondere ad un bisogno profondo, è creazione di sè, è concentrazione e superamento delle proprie difficoltà. Se il bambino vuole aiuto, lo chiede. Se un bambino non domanda aiuto, lasciatelo tentare anche mille volte. Nel momento in cui avrà studiato tutti i dettagli, tutti i particolari di quell’azione, uscirà da questo stato di “ostinazione”(come potremmo definirla noi adulti) e continuerà il suo percorso. Se interrotto, il bambino ne ricaverà disistima e sfiducia verso se stesso, nonché, talvolta, rabbia verso l’”aiutante” non richiesto.

Maria Montessori diceva: “Mai aiutare un bambino mentre sta svolgendo un compito nel quale sente di poter avere successo”.

E così, scardinate le nostre “scuse”, possiamo continuare nella distruzione dei “pre-giudizi”.

1-“È troppo piccolo, non può fare le scale da solo con 18 mesi”

Magari il bimbo in questione cammina dall’età di 10 mesi. O magari ha iniziato da poco, ma cammina ritto e sicuro sulle proprie gambette. Mettiamo sul banco degli imputati la frase “è troppo piccolo” e domandiamoci da dove arriva e dove ci porta. Chi sostiene che sia troppo piccolo? Chi definisce piccolo o grande? Il termine piccolo è di per sè relativo, poiché cambia in base al punto di vista. Una formica può essere piccola rispetto ad un camaleonte ma grande rispetto ad una pulce. E così un bambino di 18 mesi può essere piccolo rispetto ad uno di 4 anni ma grande rispetto ad uno di 2 mesi appena. Questo già ci fa comprendere come le leggi assolute in campo educativo siano un grande bluff. Altra questione è poi l’osservazione di QUEL bambino di 18 mesi che vorrebbe fare le scale.

Le strategie che si possono adottare prima di vietare sono diverse. Nel caso specifico la mamma potrebbe stare un gradino più in basso del bimbo così in caso di caduta non ruzzolerebbe per tutta la lunghezza della scala. Oppure si potrebbero dare delle indicazioni diverse per la discesa, per esempio girarsi di schiena e scendere a gattoni. Ci si può accertare di avere un corrimano che possa essere utilizzato dal bambino per aggrapparsi in modo da sentirsi più sicuro, oppure, in caso di scala “doppia”, concedere un primo step sul piccolo piano che divide una scalinata dall’altra magari mettendo proprio lì un punto di interesse.

Con questo esempio vorrei riportare alla mente tutte le volte in cui pre-giudichiamo il nostro bambino sulla base di ipotesi pedagogiche legate all’età o sulla falsa conoscenza che abbiamo del nostro bambino. Si pensa di conoscerlo, ma nessuno può sapere cosa starà per fare finchè non lo avrà veramente fatto, potrebbe stupirci… lasciamoglielo fare!

2- Aprire un barattolo

Il bambino tenta di aprire un barattolo, l’adulto si sostituisce a lui non appena osserva che egli non lo apre al primo colpo.

A chi serve provare ad aprire il barattolo? Chi trarrà vantaggio e soddisfazione dall’apertura?

Molto spesso le nostre paure, le aspettative, i pregiudizi, le giustificazioni, prendono il sopravvento e non ci permettono di ragionare lucidamente. Vediamo nel dettaglio di questa situazione.

Giustificazione:
“Lo aiuto. “
Smantellamento: Perché? Te lo ha chiesto?

Pregiudizio:
“Non ci riesce”
Smantellamento: non ci riesce o non gli hai lasciato modo di provare abbastanza?

Paura:
“Ci riuscirà ?”
Smantellamento:
-Conosci qualcuno che abbia la tua età e che non sappia ancora aprire un barattolo?
-se non ci riuscisse cosa accadrebbe?

Posto che le risposte non saranno mai tragiche vi chiedo dunque se avete ancora questi pensieri. Se vi sembrano ancora razionali.

