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Rassegna Etica

La Torre di Bollingen: quando la casa è specchio dell'interiorità

Di Laura De Rosa - 23 Giugno 2016

Simbolicamente la casa rappresenta noi stessi, non solo a livello superficiale. Il fatto di prediligere, per esempio, i piani alti piuttosto che le case con giardini o quelle dotate di scale interne non è casuale. Ora, detta così può sembrare una sciocchezza e le teorie new age di certo non bastano per convincerci della sua veridicità. Ma quando a dirlo è un personaggio del calibro di Carl Gustav Jung, tutto cambia. Senza contare l’importanza e il significato della casa onirica, che è per l’appunto simbolo di noi stessi così come la scoperta di nuove stanze rappresenta la scoperta di nuove stanze interiori.

Insomma, la casa è un vero e proprio archetipo, è il luogo, come si legge nell’articolo “La casa dentro, la casa fuori” di Loredana Spro, “in cui la persona si definisce, si esplora e si dà dei confini col mondo, per cui la casa diviene “casa” quando identifichiamo quel luogo come parte di noi… Quindi casa come luogo fondamentale, come spazio per la formazione dell’individualità.” E l’articolo prosegue: “ogni abitazione contiene in sé l’immagine di chi la abita, che sia un individuo o una famiglia, il modo in cui si arredano o colorano gli ambienti ci racconta il modo di essere di chi li occupa. Tutto, dai colori agli arredi a come teniamo la casa in ordine o in disordine è testimonianza della nostra emotività. I nostri bisogni fisici e psichici incidono sulla planimetria e sulla disposizione degli ambienti. C’è un complesso legame tra l’uomo e la sua abitazione, ed è evidente che il significato della casa varia a seconda di che significato vi attribuisce chi vi abita e rispecchia straordinariamente le vicende drammatiche o felici della vita. La casa diventa un grembo, una tana, un contenitore di affetti, sensazioni e ricordi.” L’autrice afferma che i suoi clienti affermavano spesso di apportare cambiamenti domestici in momenti di mutamento, come a dire che la casa cambia quando noi cambiamo.

La Torre di Bollingen di Jung

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Jung affermò di aver realizzato la sua Torre, detta di Bollingen per il nome del villaggio in cui venne costruita, per “dare una qualche rappresentazione in pietra dei miei più interni pensieri e del mio sapere. O, per dirla diversamente, dovevo fare una professione di fede in pietra.” Se inizialmente la concepì a immagine e somiglianza di una capanna africana, con il fuoco centrale, nel corso del tempo apportò numerose modifiche e già da subito il progetto virò verso una casa a due piani anziché una capanna. La torre venne da sé. Nella sua autobiografia Jung afferma di aver deciso di aggiungere un nuovo piano dopo la morte della moglie:

Dopo la morte di mia moglie nel 1955, sentii l’intima obbligazione di diventare ciò che sono. Per esprimermi col linguaggio della casa di Bollingen, mi resi conto a un tratto che la piccola sezione centrale, così acquattata, così nascosta fra le due torri, rappresentava me stesso o il mio io. Perciò, in quell’anno stesso, aggiunsi a questa sezione un altro piano. Prima non avrei potuto farlo; l’avrei considerato una presuntuosa ed enfatica affermazione di me stesso; adesso invece rappresentava la superiorità della coscienza raggiunta con la vecchiaia. Con ciò, a un anno dalla morte di mia moglie, l’edificio era compiuto. Avevo cominciato la prima torre nel 1923, due mesi dopo la morte di mia madre. Queste date hanno un senso, perchè, come vedremo, la Torre è legata ai morti. Fin dal principio sentii la Torre come un luogo, in un certo senso, di maturazione, un grembo materno o una figura materna nella quale potessi diventare ciò che fui, sono e sarò. Mi dava la sensazione di essere rinato nella pietra. Mi appariva come un’attuazione di ciò che prima avevo solo intuito e una rappresentazione dell’individuazione, un monumento aere perennius. Questo ha avuto un effetto benefico su di me, come una accettazione di ciò che sono. Naturalmente durante i lavori di costruzione non feci mai queste considerazioni; avevo costruito la casa un po’ per volta, seguendo sempre le concrete esigenze del momento: potrei anche dire di averla costruita in una specie di sogno. Solo in seguito vidi che cosa era sorto e che era riuscita una figura significativa: un simbolo della totalità psichica. Si era sviluppato come se un vecchio seme fosse germogliato.”

La casa nei sogni come rappresentazione di se stessi

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Ecco che la casa diventa rappresentazione di sé e cambia con i propri abitanti, modificandosi in base ai movimenti e alle metamorfosi interiori. Non a caso, a livello onirico, la casa è associata spesso alla personalità o al corpo. Se ne deduce che il modo in cui è arredata, le sensazioni che ci trasmette, il suo aspetto, il suo stato, i colori, la mobilia, sono tutti simboli della nostra interiorità. Una casa spoglia, per esempio, potrebbe indicare una sensazione psicofisica simile nella vita reale. Ma se la casa onirica, nel corso del tempo, si arricchisce di stanze, mobili, decorazioni, indicherà un cambiamento positivo in corso o la scoperta di nuove risorse e qualità interiori, prima sconosciute. Jung stesso riconosce nella casa dei sogni l’archetipo dei legami famigliari oltre che un simbolo della propria personalità.

Laura De Rosa

yinyangtherapy.it





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