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Rassegna Etica

"Prigioni, le Pene Collettive" di Sibaldi: Quando la Mente… Mente

Di Laura De Rosa - 9 Agosto 2017

È passato molto tempo da quando tu e io eravamo liberi. Era addirittura prima del tempo – dato che, come vedremo, anche il tempo è una prigione.
Allora vivevamo, tu e io, senza farci insegnare nulla. Non ci sarebbe mai venuta l’idea che qualcuno avesse qualcosa da insegnare a qualcun altro. Avevamo soltanto una gran voglia di scoprire, e scoprire era semplice: bastava accorgersi. E non finiva mai.
 
Inizia così il nuovo libro di Igor Sibaldi, “Prigioni, le pene collettive“, pubblicato da Anima Edizioni. Un percorso di esplorazione che, in perfetto stile “sibaldiano”, innesca domande diffidando delle risposte.
C’è stato un tempo, sebbene il tempo non esista, in cui eravamo liberi da quello che chiamiamo “Io”? La Mente non lo ricorda ma l’immaginazione sì perché non si pone limiti, non necessita di definizioni. Le parole, d’altra parte, intralciano quella parte della psiche che della mente non ha bisogno, dice Sibaldi.
Noi umani siamo come Adamo, spezzati in due: da un lato la Mente, dall’altro una psiche più grande che le parole non sono in grado di descrivere. Quella parte è Eva che parlando con il serpente, accesso a un’altra dimensione, si spinge oltre permettendo ad Adamo di abbandonare l’Eden.
Cos’è la Verità? Siamo certi della sua veridicità? O dipende da convinzioni arbitrarie? La Verità, che dubbi non ha, ostacola l’esplorazione? Cos’è reale e cosa non lo è? Cosa sono i Valori? E cosa sono i traumi? Esistono davvero o siamo noi a permettere loro di condizionare le nostre esistenze?
 
Queste ed altre sono le domande che Sibaldi insinua in noi, aprendo orizzonti nuovi, riflessioni di meraviglia.

Il nostro passato ci limita davvero?

 
Penso ai traumi e a quanto se ne stra-parli sia in psicologia che in ambito “spirituale”, dando per scontato che condizionino eternamente le nostre vite. Fornendoci così la giustificazione per non cambiare.
Non è automatico pensare al futuro anziché al passato ma quando ci si fa l’abitudine, le prospettive cambiano. Se il trauma diventa un’opportunità anziché un limite, qualunque esso sia, protagonista diventa il nostro futuro e il passato rimane tale, privato dell’importanza che siamo soliti dargli.
Una porta chiusa è necessariamente un ostacolo? Una porta aperta è necessariamente positiva? Capovolgendo le cose, la percezione cambia, sebbene spiegarlo a parole sia assai complicato.
Quando accettiamo passivamente che i traumi siano insuperabili o che occorra un gran lavoro sul passato per andare oltre. Quando ci convinciamo che il mondo sia come ce l’hanno raccontato senza porci alcun dubbio. Quando subiamo le parole anziché sceglierle. Quando volgiamo lo sguardo al passato per paura del futuro. Quando preferiamo la comodità di ciò che eravamo alla meraviglia di ciò che saremo. Quando scegliamo la luce e allontaniamo il buio. Quando interpretiamo i sogni per incatenarli alla realtà. Quando rifiutiamo l’ignoto in nome delle Verità. Stiamo preferendo la prigione alla libertà?
 
E se i traumi avessero valore solo perché la Mente glielo attribuisce?Circa milleottocento anni fa, nei Vangeli si scrisse che i traumi (nelle traduzioni sono chiamati «i peccati») in qualsiasi momento possono cessare d’agire sul presente di chi li ha subiti, se chi li ha subiti si accorge che sono avvenimenti passati e che, come tali, non ci sono più.”

La bellezza del buio

 
Sono una grande estimatrice dell’oscurità, mi piace perdermi nei suoi meandri esplorando attraverso il sogno l’ignoto. E mi chiedo per quale motivo le si preferisca di gran lunga la luce. In ambito spirituale è facile imbattersi nei “saluti di luce” ma guai a nominare l’oscurità. Accade perché la luce è percepita come positiva mentre il buio odora di pericolo, insidia, male. Non voglio sputare sentenze ma lo ritengo un enorme equivoco.
Alla Mente il buio non piace, perché è sinonimo di ignoto“, scrive Sibaldi nel suo libro, “Proprio per questo tu e io siamo simili al buio, quando riusciamo a stare fuori dall’area della Mente, che ci domina e ci suddivide per farci credere che esista il tempo: là fuori, tu e io siamo ciò che la Mente non sa. L’ignoto, l’inconoscibile è la nostra sostanza.”
Ma allora siamo luce o buio? O forse entrambi? E perché, sorge spontaneo chiedersi, la spiritualità di oggi che tanto osanna la luce, si finge nemica della Mente? Se invece, attribuendo tanta importanza alla parte luminosa, non stesse facendo il suo gioco?
Ho la sensazione che il buio ci intimorisca perché ci costringe ad abbandonare il controllo, quello esercitato dalla Mente tiranna, che stabilisce ciò che è ordine e ciò che è caos secondo i propri parametri.
prigioni
E’ chiudendo gli occhi, impedendo alla luce di penetrarli, che accediamo al mondo onirico, dove è più facile viaggiare in dimensioni prive della logica comunemente intesa. In quel mondo l’oscurità prevale ma non è negativa, semplicemente ci porta altrove risvegliando, a volte, l’altra parte, quella più grande, quella che Sibaldi identifica con Eva. Perché ci ostiniamo a interpretare quel mondo con i parametri della Mente? Perché abbiamo bisogno di spiegarlo quando spiegabile non è?
Saluti di buio.

Laura De Rosa

mirabilinto.com

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