Ogniqualvolta il vostro bambino sta per fare un qualcosa, chiedetevi sempre :

perché dovrei o vorrei dire di no?

Se a questa domanda non rispondete :
Perché sta facendo male a se stesso.
Perché sta facendo male ad un altro.
Perché sta facendo male all’ambiente.
Allora sono tutte cose che può fare e che dovrebbe poter fare per sviluppare se stesso.

Un’altra grave forma di sostituzione la attuiamo soprattutto sulla parte più emozionale dei nostri bambini. Sul loro sè più intimo. Già, perché nel momento in cui reagiamo per loro ad una situazione emotivamente difficile, li facciamo sentire incapaci. Incapaci di esprimere le proprie opinioni, idee, sentimenti, emozioni.

DISTRUGGIAMO CIO’ CHE HANNO COSTRUITO PER FORNIRGLI UN PIANO GIA’ TESTATO, PRESTABILITO, PRECONFEZIONATO DI ATTEGGIAMENTI, COMPORTAMENTI, ESSENZE CHE PERO’ NON SONO SUOI.

Ma come può un bambino comprendere chi è lui e chi siamo noi e non farsi influenzare dal nostro vissuto e dal nostro essere se interveniamo per lui dicendogli come si deve comportare, cosa deve provare, come può o non può esprimersi?

Situazione tipo: il parco.
Il parco rappresenta un momento di gioco spontaneo, prove d’abilità e rafforzamento del movimento grosso, nonché socialità, regole sociali, problem solving ecc ecc.
A tutti noi sarà capitato di vedere un bambino che non rispetta la fila, che fa il “prepotente” con altri bambini o con il nostro in particolare. Se il bambino in questione ha un’età per cui può comprendere l’atteggiamento, può anche difendersi da solo. Non è necessario il nostro intervento. Ma ancor meno è necessario il commento dopo durante la cena serale. Del tipo:

“sai, oggi ti ho osservato al parco. Quel bambino non ti ha rispettato. Dovresti farti le tue ragioni e dirgli così la prossima volta” (frase preconfezionata tipica di un adulto).

Questo commento aiuterà il bambino? Lo farà sentire degno di rispetto? O forse sarebbe stato meglio dire: “oggi, al parco ho visto che un bambino ha saltato la fila. Come ti sei sentito?”

Lasciargli modo di ascoltarsi e di esprimere se stesso gli farà comprendere che abbiamo fiducia in lui e che gli siamo accanto. In qualunque modo decida di comportarsi. Passiamo 3/4 della loro infanzia a ripetergli che non si fa i prepotenti, che si lascia giocare tutti, che ci si rispetta ecc e poi quando capitano certe situazioni vorremmo che questi agnelli si trasformassero in leoni e ruggissero a più non posso. Riflettiamo. Riflettiamo sui messaggi conflittuali che lanciamo ai nostri bambini. “Devi essere generoso ma non farti portare via le cose.”
Le regole sociali e morali sono un’arma a doppio taglio. Difficile la gestione e spesso ci si fa male.

“Aiutami a fare da solo” significa proprio “stammi accanto mentre esprimo me stesso senza giudizio nè aspettativa”.

Lasciamo che esprimano la loro anima più profonda senza intervenire se non espressamente richiesto da loro. Lasciamoli tentare e ritentare e scegliere chi vogliono essere ricordandoci che loro non sono noi, che hanno i loro credo, i loro valori e le loro convinzioni. Come ogni essenza di profumo è unica al mondo e non sarebbe la stessa se prendesse qualcosa da un’altra, così l’essere umano è unico e perfetto così com’è. Bisogna abbandonare l’idea del vaso vuoto da riempire quando si pensa ad un bambino e abbracciare la convinzione che racchiude in sè tutta la sua essenza, basta permettergli di aprire il tappo.

“Qui risiede appunto l’arte educativa: nel saper misurare l’azione di aiuto allo sviluppo della personalità infantile.”

Maria Montessori “Educare alla libertà”

Educatrice Manuela Griso





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